L’evoluzione di Darwin: breve storia di una teoria
Nel Regno Unito, non molto distante dalla frontiera con il Galles, circa duecento anni fa nasceva Charles Robert Darwin; era il 12 febbraio del 1809 quando Robert Waring Darwin II e Susannah Wedgwood dettero alla luce quello che sarà ricordato come il padre della teoria della Selezione Naturale (1).
Il giovane Charles passava le giornate della sua fanciullezza ispezionando animali e collezionando minerali tra i prati inglesi, completamente rapito dal mondo naturale. L’interesse naturalistico, in quegli anni, veniva ancora percepito come un hobby a cui dedicarsi nei ritagli di tempo, la carriera era da perseguire altrove, in ambiti più affermati e dignitosi. Proprio per questo il padre lo iscrisse all’Università di Edimburgo nella speranza che continuasse la sua carriera di medico.
Ma le speranze durarono poco: al secondo anno Charles abbandonò la facoltà.
Si iscrisse al Christ College di Cambridge, concludendo il baccellierato in Arti nel 1831, ancora convinto della veridicità delle parole delle Sacre Scritture. È in questo periodo che conobbe Adam Segdwick, professore di geologia, e John Stevens Henslow, botanico e suo futuro mentore.
Proprio grazie alla raccomandazione di quest’ultimo, Charles, si imbarcherà sulla HMS Beagle il 27 dicembre del 1831 in un viaggio che lo porterà a circumnavigare il globo insieme al comandante Robert Fitzroy, tra un perenne mal di mare e scoperte affascinanti. Un itinerario lungo cinque anni, con partenza dal Regno Unito per raggiungere il Sud America, le Galápagos e l’Australia fermandosi, nella via del ritorno, in Nuova Zelanda, alle Mauritius e in Sudafrica e, infine, attraccare in patria il 2 ottobre 1836.
Nella prima metà dell’Ottocento le teorie naturali confluivano ancora nel Creazionismo (2), tuttavia, le opinioni scientifiche stavano cambiando: già a fine Settecento James Hutton aveva proposto l’Uniformitarismo (3), una tesi in grado di spiegare quel grande mistero che ai tempi erano i fossili, intesi ora come resti di specie ormai estinte.
Seguirono le teorie di William Smith relative alla corrispondenza tra falde terrestri e fossili e, infine, Georges Leopold Cuvier, poté scoprire che vi era una progressione nell’ordine di sviluppo dei fossili per cui la vita sembrava essersi evoluta dagli invertebrati fino ai mammiferi.
Nonostante le recenti scoperte, la mancanza di una parte esplicativa a suo sostegno, che spiegasse come una specie potesse mutare in un’altra, rendeva l’evoluzionismo un approccio difficilmente sostenibile.
Un primo tentativo per ovviare a questo problema fu intrapreso da Jean Baptiste Lamarck (4); ma ancora una volta la comunità scientifica trovò rischioso aderire a una teoria mancante di prove concrete e per di più contenente delle speculazioni metafisiche. È questo il contesto in cui Darwin inizia a formarsi e, soprattutto, è in questo quadro che intraprende il viaggio a bordo del Beagle: ancora parzialmente convinto circa l’età della terra riportata nei racconti biblici e scettico riguardo la mutabilità delle specie.
Nei cinque anni di navigazione Darwin ebbe la possibilità di raccogliere un gran numero di esemplari di piante, animali e minerali da inviare nel Regno Unito; inoltre compilò una sorta di diario grazie al quale sappiamo che, verso la fine del suo lungo viaggio, era in procinto di abbandonare l’immutabilità delle specie. Nel 1837 inizia a scrivere rispetto alle cause evolutive, ma le conseguenze della filosofia materialista (5) implicita nella sua teoria continuavano a preoccuparlo, tanto da dissuaderlo dal pubblicare anche solo un breve saggio; al tempo stesso, capiva che altri erano alla ricerca di una teoria esplicativa per l’evoluzione e che presto o tardi lo avrebbero anticipato.
Fu così che nel giugno del 1858 Alfred Russel Wallace, anch’egli sulle tracce dei meccanismi evolutivi, inviò a Darwin una lettera con allegato uno scritto in cui esponeva in sintesi la sua stessa teoria.
