Boris Vian: le contraddizioni di una vita piena

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‹‹L’essenziale nella vita è dare giudizi a priori su tutto. In effetti, sembra che le masse stiano sempre dalla parte del torto, e che gli individui abbiano sempre ragione›› (1).

Suonano così le prime righe della Premessa a La schiuma dei giorni (2), uno dei libri più noti di Boris Vian.

Ci sarebbero tante cose da dire sull’artista francese. È uno di quei personaggi che quando conosci, vuoi approfondire a tutti i costi. E più scopri, più sogni. Dalla vita misteriosa, ma proverbiale e quasi leggendaria; sembra uscito direttamente da un romanzo. Gli amori appassionati, le amicizie famose, il suo restare nell’ombra, ma anche il suo saper scandalizzare; i suoi problemi fisici e la sua precoce morte di crepacuore.


Chi era Boris Vian? Difficile definirlo. Scrittore, poeta, ma anche musicista e cantautore. Conosce gli esistenzialisti, vive nella Parigi del dopoguerra, tra artisti e filosofi. Ha un’esistenza breve, ma intensa.


Compone musica sin da bambino e suona la tromba nonostante gravi problemi cardiaci. Ama il jazz e il teatro, si laurea in ingegneria, si occupa di matematica, ma soprattutto di arte. Un’arte strana, surreale e struggente. Alcuni titoli come Lo strappacuore, La schiuma dei giorni, L’autunno a Pechino e Sputerò sulle vostre tombe (in Italia tutti editi da Marcos Y Marcos e Sellerio) parlano da soli. Quest’ultima opera, scritta sotto pseudonimo, verrà sequestrata negli Stati Uniti per oscenità e offesa alla morale perché parla di razzismo, sesso e violenza (3). Oltre ai romanzi, Vian scrive poesie frizzanti, ma malinconiche, che riassumono splendidamente il suo vitalismo e la sua “filosofia” di vita. Boris se la godeva. Consapevole dei propri limiti, coglieva ogni attimo, ma senza struggimenti e piagnistei

Ci sono tante cose di lui che potrebbero stuzzicare la fantasia anche di noi filosofe. Il suo rapporto con Sartre e soprattutto con Simone de Beauvoir (4). Con la coppia avrà un’amicizia che non sarà però una venerazione, ma che, anzi, è caratterizzata da tanta ironia sul padre dell’esistenzialismo, che ha in quegli anni fama quasi di rock star. Ne La schiuma dei giorni, lo chiama Jean-Sol Partre, nomina una sua presunta opera Il vomito (chiaro riferimento a La nausea) e  mette in scena un personaggio che ne è letteralmente ossessionato e che spende tutti i soldi che guadagna per gli articoli che il filosofo pubblica continuamente (5). 


Vian è legato alla Patafisica, chiara parodia della nostra cara (?) metafisica, definita inizialmente come ‹‹un’ipotetica scienza delle soluzioni immaginarie›› (6) e ancora oggi corrente artistica e letteraria che si sofferma sul non senso e l’ironia.


Le opere di Vian sono piene di patafisica, con situazioni e scene assurde: i suoi personaggi camminano sulle nuvole, suonano pianococktail e hanno le ninfee nei polmoni (7). La patafisica si trova anche nel linguaggio particolare e spesso di difficile traduzione in italiano, fatto di giochi di parole e pregno di riferimenti esterni. 

L’assurdo, però, non è solo nella sua opera, ma anche nella sua vita, che non pare una ricerca continua del senso nel nonsenso – com’è, in fondo, per la maggior parte di noi –  ma piuttosto l’esatto contrario. C’è in lui tanto surrealismo, ma anche tanto crudo realismo. Non è solo un sognatore romantico, come parrebbe in libri come La schiuma dei giorni, ma sa essere anche crudele e osceno. Lo testimoniano il suo scandaloso romanzo Sputerò sulle vostre tombe, ma anche le forti e quasi truculente parole delle sue poesie. Come ad esempio Morirò di cancro alla colonna vertebrale:

