La questione del male affascina da sempre l’umanità e la filosofia ne parla sin dai suoi albori. Forse perché noi stessi lo facciamo – in diversa misura – o abbiamo la tentazione di compierlo. Lo guardiamo da lontano, analizzandolo, ma lo sentiamo anche da vicino, da vittime o da carnefici.
Perché l’essere più sublime di tutti è anche il più crudele?
Ci chiediamo se questa nostra caratteristica sia frutto di educazione o se sia innata. Ne hanno parlato Platone (1), Aristotele (2), i filosofi e teologi medievali (3), ma anche Kant (4) e Rousseau (5) con prospettive diverse e in sistemi spesso opposti. Il tema, però, è riemerso in maniera prorompente con le guerre mondiali e La banalità del male (6) ne è senza dubbio un esempio filosofico di grandissima fama.
Per il nostro modo di concepire il male è stata fondamentale la psicoanalisi, ma anche gli esperimenti degli psicologi sociali, supportati da studi statistici e dalle svolte tecnologiche che hanno portato allo sviluppo delle neuroscienze. Queste tematiche emergono nelle pagine di Evilicious di Marc Hauser (7), libro dal titolo intraducibile in italiano perché ricorda il suono del sostantivo evolution e unisce due parole come evil (male) e vicious (vizio) (8).
Il termine rimanda all’unione tra aggressività, dipendenza e piacere e si lega ad alcuni meccanismi che per Hauser sono alla base della propensione alla violenze: il diniego della realtà, il disimpegno morale, l’autoinganno e il rapporto con l’autorità (9). Tali espressioni vengono spiegate attraverso esempi concreti ed esperimenti di psicologi sociali, ma anche di biologi ed etologi.
Dal punto di vista filosofico, l’idea di riassumere ricerche di tipo evoluzionistico e di spiegare qualcosa di strettamente morale dal punto di vista neuroscientifico risulta essere stimolante e provocatoria.
Per noi umanisti, un atteggiamento del genere può portare al tanto criticato riduzionismo, ma sfogliando le pagine del libro si ha l’impressione opposta: Hauser complica. Lo fa perché ribalta le nostre intuizioni e non banalizza attraverso le spiegazioni che dà e le conclusioni a cui giunge. Sì, perché in Evilicious l’autore non si limita a esporre e riassumere esperimenti per avvalorare la propria ipotesi, ma tenta anche di dare soluzioni concrete. Lo fa parlando ad esempio della soglia di età valida in certi Stati degli USA, chiedendosi se effettivamente un individuo tra i 16 e i 18 anni possa essere considerato consapevole e, di conseguenza, colpevole; ma anche parlando di globalizzazione e dell’esportazione del nostro stile di vita (10).
Alla base del male, quindi, ci sarebbe una peculiarità nello sviluppo e nell’evoluzione del nostro cervello.
Confrontando l’essere umano con gli altri animali, si nota che solo il primo compie violenze ripetute e su larga scala, affinandole sempre di più. Sicuramente anche altre specie si fanno la guerra, uccidono adulti e bambini, ma solo l’uomo lo fa in maniera devastante. Il motivo, per Hauser, risiede nella capacità combinatoria del nostro cervello e delle sue aree; sta insomma nella creatività, che è ciò che ci rende unici e sublimi, ma è anche ciò che ci rende incredibilmente crudeli (11).
Grazie a Mondadori Università!
(1) Platone ne parla nella Repubblica libro X e nel Timeo.
(2) Aristotele, Etica Nicomachea, III.
(3) Ne parla ad esempio Sant’Agostino. E. Gilson, Introduzione allo studio di Sant’Agostino, trad. it., Casale Monferrato, Marietti, 1983.
(4) Kant ne La religione entro i limiti della semplice ragione.
(5) Interessante a riguardo è A. Del Noce, Rousseau, Il male, la religione, la politica, La scuola, 2016.
(6) Di cui abbiamo parlato in vari articoli: https://www.filosofemme.it/2020/01/27/la-banalita-del-male-un-memento-per-oggi/ , https://www.filosofemme.it/2020/04/13/il-radicamento-la-risposta-di-arendt-al-male-banale/
(7) Marc D.Hauser, Evilicious. Alle radici dell’odio e della crudeltà, Mondadori Università, 2020.
(8) Dall‘Introduzione, L’equazione della crudeltà di Marc Hauser. di Armando Massarenti.
(9) Marc D.Hauser, Evilicious. Alle radici dell’odio e della crudeltà, Mondadori Università, 2020, p.191.
(10) Ivi ,pp. 192-200.
(11) Ivi, p.190.
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