Allarmato, Darwin decise di proporre una breve presentazione delle sue scoperte insieme al lavoro di Wallace, alla Linnean Society, per poi pubblicarli insieme; la presentazione voleva garantire la paternità della teoria evoluzionistica a Darwin, mettendolo al riparo da qualsiasi pretesa di priorità da parte di Wallace. Ad ogni modo On the Origin of Species by Natural Selection venne pubblicato nel 1859 e fu da subito un gran successo, vendette più di milleduecento copie in un solo giorno, tra un pubblico diviso in curiosi, naturalisti più aperti all’ipotesi evoluzionistica e una chiesa allarmata.
La teoria si basava su dei concetti semplici e su altrettante ovvie deduzioni, che potremmo brevemente riassumere così: ogni specie tenderebbe a riprodursi all’infinito e se non vi fossero delle interferenze, arriverebbe a infestare l’intero globo, ma questo non succede, poiché ognuna di esse, una volta raggiunta una certa misura, smette di crescere.
Ne deriva che un certo numero di individui perirà prima di potersi riprodurre.
Le cause della maggiore o minore possibilità di sopravvivenza di un individuo sono date sia da fattori casuali (come ad esempio la folgorazione da parte di un fulmine) sia, e in prevalenza, da delle variazioni individuali che, casualmente, si verificano entro una certa specie le quali assicurano all’individuo un vantaggio sugli altri esemplari in competizione nella “lotta per la sopravvivenza” (6). Gli organismi che avranno queste proficue modificazioni avranno maggiori probabilità di procreare e, di conseguenza, di passare queste nuove caratteristiche alle generazioni future, di modo tale che, via via, gli individui aventi le nuove peculiarità soppianteranno quelli precedenti, sprovvisti di queste mutazioni.
La selezione naturale, quindi, agisce sulle variazioni che per caso si verificano in certi individui, facendo sì che quelli con delle nuove caratteristiche vantaggiose rispetto all’ambiente in cui vivono possano avere maggiori probabilità di sopravvivenza e di riproduzione.
Ma Darwin non inizia il suo saggio con la selezione naturale, bensì per analogia con la “selezione artificiale” (7) praticata dagli allevatori e dagli agricoltori; come questi riescono, riconoscendole, a incentivare le variazioni presenti in alcuni individui, tramite la selezione dei soggetti da salvaguardare e far accoppiare, così in natura le variazioni vantaggiose tendono a far progredire le specie portatrici a scapito delle altre che ne sono prive.
Tutte le specie, sia selvatiche che domestiche, discendono quindi da una linea evolutiva lunga milioni di anni entro cui si sono succedute un numero enorme di variazioni, le quali hanno via via prodotto varie specie diverse, partendo da un primitivo e selvatico ceppo originario.
Ci sono almeno tre variazioni che sicuramente risultano vantaggiose: l’avere un vantaggio nel procacciarsi il cibo, non importa se con un collo più lungo o con altri mezzi, questa particolarità assicura sempre maggiori opportunità di sopravvivere; sfuggire ai predatori, con una colorazione mimetica o per mezzo di una nuova abilità, ad esempio, può anch’esso fare la differenza; e, infine, risultano essenziali tutte quelle caratteristiche che permettono un migliore adattamento all’ambiente, come ad esempio l’avere un manto più spesso qualora la temperatura cali drasticamente a causa di un repentino cambiamento climatico.
Tuttavia non va trascurato che, oltre alla selezione naturale, altri fattori giocano un ruolo essenziale nella vita di ogni vivente; il “principio della variazione correlata” è uno di questi.
In breve possiamo dire che al variare di una caratteristica, si verificheranno altre variazioni a questa interconnesse, non necessariamente vantaggiose; un esempio può essere notare come la presenza di albinismo nei gatti sia solitamente correlata alla sordità.
Altro principio sottolineato da Darwin è quello secondo cui un organo in origine adatto a uno scopo preciso può, nel tempo, essere adatto per altri scopi; esempio ne sono le piume che, originariamente squame, si sono sviluppate come variazione vantaggiosa per la termoregolazione degli organismi fino a diventare, grazie alle loro proprietà aerodinamiche, un prezioso elemento contro i predatori.
Un ultimo elemento decisivo per la sopravvivenza è la “selezione sessuale”; tra gli individui di uno stesso sesso, entro una medesima specie, vi è una lotta per la riproduzione; questo conflitto implica che le caratteristiche utili per il possesso del sesso opposto permetteranno all’individuo di riprodursi, cosicché le stesse vantaggiose variazioni verranno ereditate dalla prole.
