Agatha Christie e Charles S. Peirce: due maestri del crimine legati dall’abduzione
Pungente, anticonformista e dalla fama tale da far invidia ai nostri scrittori contemporanei, si sta parlando di Agatha Christie: mostro sacro dei gialli inglesi.
Il suo vero nome è Dame Agatha Mary Clarissa Miller, coniugata Lady Mallowan, e nasce a Torquay (Devonshire) il 15 settembre 1890. Nonostante i suoi 128 anni, le opere della Christie rimangono immortali, dimostrando ogni giorno la loro attualità (basti pensare che è solo al secondo posto tra gli autori inglesi più tradotti).
I suoi eroi sono personaggi dai tratti più improbabili, come la dolce vecchietta Miss Marple o il burbero e impostato investigatore belga Poirot. Ma dietro a queste maschere si cela sempre lei, la Christie e il suo interesse per quel che concerne la psiche umana. Le indagini dei suoi personaggi, quelle di Poirot in particolar modo, rispecchiano il paradigma investigativo dell’abduzione, analogo a quello utilizzato dallo stesso Sherlock Holmes. Tuttavia, tra i due vi sono grosse differenze: Holmes è più distaccato verso i suoi indiziati, più legato ai fatti e alla logica del caso; Poirot, d’altro canto, cerca innanzitutto di conoscere i sospettati, di scavare nella loro psiche tramite stratagemmi nati dall’osservazione di grandi psichiatri come Freud. La talking cure è una delle pratiche più utilizzate dal detective belga, il cui scopo è quello di far emergere, tramite il dialogo e il racconto dello stesso sospettato, quello che il Super-Io cerca di celare o comunque di sopprimere.
Agatha Christie si presta ad essere una grande conoscitrice della mente umana, del comportamento e di come le più piccole inezie possano evocare, invece, l’intero dramma insito nei suoi stessi personaggi. I suoi investigatori sono alla ricerca del movente, di quelle turbe che portano un normale individuo a trasformarsi in un efferato assassino; scoprire che cosa accade nel nostro cervello, quali sono i cambiamenti che ci fanno uscire dalla sfera morale e razionale.
Ma che cos’è il paradigma investigativo? E come si fa a definire un’indagine soggetta a tale schema?
In nostro soccorso troviamo Charles Sanders Peirce, noto semiologo, filosofo e accademico statunitense, il cui studio sul segno e sul metodo conoscitivo ha permesso di stilare queste osservazioni. Nel saggio intitolato Guessing (1907, in italiano per l’appunto “indovinare”, dal verbo to guess), Peirce racconta un singolare aneddoto che esplica chiaramente il suo metodo di indagine. In occasione di un viaggio in battello e nella fretta di lasciare la cabina, Peirce dimentica il suo prezioso orologio e il soprabito, ma al suo ritorno non ne trova più traccia. Il filosofo inizia così un’indagine per cercare il ladro dei suoi beni – uno dei camerieri del mezzo su cui viaggiava – ma la polizia si mostrerà reticente nel seguire i sospetti e le indicazioni di Peirce, che con il senno di poi si dimostreranno fondate. Guessing ci introduce a due temi chiave della riflessione di Peirce: la teoria dell’abduzione e la dottrina del lume naturale. Secondo il filosofo vi sono tre momenti necessari per lo svolgimento di una qualsiasi azione psichica: deduzione, induzione e – la tanto nominata – abduzione. Ogni argomento è definito come un legisegno simbolico, cioè composto da tre proposizioni: caso, risultato e regola; che riproducono rispettivamente tre figure, squisitamente di stampo sillogistico. Tanto l’induzione quanto l’abduzione sono inferenze sintetiche, cioè fallibili, ma sono anche le sole che permettono di accrescere la nostra conoscenza; eppure solo l’abduzione ha un valore euristico, in quanto partendo da questo momento è possibile risalire alle cause e al conseguente controllo di quanto ipotizzato. L’abduzione è quindi definita come la primità – il punto di partenza, l’attenzione verso ciò che non è conforme al normale, o valutato come tale; la deduzione è la secondità – giacché ci costringe ad ammettere la propria verità; mentre l’induzione è la terzità – ossia la conclusione di questo processo, il termine medio che permette la verifica di quanto raccolto e ipotizzato. Partendo da un risultato e da una regola, l’abduzione ne ricostruisce il caso. La scommessa sta nel considerare il risultato come un caso da ricondurre a una regola, che tuttavia non è necessariamente l’unica funzionante: potrebbero essercene altre ugualmente valide, la bravura di chi inferisce consiste nel trovare quella maggiormente calzante e più duratura.
