«Purple haze, all in my brain
Lately things they don’t seem the same
Actin’ funny, but I don’t know why
Excuse me while I kiss the sky»Purple Haze – Jimi Hendrix
La bellezza della filosofia risiede nel fatto di trovarla anche nei personaggi più disparati e improbabili. Quanti di voi potrebbero pensare ad un libro sul pensiero di Jimi Hendrix, per di più accostando il cammino e i testi del musicista al pensiero di tre grandi filosofi quali Empedocle, Giordano Bruno e Nelson Goodman? Alberto Rezzi ci riesce, nel suo nuovo saggio La filosofia di Jimi Hendrix. Viaggio al termine del mondo edito da Mimesis Edizioni.
Una spiccata passione, quella del musicista statunitense, per i testi fantascientifici, per le letture che trasportano in altre galassie e mondi, il tutto in chiave squisitamente filosofica e che apra ad un’indagine sul nostro rapporto con la Terra, un aspetto che ricollega anche a una visione ecologista, di come gli elementi naturali vadano rispettati e come anche il nostro stesso mondo cerchi di comunicare con noi la sua sofferenza e il dolore che noi stessi gli affliggiamo.
Hendrix si interroga sovente sul concetto stesso di mondo e sull’idea che comunemente si ha di questo: la sua è una costante ricerca e tensione verso l’altro, ossia l’uscita dalla nostra dimensione del reale, trasformandola in trampolino di lancio circa un’esistenza nuova, una vita altrove per dirla à la Kundera.
Di centrale importanza è inoltre, nella filosofia hendrixiana, la visione della mescolanza, accostabile principalmente al pensiero di Empedocle, di come i quattro elementi convergano tra loro creando una perfetta commistione tra dualità, tra bene e male, tra Philia e Neikos.
L’infanzia di Hendrix non è stata sicuramente delle più tranquille, elemento comune tra molti dei geni del passato e della contemporaneità. Una vita, la sua, segnata da continui spostamenti, da una madre giovane e incapace di dare le dovute attenzioni al figlio, sino alla sua morte prematura che lascerà Hendrix ad affrontare da solo un mondo difficile, sordo e illusorio. Un’esistenza che rasenta sempre la povertà più assoluta, ma accompagnata da una sola certezza: la musica. Quest’ultima è la valvola di sfogo perfetta per le inquietudini degli anni adolescenziali sino all’età più matura, la strada per l’Oz musicale e l’altrove, un vero e proprio prolungamento del corpo di Hendrix, tale da dormirci il più delle volte assieme in uno stretto abbraccio.
La libertà come fuga dagli stereotipi, come dimensione di movimento e di azione così da non rimanere imprigionati all’interno delle strette mura del mondo, fatto di quotidianità e illusione, il tutto per mezzo di immagini che rievocano il vento, l’aria e il volo, ricorrenti nella poetica hendrixiana e simbolo dello svincolo da ogni laccio. Fuga in un altro mondo vale a dire quello dell’immaginazione e della creatività, il tutto attraverso la musica, compagna fedele del giovane musicista.
L’intento è quello di scardinare la concezione comune di un unico mondo, un’”abitudine strutturale” distruttibile con l’ausilio del linguaggio – in tutte le sue forme – e dell’immagine, della poesia e della metafora.
La filosofia hendrixiana rivela anche aspetti altrettanto fatalisti, che svelano una sorta di predestinazione, di esistenza volta ad un fine ben specifico e da perseguire. L’insegnamento di Hendrix è quello di sfruttare al meglio le capacità del nostro linguaggio, delle nostre abilità e dell’arte, memore del fatto che non basta cambiare stato per fuggire dalla sofferenza e dall’oppressione, ma talvolta vige la necessità di andare ben oltre, di allungare l’occhio al di fuori da concetti preconfezionati a cui siamo abituati sin da piccoli. Una vera e propria metempsicosi al contrario, la quale anziché farci cadere nel mondo terreno per espiare i nostri peccati, ci innalza in galassie lontane per purificarci invece dal malessere terrestre e quotidiano.
Grazie a Mimesis Edizioni!
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