Morti di stato: donne che difendono i loro uomini
Patrizia Moretti è la mamma di Federico Aldrovandi, 18enne morto tragicamente per le strade di Ferrara (precisamente in via Ippodromo) il 25 settembre 2005. Patrizia ha lottato per sette lunghi anni affinché suo figlio potesse godere dell’adeguata giustizia per il suo caso, vivendo addirittura il ritorno in servizio degli aguzzini del suo ragazzo.
Ilaria Cucchi ha 38 anni e vive a Roma, figlia di Giovanni e Rita. Ilaria è soprattutto sorella di Stefano e ancora oggi cerca giustizia per l’omicidio del fratello e affinché la verità venga a galla.
Queste due donne, insieme a Lucia Uva e Domenica Ferrulli, hanno formato l’associazione Federico Aldrovandi [1] e, sempre insieme, hanno creato questa grande famiglia: unita nel dolore e nella determinazione affinché il loro calvario non si ripeta ancora.
L’incipit di entrambe le storie è pressappoco il medesimo: una volante dei carabinieri effettua un controllo e viene rilevato un utilizzo di sostanze stupefacenti o il loro possesso. Anche la fine è la medesima, ossia la morte per mano dell’abuso di potere. Quello che Federico e Stefano (come altre vittime dello Stato) hanno trovato quella sera, o quella mattina, è stata la più totale mancanza di giustizia inferta dagli stessi simboli di quel principio tanto decantato. Per citare le parole della madre di Cucchi, Rita Calore:
«Per qualcuno non era un essere umano. Ma era un ragazzo che si stava riprendendo la vita, dopo i trascorsi con la droga. Se uno sbaglia deve pagare, è giusto. Ma non con la vita» [2].
Grazie all’insistenza dei famigliari e alle superperizie avviate per avere una corretta autopsia, è stato possibile scoprire la verità circa queste due tragiche morti o, per utilizzare un pensiero ricorrente di Ilaria Cucchi: «affinché la verità venga riconosciuta» [3]. Il decesso di Federico Aldrovandi non è stato causato da un mix letale di droghe o da un qualsiasi malore, bensì da un eccesso colposo imputabile ai quattro poliziotti che hanno effettuato il fermo. Nonostante i lamenti del giovane – e il suo possibile tentativo di difendersi e di evitare così l’arresto – i suoi aguzzini hanno continuato le percosse e, nel tentativo di placcarlo, gli hanno causato una mancanza d’aria, portando di conseguenza al crollo delle sue funzioni cardiache e respiratorie. Il foglio dell’intervento della volante si è inoltre scoperto modificato e falsificato rispetto all’effettivo arrivo delle auto, aggiungendo così alle accuse l’omissione e il depistaggio di dati dalla stessa questura. Tuttavia, giustizia è stata fatta solo il 21 giugno 2012, quando la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 3 anni e 6 mesi per i poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri.
Di tutt’altra direzione è invece la strada intrapresa dalla storia di Stefano Cucchi, nella quale solo di recente è crollata una parte di quel muro di omertà che ha impedito di rendere giustizia alla sua verità; quella verità ormai sotto l’occhio di tutti – chi più o meno d’accordo – e tanto invece ignorata dai pubblici magistrati, dottori e dagli agenti di polizia. Esattamente un mese dopo l’uscita del film Sulla mia pelle, diretto da Alessio Cremonini e che vede Alessandro Borghi nei panni di Cucchi – l’11 ottobre 2018, nel corso dell’ennesima udienza, il PM Giovanni Musarò ha rivelato che l’agente Francesco Tedesco, in data 20 giugno dello stesso anno, avrebbe ammesso l’effettivo pestaggio nei confronti dell’imputato, accusando così i suoi colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro di violenza e tortura. Nell’interrogatorio è emersa inoltre la sua totale estraneità per quel che concerne le percosse sul giovane romano, ammettendo allo stesso tempo di aver taciuto la cosa in tutti questi anni.
Il carabiniere descrive così i fatti: «Cucchi e Di Bernardo ricominciarono a discutere e iniziarono a insultarsi, per cui Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto» si legge nel verbale dell’interrogatorio. «Allora D’Alessandro diede un forte calcio a Cucchi con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: “Basta, finitela, che ca..o fate, non vi permettete”. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione, spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Fu un’azione combinata» [4]. All’epoca Tedesco aveva perfino fatto un’annotazione di servizio dove raccontava quanto successo, poi andata perduta proprio per insabbiare i fatti e su consiglio degli altri carabinieri presenti al momento del pestaggio.
Durante il processo del 2015 è emersa anche un’intercettazione che inchioderebbe Raffaele D’Alessandro sull’effettivo scontro ai danni di Cucchi. La telefonata tra il carabiniere e la sua ex-moglie, la quale si è presentata in tribunale per denunciare i fatti a lei conosciuti, mostrerebbe il tentativo dell’agente di insabbiare la violenza. Il suo tono è un misto di ira e disperazione per quanto accaduto e, incalzato dalla moglie, esterna il suo vanto di averne date di santa ragione «a quel drogato».
Il 23 giugno 2016 Ilaria è stata ricevuta dal Ministro della giustizia Andrea Orlando per parlare di una legge per il reato di tortura, ancora assente in Italia. Tramite la pagina change.org, Ilaria ha proposto una petizione che ha raccolto in pochi giorni oltre 220mila firme.
Queste sono solo due delle numerose morti che purtroppo hanno luogo nelle carceri italiane. Due delle vicende mediatiche più discusse nel nostro territorio che, tuttavia, non impediscono il loro ripetersi. Quante altre persone dovranno morire prima che questo iter giudiziario termini? Quando l’assunzione di agenti della polizia e dell’arma dei carabinieri diverrà più scrupolosa? Quando l’uomo riconoscerà il prossimo per quel che è e non per quello che i suoi pregiudizi ritengono più opportuno? Stefano e Federico erano sì i primi violatori della legge in questa dinamica, ma in quanto tali dovevano essere messi di fronte e giudicati dal solo organo addetto a questo compito: il tribunale. La tortura, la violenza e la morte non sono mai la risposta ad un crimine, per quanto grave e immorale esso sia. L’abuso di potere è un tentativo di elevarsi a dei, è la vittoria dell’istinto e dell’irrazionale, ma è anche molto di più: è la totale distruzione di ciò che di umano è in noi.
FONTI
[1] http://www.federicoaldrovandi.it/
[3]https://www.youtube.com/watch?v=52jSgr7BzIc
[4]https://www.today.it/cronaca/chi-e-francesco-tedesco-confessione-cucchi.html
Un elenco dei film che fanno luce su questi casi: È stato morto un ragazzo (2010), 148 Stefano – i mostri dell’inerzia (2011) e Sulla mia pelle (2018).
https://www.iene.mediaset.it/video/casciari-morti-di-stato_68208.shtml
https://www.iene.mediaset.it/video/trincia-uccisero-aldrovandi-tornano-in-servizio_67256.shtml
https://www.huffingtonpost.it/author/ilaria-cucchi/
http://www.voxdiritti.it/28-anni-senza-il-reato-di-tortura-in-italia/
https://thevision.com/attualita/cucchi-morti-di-stato-italia/
http://www.cronaca-nera.it/2569/morte-federico-aldrovandi-ricostruzione-vicenda
https://www.tpi.it/2018/10/20/stefano-cucchi-storia/
https://www.today.it/cronaca/chi-e-francesco-tedesco-confessione-cucchi.html
https://tg24.sky.it/cronaca/2018/06/12/stefano-cucchi-ex-moglie-carabiniere.html
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