Blue Monday, credenza e verità

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Pseudo scienza sostiene che oggi sia il Blue Monday, ovvero il giorno più triste dell’anno. Accorpando in una formula una serie di variabili poco oggettive e tra loro non comparabili (meteo, sensi di colpa per i soldi spesi a Natale, calo di motivazione dopo le feste e necessità di darsi da fare), il dottor Cliff Arnall, psicologo dell’Università di Cardiff, ci legittima a essere di cattivo umore. Avete voglia di piangere? Di crogiolarvi nel letto? Oggi è il giorno giusto.


Disclaimer: non ho alcuna intenzione di incoraggiare le pseudo-scienze.


Il Blue Monday è frutto di calcoli arbitrari e, per di più, è stato originariamente sfruttato da SkyTravel per spingere i potenziali clienti a comprare pacchetti vacanze — per marketing, insomma (1). Se l’ondata anti-vaccinista degli ultimi anni ci ha insegnato qualcosa, è stato proprio di diffidare di quelle teorie che si travestono da scienza, ma in realtà non lo sono.

Una formula dalle sembianze logico/matematiche non è detto sia in effetti logico/matematica. Un professore universitario che teorizza sul mondo non necessariamente sta facendo scienza. E certo, il controllo di una teoria non è semplice: oggettività è un concetto forte, un parolone che, soprattutto per quanto riguarda le scienze sociali, a volte sembra difficile applicare. Tuttavia, a salvarci dal baratro del soggettivismo, viene in aiuto l’accordo o disaccordo della comunità scientifica. E, per inciso, la suddetta Università di Cardiff ha preso le distanze dal fantomatico Blue Monday (2).


Posto, quindi, che il giorno in oggetto non appartiene al campo di indagine della scienza: è tanto sbagliato crederci? Io, soggetto consapevole, posso dare credito a una teoria che so essere falsa?


Scomponiamo i termini.

Io so che una teoria è falsa, ovvero credo e ho buone ragioni per credere che una teoria che in effetti è falsa, sia falsa — cioè non vera.

Ma se, allo stesso tempo, credo a questa teoria che so essere non vera, allora credo che contemporaneamente essa sia vera e non vera — il che è una contraddizione in termini.


Eppure, a un livello non razionale, forse forse capita.


Mi spiego meglio.

Nel nostro quotidiano, ci raccontiamo un sacco di storie. Esempio: il ragazzo o la ragazza che ci piace visualizza, ma non risponde. Di sicuro avrà altro di importante fare, il suo cellulare si sarà rotto, sarà timido/a, magari non c’è campo, magari l’ha colpito un asteroide. Certo. La verità, però, sotto sotto, la conosciamo (di solito la conosce la nostra pancia). Solo che raccontarci una versione alternativa, credere a una teoria meno amara, per quanto non vera e magari solo verosimile, ci aiuta a metabolizzare il brutto colpo. Lo facciamo tutti, anche i più cinici — «La verità mi fa male, lo so…»

Prendiamo, poi, l’oroscopo: che l’astrologia non abbia alcun fondamento scientifico, è cosa nota. Eppure, crederci ci fa piacere. Scoprire, in una settimana particolarmente sfortunata, che si è stati relegati all’ultimo posto dell’infame classifica di Paolo Fox è una spiegazione sufficiente. Sapere che con quel tale non è finita poi tanto bene perché è dello Scorpione, fa tirare un sospiro di sollievo.


Raccontarci una realtà alterata, a volte, ci aiuta a vivere con più leggerezza.


Ci deresponsabilizza, ma non troppo. Rende il tutto un po’ più interessante — sempre che alla base ci sia consapevolezza della non-verità. Possiamo credere, ma senza avere come obiettivo la verità dei fatti. La realtà è una cosa complessa, e barcamenarcisi è spesso più importante che comprenderne appieno i principi.

E se oggi deve essere il Blue Monday — tanto vale tirare fuori Blue, di Joni Mitchell, e romanzare un po’ queste giornate altrimenti troppo razionali.


La ricerca di senso eccede la razionalità — e forse il bello è proprio questo.





(1) https://www.wired.it/scienza/lab/2019/01/21/blue-monday-giorno-piu-triste-anno-bufala/
(2) https://www.theguardian.com/science/brain-flapping/2013/jan/21/blue-monday-depressing-day-nonsense-science