A seconda poi della specie in questione il tipo di caratteristiche adatte per la riproduzione cambierà: per alcuni uccelli un canto particolarmente gradevole può essere motivo di copulazione tanto quanto, per altre specie, può esserlo una lotta sfrenata per la contesa della femmina.
Nonostante svariati ritrovamenti fossili confermassero le teorie di Darwin, una larga parte dell’opinione pubblica e scientifica si trovava in netto conflitto con la sua teoria; il motivo erano, più che altro, le implicazioni che questa aveva circa il posto dell’uomo all’interno della storia evolutiva.
Darwin fece di tutto per evitare apertamente l’argomento ma si convinse poi a trattarlo entro due diverse opere: The Discent of Man and Selection in Relation to Sex e The Expression of the Emotions in Man and Animals, pubblicati entrambi nei primi anni Settanta. In questi riassumeva la sua concezione rispetto l’uomo, lo riportava entro il regno animale, abolendo ogni sua pretesa di superiorità e rendendolo partecipe del processo evolutivo che condiziona tutto il resto del vivente.
La prova per cui l’uomo sarebbe imparentato con le scimmie è, secondo Darwin, data da più fattori: entrambi appartengano al genere dei primati e, non solo da un punto di vista anatomico, ma anche cerebrale uomini e scimmie sono simili; inoltre entrambi reagiscono in modo speculare alle stesse sostanze chimiche e sono afflitti dagli stessi parassiti. Un’ulteriore prova di tale parentela è data dalla presenza degli stessi organi vestigiali in ambedue le specie, come ad esempio il coccige.
Non rimaneva che ipotizzare come le scimmie avessero potuto trasformarsi in uomini e Darwin allora azzarda delle tappe evolutive abbastanza intuitive.
Le scimmie, anziché sugli alberi, iniziarono a vivere a terra, il ché le portò a camminare in posizione eretta e grazie a questo ulteriore progresso le mani si perfezionarono, non essendo più impegnate nella locuzione; infine il cervello cominciò a espandersi per dimensione. Questo fu, in linea ipotetica, il percorso evolutivo delle scimmie intravisto da Darwin.
Ma si spinse oltre, coerente con il suo materialismo rifiutò ogni peculiarità attribuita esclusivamente all’uomo; la razionalità, il linguaggio, l’intelligenza, non erano fatti speciali ma piuttosto caratteristiche ordinarie, semplici, prodotte dall’evoluzione naturale che in quanto tali non richiedevano altro principio, per essere spiegate, che non quelli già formulati nella sua teoria.
Le capacità mentali animali, notò, erano da sempre state svilite e minimizzate mentre, in realtà, la differenza tra l’uomo e le altre specie – in particolare i mammiferi superiori – per quanto concerne le facoltà intellettive è puramente di grado e non di tipo: l’uomo ha certo una razionalità più sviluppata di molti animali, ma questo non significa che essi ne siano privi, anzi, l’uomo condivide le sue facoltà con il resto del regno animale, ma lo fa in misura differente a seconda della specie presa in considerazione.
Darwin morì nel 1882 e ancora oggi le sue teorie si rivelano, con poche eccezioni, corrette.
Come segno di stima il parlamento inglese volle seppellirlo alla Westminister Abbey sede delle spoglie mortali dei regnanti inglesi e dei personaggi più illustri. Non a caso, è stato considerato il padre della biologia, infatti, il termine significa letteralmente “scienza della vita”, uno studio inaugurato dai naturalisti nei primi anni dell’Ottocento che troverà la sua sistematizzazione grazie a Darwin.
I concetti di evoluzione, di ereditarietà e di trasformazione erano presenti nel vocabolario scientifico già prima della teoria darwiniana, ma è solo con essa che tutti i dati e le analisi raccolte trovano finalmente coerenza. Dando sostegno scientifico a questa concezione non solo ha spiegato le leggi che la governano ma ha posto l’attenzione sul concetto di vita fino ad allora rimasto in ombra, oscurato dall’interesse orientato prevalentemente all’individuo.
La vita poteva ora essere indagata come una forza che trascendeva il singolo per manifestarsi nel continuo divenire di tutte le specie.
