Johanna Bonger è una figura non troppo conosciuta, ma fondamentale per la cultura mondiale.
Una donna rimasta nell’ombra di un certo cognome: Van Gogh.
Infatti, essa fu la moglie di Theo, il fratello di uno dei pittori più famosi del mondo e, in seguito alla sua morte – pochi mesi dopo Vincent – ha continuato, con costanza e devozione, la volontà del marito di far conoscere al mondo quell’uomo così talentuoso e incompreso.
Vincent non vendette quasi nulla in vita, se non un quadro ad un’amica di famiglia per una cifra modesta. Per questo pesò fino alla fine sul fratello, commerciante d’arte non troppo ricco, ma a lui estremamente devoto.
Era come se Theo e Vincent sentissero – con uno sguardo rivolto oltre la propria contemporaneità – che tutti quei sacrifici sarebbero stati prima o poi ripagati.
Così fu ma nessuno dei due, purtroppo, riuscì a vedere il successo incredibile che quell’arte così inedita avrà. Vi riuscì, però, un altro Vincent Van Gogh, il figlio di Theo e Johanna, grazie alla madre e al suo instancabile carisma.
Quel bimbo, portatore di un nome tanto gravoso, rappresenterà il riscatto di una famiglia vittima di una sorta di maledizione.
Vincent, il famoso pittore, prendeva il nome di un figlio nato morto esattamente un anno prima di lui; il fratello Cor se ne va precocemente così come Theo e lo stesso padre Theodorus; inoltre, una delle sorelle passerà la propria vita in manicomio. Una storia di sofferenze e disgrazie, insomma, che Johanna riuscirà, in un certo modo, a trasformare in qualcosa di positivo e grandioso.
Un’altra donna che ha vissuto all’ombra del marito? Assolutamente no.
Johanna, forse, non se ne rendeva nemmeno conto, ma fu un esempio di emancipazione e femminismo.
Nata ad Amsterdam nel 1862, si dimostra sin da piccola vivace, studiosa e intraprendente. Impara benissimo l’inglese soggiornando anche a Londra e lavorando al British Museum. Per superare un esame, decide di approfondire Shelley e, nel frattempo, legge lo scrittore anticonformista Multatuli. A ventidue anni diviene insegnante di lingue e traduce brevi racconti dal francese e dall’inglese.
Nel 1889 si sposa con Theo, contro la volontà di Vincent. Il pittore, infatti, era sempre stato geloso del fratello e sentiva che la donna avrebbe potuto portargli via quel legame esistenziale tanto stretto, sancito dalle stesse morti così prossime tra loro.
Dopo la morte del marito, Johanna si ritrova sola, con un figlio piccolo e la casa tappezzata dai quadri del cognato. Non può rimanere a Parigi, nell’appartamento modesto in cui viveva con Theo; per questo torna in Olanda, dai genitori, ma vi resta poco.
Vuole essere indipendente e vuole vivere sola; si trasferisce allora a Bussum, un piccolo paese a una trentina di chilometri da Amsterdam.
La sua casa diventa un luogo d’incontro di vari esponenti della vita artistica e intellettuale di quell’epoca.
Inizia, allora, la sua opera, sempre più energica, di diffusione dell’arte e della storia di Van Gogh, di cui abbiamo testimonianza anche grazie al suo stesso diario.
Donna di minuta costituzione, doveva occuparsi lei stessa dei pesantissimi imballi dei quadri del pittore quando era necessario inviarli per le sempre più numerose mostre; nel frattempo leggeva e rileggeva le lettere tra Theo e il fratello.
Si rendeva conto di quanto questo epistolario fosse prezioso, toccante e di enorme valore letterario, oltre che storico e biografico.
Il figlio Vincent ci dà testimonianza del carattere forte della madre: «Mia madre si formava le sue opinioni autonomamente, e in alcuni casi divergevano da quelle della sua famiglia» (1).
Inoltre, diviene membro del nuovo partito socialista e ne fonda il movimento femminile.
Si risposa nel 1901 con il pittore e scrittore d’arte Gosschalk, più giovane di lei ma con poca salute. Johanna perde anche lui, ma nonostante ciò non si ferma: va a vivere ad Amsterdam e continua ad affittare gallerie mostrando i quadri di Vincent.
Nel mentre, le opere del pittore vengono esposte a Londra e Johanna continua ad occuparsi e a trascrivere quelle bellissime lettere che marito e cognato si scambiavano, fino a che, nel 1914 non viene pubblicato il primo volume dell’edizione olandese. Naturalmente, la donna partecipa attivamente alla sua stesura, correggendo le bozze e scrivendone l’appassionata prefazione. Nel 1915 si reca a New York per prendere accordi sulle traduzioni in inglese dell’epistolario.
Intanto, in Olanda, si ristampa la seconda edizione, avvenimento che dà molta gioia a Johanna poco prima della morte.
Ce l’ha fatta.
Con una costanza e una devozione incredibili, è ufficialmente riuscita nel suo obiettivo: dare voce a chi era stato incompreso e maltrattato.
Forse ha davvero solo realizzato la volontà del primo marito così precocemente morto. O forse, da donna, conoscendo bene cosa significhi essere incompresi e maltrattati, ha voluto riscattare quel cognato “pazzo” le cui tele ricoprivano i muri di casa.
1. J. Van Gogh Bonger, Vincent Van Gogh, Milano, Abscondita, 2007, p. 86
FONTI:
J. Van Gogh Bonger, Vincent Van Gogh, Milano, Abscondita, 2007.
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