Helene von Druskowitz: la filosofa internata

«La viennese Helene von Druskowitz appartiene a quella specie umana che ha il dono di un pensiero indipendente e non lo baratta con niente, gente che ammiriamo fin troppo facilmente e la cui esistenza, in fondo, preferiremmo ignorare o dimenticare.» (1)

Così Luisa Muraro si appresta a presentare la figura di Helene von Druskowitz, che si consegna ai posteri anche con altri pseudonimi, tanto femminili quanto maschili che accompagnava al proprio nome.

La prima peculiarità evidenziabile della filosofa è proprio il fatto che si può definire tale: è stata la seconda donna nella storia ad acquisire il titolo di Dottoressa in Filosofia nel 1879, in seguito a un percorso accademico variopinto che la porta anche a insegnare all’Università di Vienna, sua città natale.


Il ricovero di Helene e il legame con Nietzsche

Prima dei trent’anni, Helene si inserisce nell’ambiente frequentato da intellettuali come Lou Andreas-Salomé e Nietzsche, con il quale instaura inizialmente un rapporto di reciproca stima e amicizia. L’ammirazione che accomunava i due filosofi, tuttavia, si rivelerà essere una «passion du moment, un misero fuoco di paglia» (2) e il loro rapporto si raffredderà velocemente in un vicendevole rinnegamento, rafforzato dai biografi di Nietzsche che sembrano descriverla come la volpe che non arriva all’uva e dice che è acerba.

Se non altro, l’ideatore dell’Oltreuomo ha il merito di far comparire Von Druskowitz nelle corrispondenze epistolari: in questo modo contribuisce a lasciare una testimonianza della sua esistenza, purtroppo sconosciuta ai più (3).

Helene forma allora un pensiero filosofico del tutto indipendente e caratterizzato da un forte pessimismo di fondo, che si esplicita nel ricco lascito di opere: da trattati e saggi alla stesura di commedie e drammi. Anche dopo il ricovero coatto del 1891 nell’ospedale psichiatrico di Dresda – con le diagnosi alterne di megalomania e androfobia – la donna continua a produrre un’ingente quantità di scritti, che i medici definiscono come il frutto confuso di una personalità che manifesta con calligrafia illeggibile le sue colpe: misandria, autoconsiderazione molto elevata, uno spirito visionario.

Se sono effettivamente riscontrabili tanto una certa consapevolezza di sé quanto il disgusto nei confronti del genere maschile, non si può di certo affermare che siano imputabilità tali da giustificare un internamento per presunte patologie: Helene von Druskowitz finisce in manicomio per via delle sue idee, lontane dal sentire comune al punto da considerarla insana.


La dicotomia tra ciò che sta sopra e ciò che sta sotto

Alla negazione di una divinità così come il cristianesimo la conosce e impone – divinità a cui von Druskowitz non riconosce bontà e provvidenza, bensì tirannia e arretratezza – corrisponde nel pensiero della filosofa una “sovrasfera” in completa antitesi con il mondo materiale.

Alla prima, ritenuta un principio superiore alle cose del mondo, ascrive fondamentalmente la libertà dalle caratteristiche di ciò che popola la Terra: è armonica e unitaria; il secondo è invece “intrinsecamente marcio” a causa delle nefandezze perpetrate per lo più dal genere maschile, causa di degenerazione e abuso di potere.

La sovrasfera, in quanto spirito puro e nobile, è allora associata al genere femminile ed esercita sulla materia una certa influenza fascinosa e involontaria, non considerabile tuttavia come un atto creativo: la massa materiale non è frutto di una creazione divina e gli esseri umani seguono, per spiegare gli eventi, un’infinita catena causale a ritroso che si interrompe là dove la scienza non è in grado di proseguire, rinunciando a disegnare una condizione originaria.

Se ne potrebbe dedurre che la religione non è considerabile come risposta alle domande che ne sono prive.

Della sovrasfera l’essere umano può avere una conoscenza solo speculativa: «[…] tutto il resto è lasciato al disegno della fantasia» (4). Dunque, ci si può domandare: se non è forza creatrice e non si può avere con essa alcuna relazione, perché presupporre l’esistenza di questa sovrasfera? Perché essa sembra funzionale al quadro pessimistico che la filosofa delinea, il cui fulcro si riconosce nella riflessione sull’uomo (inteso come maschio): nella sua svalorizzazione critica consiste l’unica visione del mondo da lei ritenuta corretta.


La religione e gli uomini nel pensiero di Helene

Il rapporto con gli uomini fu ciò che costò a von Druskowitz l’infausta diagnosi di misandria. Il termine viene utilizzato per denominare l’odio verso gli uomini come contrario alla misoginia, sentimento patologico che ha pervaso (e ancora oggi pervade) la società patriarcale e che rientra tra le cause che conducono Helene alla sua repulsione nei confronti del sesso maschile.