L’abduzione o ipotesi, anche detta retroduzione, non fa altro che spiegare i fatti osservati, e cioè deduce la causa dall’effetto: è una inferenza che, partendo da un fatto sorprendente, giunge allo stato di cose ipotetico che lo spiegherebbe. L’abduzione aggiunge sempre dell’altro: l’oggetto della sua scoperta è di natura diversa da quella degli elementi osservati, ecco perché è un ragionamento che amplia la conoscenza in senso qualitativo. Il suo regno è la plausibilità non la necessità. Parallelamente vi è un certo lume, naturalmente insito nell’uomo, che ci guida e ci permette di indovinare. Altro non è che la facoltà abduttiva, frutto di una stretta correlazione tra mente e natura, sviluppatesi in contingenza. Una sorta di istinto il cui scopo è, in extremis, la conservazione dell’individuo e della specie. Come gli uccelli hanno l’istinto di volare, così l’uomo ha l’istinto di ragionare. Si parla di giudizi percettivi, anche involontari, da cui possono essere dedotte proposizioni universali. Questi sono elementi di un’ipotesi già dentro di noi prima di esserne coscienti. Si può parlare di un atto di insight: una suggestione abduttiva. Altrettanto importante è sottolineare come il giudizio percettivo sia diverso dall’inferenza abduttiva, giacché non soggetto ad una analisi logica.
Il segreto di un buon libro giallo sta proprio in questo: mostrarci come dalle teorie più assurde si possa risalire alla soluzione del caso, come il “cerchio quadri” e come sia necessario non intraprendere sempre e solo il cammino più battuto e ovvio, ma talvolta occorra mettersi in discussione e buttarsi nell’assurdo.
FONTI
Bellucci F., Inferences from signs: Peirce and the Recovery of the σημεῖον, in «Transactions of the Charles S. Peirce Society», 52 (2): 259, 2016.
Bellucci F., Eco and Peirce on abduction, in «European Journal of Pragmatism and American philosophy», 10, 2018.
Christie A., Assassinio sull’Orient-Express, L’Espresso, Roma 2009.
Eco U., Sebeok T., Il segno dei tre. Holmes, Dupin, Peirce, Bompiani, Milano 1983.
Ekman P., I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali, Giunti, Firenze 1989.
Fadda E., L’abduzione in Peirce: alcuni elementi, UniRoma 3, conferenza del 3 marzo 2014.
Nostri S., Fallibilismo e abduzione nel pragmatismo di Charles Sanders Peirce, laboratorio di filosofia, 2013/2014.
Peirce C.S., Opere, a cura di Bonfantini M.A., Bompiani, Milano 2003.
Polidoro P., Charles Sanders Peirce, Semiotica Lumsa, lezione 9, 10 novembre 2014.
SITOGRAFIA
(Premio Letterario Sofia)
http://www.premiosofia.it/testo.php?id=1118
(Centro Studio Camporesi, Fenomenologia del metodo investigativo. L’abduzione e il metodo di Monsieur Poirot di Tadeusz Sierotowicz)
http://www.griseldaonline.it/camporesi/cinema/abduzione-e-metodo-di-monsieur-poirot.html
(Freud tra affetti e parole di Cristina Francios e Andrea Seganti)
http://www.psychomedia.it/pm/modther/emozling/francios-seganti.htm
(Stanford Encyclopedia of Philosophy, Summer 2013 edition)
https://plato.stanford.edu/archives/sum2013/entries/peirce/#anti
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