In questo divenire perpetuo, la scala aristotelica dell’essere (9) viene meno: anche l’uomo si ritrova ad essere una specie tra le altre, situata in un universo in perenne cambiamento dove è lui stesso a mutare.
Darwin ci presenta la selezione naturale come una forza inconscia che muove la vita, una forza vitale presente nelle specie e negli individui, che li muta, a seconda dell’occasione senza fini prestabiliti o disegni intelligenti da seguire. Pare allora chiaro che il fine dell’evoluzione sia il proseguimento perpetuo dell’evoluzione stessa; non vi è nessun primato umano, non vi sono riferimenti a Dio, nessuna eccezionalità o trascendenza è da Darwin concessa: tutto si attiene al materialismo.
Una visione così aderente ai fatti è stata un duro colpo all’eccezionalità umana, ma non dobbiamo pensare che la nostra specie sia stata in qualche modo sminuita dal darwinismo, tutt’altro.
Nonostante il ritorno in voga delle teorie Creazioniste, dobbiamo riconoscerle il merito di aver permesso la nascita di una scienza per noi altamente importante come la biologia, di averci resi partecipi di un flusso vitale del quale prima eravamo inconsapevoli e di averci ridato la libertà tipica di ogni vivente: non siamo più la specie posta alla sommità di una gerarchia immobile, ora ci mutiamo anche noi insieme agli altri.
Note
(1) Selezione naturale: introdotto da Charles Robert Darwin nel 1859, il concetto intende spiegare i meccanismo attraverso il quale la vita animale e vegetale, nelle sue più svariate forme, si modifica e differenzia nel tempo, attraverso piccole ma significative variazioni casuali poste negli individui.
(2) Creazionismo: credenza secondo la quale tutto l’esistente, universo e individui compresi, sono opera divina; in questa concezione – che si attiene ai testi biblici e alla loro interpretazione- la terra ha un’età piuttosto giovane, circa seimila anni.
(3) Uniformitarismo: teoria secondo cui le forze che attualmente riscontriamo agire sulla terra sono le stesse che sempre hanno agito anche nei tempi passati.
(4) Jean Baptiste Lamarck fu il primo naturalista a cercare di risolvere il mistero di come le specie potessero mutare in nuove forme. La sua teoria asseriva che le specie si modificavano per effetto dell’ambiente in cui vivevano; tuttavia postulava anche una forza intrinseca agli organismi, la quale li spingeva verso un perfezionamento costante. Furono proprio la mancanza di dati attendibili e la speculazione metafisica i punti deboli che portarono tale teoria ad essere abbandonata.
(5) Filosofia materialista: per Materialismo si intende quella concezione filosofica che riconosce come esistente solo la realtà materiale, escludendo quindi ogni forma di realtà differente dalla materia, come ad esempio quella spirituale.
(6) Lotta per la sopravvivenza: definizione che intende spiegare lo scontro che gli individui, di diverse o uguali specie sostengono, sotto diversi aspetti, al fine di sussistere nel proprio ambiente e riprodursi.
(7) Selezione praticata dall’uomo, più o meno consciamente, che implica la selezione di individui aventi o mancanti di certe caratteristiche ritenute particolarmente interessanti per l’utilizzo umano degli animali, al fine di scoraggiare o incentivare la riproduzione e la diffusione di tali variazioni.
Bibliografia
G. Cuvier, The Animal Kingdom, Henry G. Bohn, Londra, 1863.
C. Darwin, L’origine delle specie, Bollati Boringhieri, Torino, 2012.
C. Darwin, L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, Bollati Boringhieri, Torino, 2011.
C. Darwin, The Autobiography of Charles Darwin, Nora Barlow, New York, 1969.
C. Darwin, Charles Darwin’s Notebooks, Cornell University press, Ithaca, 1977.
C. Darwin, The Descent of Man, and Selection in Relation of Sex, John Murray, Londra, 1871.
C. Darwin, The Expression of the Emotions in Man and Animals, John Murray, Londra, 1872.
C. Darwin, On the Origin of Species by Natural Selection, John Murray, Londra, 1859.
J. B. Lamarck, Zoological Philosophy, University of Chicago Press, Chicago, 1809.
J. Rachels, Created from animals: the moral implications of Darwinism, Oxford University Press, New York, 1991.
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