Chernobyl: un’esplosione morale

0
826

Se dovessimo valutare quali serie tv abbiano fatto il cosiddetto botto quest’anno e quali no, potremmo quasi sicuramente mettere tra i primi posti la nuovissima produzione HBO Chernobyl: grandissima novità del 2019, ha destato parecchio scalpore – sia in senso negativo sia in quello positivo – in tutto il mondo, prospettandone la risposta russa.  

Il celebre e tragico disastro che colpì la centrale nucleare di Prypiat, Ucraina, nel 1986 è oggi stata magistralmente riprodotta da Craig Mazin, accompagnato da un cast di tutto merito: Stellan Skarsgård nel ruolo di Boris Scherbina, vicepresidente del Consiglio dei ministeri; Jared Harris in quello del professor Valerj Legasov, chimico sovietico e vicedirettore dell’Istituto dell’energia atomica di Kurcatov.


Numerose sono le tematiche filosofiche implicite in questa miniserie evento, ma una in particolare mi ha destato grande interesse: quella che in filosofia morale viene chiamato the trolley problem


Ma di che cosa stiamo parlando esattamente? E come questo interrogativo si lega al caso Chernobyl?

Partiamo innanzitutto spiegando il dilemma etico da me proposto: vi trovate nelle vicinanze di un binario con accanto una leva. Da una parte vedete giungere un tram che si muove in autonomia e che segue di conseguenza il suo binario. Questo è però diretto verso cinque persone legate e la leva che vedete posizionata vicino a voi è la sola possibilità per scambiare il tragitto del veicolo verso un altro binario, anch’esso occupato, sebbene da una sola persona. Che cosa fareste allora? Uccidereste cinque persone oppure vi macchiereste dell’omicidio di un singolo per la vita di cinque? 

Pur essendoci numerose varianti di questo dilemma, la maggioranza continuerebbe a optare per la seconda opzione: la morte di uno per la salvaguardia dei più, riducendo così una delle massime esistenziali, come quella del non uccidere, alla semplice scelta del male minore in una situazione critica.

Contesto diverso, ma medesima dinamica, viene ripercorsa in Chernobyl, dove a un certo punto della serie Scherbina e Legasov trovano necessario l’arruolamento di quattrocento minatori di carbone da Tula affinché sia possibile costruire un tunnel che permetta l’installazione di uno scambiatore di calore e impedendo così la contaminazione del fiume Dnepr – e di conseguenza di tutte le risorse idriche dell’Unione sovietica – a causa della fusione del nocciolo ormai avviata.

I tentativi per far fronte all’errore di alcuni fisici sovietici non si limita a questo: la costruzione del sarcofago, ossia la struttura che copre il nocciolo del reattore esploso, e l’estenuante operato da parte dei liquidatori affinché i radionuclidi vengano estirpati, ha portato a milioni di vittime, puntualmente premiate – postume – con il titolo di eroi e con numerosi monumenti che ne ricordino le gesta.

Dalla grande carica drammatica è questo scambio di battute, risalente al terzo episodio della serie, tra i protagonisti e il segretario generale del Pcus Gorbachev:

«Ci saranno vittime.»
«Quanto tempo richiede? Quanti uomini vi servono?»
«Calcoliamo che lo sforzo di liquidazione prenderà tre anni e all’incirca 750mila uomini, incluso un certo numero di medici e di ingegneri strutturali.»
«Quante vittime?»
«Migliaia, decine di migliaia forse.»


Un lungo silenzio si fa strada prima che Gorbachev concluda l’incontro con un laconico: «Cominciate subito.»


In questo caso non stiamo parlando di 1 vs 5 vittime, ma di cifre nettamente superiori, eppure il succo morale sembrerebbe il medesimo: il sacrificio di uno o più persone può tuttavia annullarsi se questo comporta la salvezza di un numero sempre e comunque maggiore di individui. A questo punto la condanna a morte, che il cosiddetto carnefice deve portare avanti, non sarebbe imputabile di colpa, o comunque godrebbe della totale assoluzione poiché mirante a un bene maggiore: più vite X al costo di N dove risulterà sempre che N< X.

Il caso Chernobyl, eppure, mostra qualcosa di più, perché sì Gorbachev ha acconsentito alla morte di un milione di operai e ingegneri, ma queste stesse persone hanno nonostante tutto accettato la loro condanna, proponendosi talvolta loro stessi in virtù del sogno e progetto sovietico. Russi che agiscono per diventare eroi, ma forse perché sotto sotto realmente consapevoli degli sbagli scaturiti dalla loro condotta e dall’eccessivo anelito verso la perfezione.


Filmografia:
Chernobyl, Craig Mazin, Stati uniti – Gran Bretagna, 2019.

Immagine di copertina: Immagine tratta dalla serie “Chernobyl” prodotta da HBO. Nessun provento economico è stato realizzato dall’utilizzo. Tutti i crediti sono riservati all’autore.