Il Silenzio. Questo termine ritenuto quasi scontato, in realtà racchiude in sé molto più di ciò che ci si possa aspettare. Esso non è soltanto assenza, obbligo, solitudine, morte, oblio; non è semplicemente il significato contrario di parola o, in generale, di suono. Il Silenzio, viceversa, è l’altro volto della parola, è ciò che pervade l’intera vita dell’uomo, la arricchisce come arricchisce le parole che esso stesso genera.
Fino ad oggi si è stati invasi dal rumore, dalla parola, o meglio, dal flusso di parole illusorie e rumorose che ogni giorno violavano i nostri spazi vitali.
Tutto ciò che ci circondava s’insinuava in noi tanto da diventarne quasi schiavi. Nel migliore dei casi, ci accorgevamo di non essere più in grado di farne a meno ma, nonostante ciò, appena mancavano le parole si finiva subito per sentirsi fuori luogo, in imbarazzo e ci assaliva la paura di non poter dare abbastanza al resto dell’umanità, di non essere abbastanza “efficienti”.
In questa visione così frenetica del mondo e del quotidiano, quale connotazione può avere avuto il Silenzio se non quella di un concetto negativo che impedisse di sfruttare al massimo la nostra vita? Il Silenzio ha sempre fatto da sfondo, è passato inosservato davanti ai nostri occhi, o meglio, alle nostre orecchie, rimanendo passivo, non essendo in grado di esprimere alcunché di adeguato e utile al ritmo e allo stile di vita che abbiamo condotto finora. Molto spesso si pensa a questo termine come portatore di obbligo, di costrizione rispetto alla cosiddetta “libertà di parola”: una parola che è diventata oggi più che mai una linfa vitale che scorre, che lascia fluire in noi il seme del desiderio di poter finalmente ricominciare.
In questo periodo così particolare e in divenire, la parola ha assunto infatti un ruolo estremamente fondamentale: i comunicati ufficiali su come affrontare la pandemia, i social media, le telefonate a parenti e amici, la televisione, tutti mezzi che l’hanno resa essenziale, ricercata e sicuramente le hanno dato l’opportunità di assumere un significato e una percezione in chi l’ha ascoltata molto più vibrante ed emozionale.
Ma da cosa è nata questa nuova modalità di espressione?
La cosiddetta “fase uno”, che ci ha visti costretti nelle nostre case giorno dopo giorno, ci ha resi però anche più inclini e predisposti a quel Silenzio che prima ci faceva tanta paura. Ci ha dato la possibilità di annullare quel linguaggio che pretendeva di cambiare per poter rinascere sotto una nuova forma che desse più spazio all’essere piuttosto che al dire. L’importanza del Silenzio dunque si è rivelata, mostrando come sentirsi inermi e senza parole di fronte a una calamità più grande di noi potesse darci però anche la forza per sopportare la perdita, la solitudine, la mancanza e riscoprire contemporaneamente la bellezza di ciò che realmente è a fondamento del nostro essere al mondo e nel mondo.
Siamo diventati perciò un luogo fecondo in cui poter dare spazio a nuove parole indirizzate a noi stessi e agli altri, e non solo, anche a una nuova immagine di noi e a un nuovo ritmo di vita. La mascherina che si impone sul nostro viso ci ha cambiato l’aspetto, ma ci ha anche costretti a imparare a parlare molto più con uno sguardo che a parole, a sorridere con il cuore piuttosto che con una semplice smorfia.
Questa nuova “fase 2” iniziata poche settimane fa ci permette un po’ alla volta di riprendere in mano la nostra vita ma con un ritmo sicuramente meno frenetico fatto ancora di giornate in casa e tra pochi parenti e amici e così abbiamo ancora una volta l’occasione di focalizzarci sul nostro pensiero più intimo e ricco di positività.
Perché solamente essendo allo stesso momento pensiero, immagine, ritmo e Silenzio, la parola può ritrovare la sua innocenza perduta e ritornare allora ad avere il volto di vera parola creatrice.
Lasciamo dunque che il Silenzio ci trasformi, ci migliori e ci dia la forza di affrontare ogni sfida che la vita ci offre con la consapevolezza che l’importanza di perdersi nella propria interiorità può salvarci.
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