Morirò di cancro alla colonna vertebrale/ Accadrà una sera orribile/ Chiara, calda, profumata, sensuale,/ Morirò della putrefazione/ Di certe cellule poco conosciute/ Morirò per una gamba amputata/ Da un topo gigante sbucato da una fogna gigante/ […] Morirò annegato nell’olio di spurgo/ Calpestato da bestie indifferenti/ E, subito dopo, da bestie differenti/ Morirò nudo, o vestito di tela rossa/ O cucito in un sacco con delle lame di rasoio./ Morirò forse senza preoccuparmi / Di verniciare le unghie delle dita dei piedi/ E di lacrime piene le mani. […]/ Morirò nel vedere torturare bambini/E uomini sbigottiti e lividi./ Morirò mangiato vivo/ Dai vermi, morirò/ Con le mani attaccate sotto una cascata/ Morirò bruciato in un incendio triste/ Morirò un poco, molto,/ Senza passione, ma con interesse/ E poi quando tutto sarà finito/ Morirò (8).


C’è tanto di filosofico in queste parole. Vian sembra invitare a cogliere l’attimo, ma anche a prendere tutto con realismo e senza troppo lirismo.


È proprio la mancanza di poesia insita nelle cose che le rende interessanti; è nella loro naturale caducità e nel loro aspetto a volte orribile e scabroso. Noi filosofe sappiamo bene che non dobbiamo fermarci alla superficie delle cose, ma che dobbiamo approfondirle; che non dobbiamo bloccarci alla paura del tuono, ma che dobbiamo sfidarla e capirne il valore. Spesso esso non sembra esserci, ma è la stessa esperienza estetica del tuono ad avere senso per noi. Qui ritorna il significato/non significato della frase citata a inizio articolo. Parole che apparentemente cozzano con il resto del romanzo, delicato e poetico, romantico, possiamo osare dire, ma che, in realtà, non stridono per nulla, perché tutto torna, anche se non sempre è chiaro come.

È in questo paradosso continuo, che si colloca l’opera e l’arte di Vian, ma anche la sua vita, che finisce a soli trentanove anni  in un modo triste, ma anche quasi parodistico: viene colto da una crisi cardiaca dopo l’anteprima della trasposizione cinematografica del suo romanzo Sputerò sulle vostre tombe. Si dice che, prima dell’infarto, egli avesse esclamato «Questi tizi dovrebbero essere americani? Col c***o!» (9).


Di lui restano i suoi romanzi, dolci, fantasiosi ma, a volte, brutali. Le sue canzoni, tradotte anche in italiano, e le sue poesie, che ognuno di noi potrebbe lasciare ‹‹come ultime volontà›› (10).


Di lui restano anche testimonianze di amici, come quella in poesia del grande poeta Jacques Prevért:

Boris giocava alla vita/ come altri giocano in Borsa/ a guardie e ladri/ Ma non come un baro/ signorilmente/ come il topo col gatto/ nella schiuma dei giorni/ tra i bagliori della felicità./ Giocava con la tromba/ come giocava col crepacuore/ Era un buon giocatore/ ininterrottamente rimandava la morte/ all’indomani/ Condannato in contumacia/ sapeva bene che un giorno/ lo avrebbe rintracciato/ Boris giocava alla vita/ e aveva per lei delle attenzioni/ La amava/ come amava l’amore/ da vero disertore dell’infelicità (11).





(1) Boris Vian, La schiuma dei giorni, Milano, Marcos y Marcos, 2005, p.15.

(2) Ibidem.
https://www.youtube.com/watch?v=N5_vcVq_vSE

(3) Cfr.https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/17/storia-appassionata-del-poliedrico-e-geniale-artista-boris-vian/989418/ e http://www.minimaetmoralia.it/wp/essere-boris-vian/

(4) Cfr. https://ilmanifesto.it/boris-vian/

(5) Cfr. Boris Vian, La schiuma dei giorni, Milano, Marcos y Marcos, 2005.

(6) http://www.treccani.it/enciclopedia/patafisica/

(7) Cfr. Boris Vian, La schiuma dei giorni, Milano, Marcos y Marcos, 2005.

(8) Boris Vian, Io non vorrei crepare – prüma dè ìgå ést…, Brescia, GAM, 2008.

(9) https://www.esquire.com/it/cultura/libri/a20102100/vernon-sullivan-boris-vian/

(10) https://www.youtube.com/watch?v=f2V4_Xy3U4Y

(11) Jacques Prevért, Poesie, Milano, Guanda, 1999.