Per questo motivo, anche la sfera religiosa viene attaccata nella sua accezione cristiana: von Druskowitz sostiene che quello che chiama “teismo comune” non sia altro che un’invenzione degli uomini e la prova reale di ciò è la rappresentazione antropomorfa e maschile di Dio.

Auspicando quindi a un ateismo completo, ma soprattutto delle donne (era l’inizio del Novecento!), la filosofa viennese esorta a una forma di a-religiosità che sia in completa opposizione a tutti i princìpi cristiani, soprattutto al matrimonio e alla riproduzione (5).

Nella sua visione – in cui viene utilizzato il termine “uomo” per indicare l’appartenenza al genere maschile e non l’umanità intera – gli uomini, così come si presentano nella società in cui vive, sono il nemico. Nella sua condizione di reclusione riesce comunque, stando a quanto riportato dai medici, a interagire certamente con alcuni individui maschili che descrive come «un’eccezione del suo sesso recante uno scroto caprino» (6). 

Leggendo quella che è la filosofia di questa grande e sfortunata donna, riconosciamo sicuramente regole ben precise e stabilite, da cui nessuno è esente, nemmeno le donne stesse, anche se in un’ottica di pura liberazione.

Rivolgendosi agli uomini, Helene si fa portatrice di un primo femminismo estremamente potente e determinato: tende a individuare gli appartenenti al genere maschile come grandi nemici non solo di loro stessi, ma anche delle donne e di tutto il regno animale.

Nessuno è cattivo come l’uomo in natura, nessuno fa le cose con la stessa rabbia e invidia.


Un femminismo d’altri tempi

Certamente, se von Druskowitz fosse viva oggi molte femministe prenderebbero le distanze dal suo modo di pensare, estremamente ricco ma anche rigido, dove si auspica una scissione delle città tra uomini e donne per poter preservare di queste ultime tutta la sacralità del loro genere. È altrettanto importante, tuttavia, contestualizzare questo pensiero, seppur estremo, nell’epoca in cui fu concepito.

Un’epoca in cui la donna era ancora più di oggi un oggetto, dove la necessità di rivendicare la propria parità era doverosa e per farlo era necessario un movimento forte, ricamato da pensieri radicali e di grande impatto, che occhieggiano a un capovolgimento dei ruoli piuttosto che a un’effettiva equivalenza.

Oggi viviamo un periodo storico in cui il femminismo è invece intersezionale e il più possibile inclusivo, ma la richiesta di parità non può essere considerata come un capitolo chiuso; lo vediamo dai recenti fatti di cronaca e dalle disuguaglianze quotidiane. 

Segno che qualcosa ancora non è cambiato: se non sono auspicabili il radicalismo e il disprezzo che caratterizzano la filosofa, dobbiamo invece assimilare la determinazione di Helene.

«Restituite alle donne tutto il loro diritto, non vivete più del loro onore, non cercate presso di loro la liberazione dai vostri difetti di natura» (7).




(1) H. von Druskowitz, Vademecum per gli spiriti più liberi, pres. di L. Muraro, trad. M.G. Mangione, Roma, Castelvecchi, 2017.

(2) Ivi, “Nota bio-bibliografica”. Le parole sono di Von Druskowitz, nel momento in cui descrive Nietzsche come un uomo di grande talento per la forma, ma superficiale e non realmente impregnato dei grandi temi filosofici.

(3) È nostro dovere specificare, infatti, non soltanto la scarsità di testimonianze dirette riguardanti Helene Von Druskowitz, ma anche la scelta di utilizzare una singola tra le numerose opere pubblicate in virtù del periodo in cui viene scritto l’articolo. La chiusura delle strutture bibliotecarie nella fase di Covid-19 rende difficoltoso reperire testi non disponibili nelle versioni digitali e pochi testi risultano tradotti in italiano. Come specificato anche da Donatella Massara sull’Enciclopedia delle Donne non esiste inoltre una bibliografia completa. 

(4) Ivi, cap. II, Il principio superiore, da comprendere solo platonicamente.

(5) In merito al discorso ateismo, Von Druskowitz sostiene che lo spirito normale sia quello ateo. rif. ivi cap. I, Non un dio in senso corrente, punto 6.

(6) Ivi, nota bio-bibliografica.

(7) Ivi, cap. V, Ordinamento per gli uomini. Norme per il sesso maschile, punto 12.

La foto di copertina è l’unica immagine disponibile di Helene von Druskowitz. Il copyright della suddetta risulta essere nel pubblico dominio. L’immagine è stata utilizzata per identificare il contesto di commento del lavoro e non esula da tale scopo – nessun provento economico è stato realizzato dall’utilizzo di questa immagine. / This is the only image of Helene von Druskowitz that exist. The image copyright is believed to be in public domain. The image is used for identification in the context of critical commentary of the work, product or service. It makes a significant contribution to the user’s understanding of the article, which could not practically be conveyed by words alone. Fonte