Per questo appuntamento della rubrica filososex vorrei ritornare sulla storia della sessualità analizzando la più grande indagine mai intrapresa sul comportamento sessuale, realizzata tra il 1938 e il 1956. L’autore di questa inchiesta è Alfred Kinsey (1894- 1956), biologo e professore di entomologia e zoologia presso l’Indiana University.
Il ramo in cui Alfred Kinsey si specializzò in quanto ricercatore fu la tassonomia, ovvero la classificazione delle specie e lo studio delle variazioni individuali degli organismi, diventando il massimo esperto internazionale nell’analisi delle vespe gialle.
Nel 1938, tuttavia, qualcosa cambiò negli interessi accademici di Kinsey, soprattutto quando fu nominato coordinatore di un corso di studio chiamato “Marriage and Family”(1).
Questo corso lo incuriosì a tal punto da iniziare a intraprendere una vera propria ricerca sui rapporti sessuali raccogliendo da principio storie, esperienze e dati dei suoi studenti, fino poi a estenderle a 18 mila intervistati, descrivendo una realtà sessuale ampiamente documentata.
Questa inchiesta rappresenta uno dei primi tentativi di dare al sapere scientifico una documentazione statistica circa l’attività sessuale umana, con l’obiettivo di esaminare il comportamento sessuale dell’uomo e della donna negli Stati Uniti, nelle sue variazioni, e in connessione con molteplici fattori (ambientali, ereditari, educativi) che potevano incidere nella vita dell’individuo. È necessario precisare che ad oggi il rapporto Kinsey sulla sessualità è superato a livello scientifico, soprattutto per quanto riguarda lo studio della sessualità femminile, descritta in esso come passiva e dipendente dal comportamento sessuale maschile.
L’autore sostenne che il comportamento sessuale umano fosse uno degli aspetti meno trattati e meno approfonditi sia dalle discipline scientifiche che da quelle umanistiche.
Kinsey ipotizzò che questo oscurantismo scientifico sulla sessualità fosse dovuto soprattutto all’influenza che il costume e la morale religiosa avrebbero avuto sugli intellettuali e sugli esperti, limitandone notevolmente la ricerca in questo ambito. La stretta associazione del sesso con i valori religiosi, con i riti e con le abitudini era probabilmente la causa principale del contenuto emotivo e fortemente privato del comportamento sessuale (2).
Kinsey riuscì ad assumere questa consapevolezza perché crebbe in una famiglia di stampo religioso, fortemente conservatrice; i suoi genitori, infatti, erano tra membri più devoti della chiesa Metodista locale e il sesso rappresentava, nelle conversazioni in famiglia, un tabù di cui era meglio non parlare.
I risultati delle 18 mila interviste effettuate da Kinsey e dai suoi collaboratori vennero pubblicati in due volumi: Il comportamento sessuale dell’uomo nel 1948 e Il comportamento sessuale della donna nel 1953.
Questa inchiesta è stata di fondamentale importanza poiché rivelò un’enorme discrepanza fra le aspettative pubbliche prevalenti in quell’epoca e il comportamento sessuale effettivo.
Kinsey scoprì che quasi il 70 per cento degli uomini aveva avuto rapporti con una prostituta. L’84 per cento degli intervistati aveva avuto esperienze sessuali pre-matrimoniali, di cui il 40 per cento riteneva che la propria moglie fosse vergine al momento del matrimonio. Oltre il 90 per cento dei maschi aveva praticato la masturbazione e quasi il 60 per cento una qualche forma di rapporto orale (3).
Tra le donne circa il 50 per cento aveva avuto esperienze sessuali pre-matrimoniali, sebbene prevalentemente con il futuro marito. Circa il 60 per cento aveva praticato la masturbazione e la stessa percentuale i rapporti orali (4). Ciò andava contro a uno dei valori cardine della morale conservatrice fondata sulla verginità della donna.
I risultati ottenuti dalle inchieste di Kinsey dimostravano quindi una contraddizione tra gli atteggiamenti pubblicamente accettati e il comportamento reale degli individui. Secondo l’autore questo poteva essere spiegato, perché da una parte si iniziò a sviluppare una fase di liberalizzazione sessuale, tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento, in cui molti giovani si svincolarono dai rigidi codici morali propri delle generazioni precedenti; dall’altra parte non se la sentivano di praticare determinati comportamenti a livello pubblico per una questione di pressione sociale (5).
Il comportamento sessuale subì profonde modificazioni, ma nonostante ciò i giovani non riuscivano a discuterne apertamente.
L’ambito sessuale rimaneva, per Kinsey, caratterizzato da una difficoltà di confronto, di dibattito e di presa di posizione. Coloro che partecipavano ad attività sessuali ancora fortemente disapprovate dalla morale lo facevano mantenendo il discorso privato, senza sapere in che misura venissero praticate anche dagli altri.
Nella sua inchiesta l’autore dimostrò che il numero di persone che avevano avuto esperienze omosessuali o che avevano provato inclinazioni nei confronti di individui del loro stesso sesso era molto più ampio di quello che conduceva uno stile di vita apertamente omosessuale. Il rapporto Kinsey rese pubblica per la prima volta questa verità empirica.
Riflessione molto importante che compie l’autore, sulla base di questi dati e che può essere valida ancora oggi, è che la sessualità umana non può essere considerata come qualcosa di statico e uniforme bensì fluida e non categorizzabile.
Il comportamento sessuale dell’individuo, secondo Alfred Kinsey, può cambiare nel corso della sua esistenza, è perciò mutevole e non definibile in termini rigidi di omosessualità e eterosessualità:
“Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso (6).”
(1) Cfr. https://biografieonline.it/biografia-alfred-kinsey.
(2) Cfr. A. C. Kinsey, W .B. Pomeroy, C. E. Martin, Il comportamento sessuale dell’uomo, Bompiani, Milano, 1969, p. 4.
(3) Cfr. ivi, pp. 650-656.
(4) Cfr. ivi, pp. 142- 163.
(5) Ivi, cit., p. 4.
(6) Ivi, cit., (pag. non disponibile al momento)
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