Arete di Cirene: il trionfo del sapere

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Non ci sono grandi fonti sulla sua vita e con tutta probabilità non abbiamo sentito di frequente il suo nome durante una qualsiasi lezione di filosofia antica – liceale o universitaria che sia – eppure Arete di Cirene è esistita, nello specifico nel IV secolo a.C. 

Arete fu figlia e scolara del più celebre Aristippo, noto per essere stato studente di Socrate e fondatore della scuola cirenaica, frutto degli insegnamenti che il maestro ateniese gli impartì.


La figlia non fu da meno, soprattutto se si tiene conto della condizione femminile in quegli anni: le donne abitavano la casa ed erano assenti all’interno della vita della poleis.

Una donna che si impegnò nell’istruzione, sino a ereditare la direzione della stessa scuola del padre: un ruolo non da poco e con forza voluto da Aristippo, il quale incentivò il proseguimento degli studi della figlia e la costruzione di un ruolo emergente all’interno di una società prettamente maschile. 

Non possiamo dire con certezza quale fosse il suo pensiero nello specifico, ma presumibilmente accolse la filosofia del padre e della sua scuola, sino a tramandarla al figlio: Aristippo il giovane. 

La scuola cirenaica fu fondata all’incirca nella prima metà del IV secolo a.C. e si pose come primo obiettivo il problema della felicità e della moralità nell’uomo.

Quella di Aristippo, Arete e dei loro seguaci fu una teoria della conoscenza incentrata sulla sensazione: unica guida dell’individuo all’interno del mondo, dà il nome alla corrente edonistica, in virtù del fatto che il fine ultimo dell’uomo fosse proprio il piacere. 


Un piacere che, tuttavia, è fuggevole e momentaneo.


A differenza del pensiero epicureo non si parla mai di un piacere duraturo, catastematico (1), dunque di un qualcosa di statico. Al contrario, l’uomo è mosso principalmente dalla particolarità, dall’incessante movimento verso il nuovo e che vede il suo totale compimento solo tramite la sensazione (2). 

Si parla allora di un qualcosa di volubile e insito nel presente, un bisogno che non può avere ramificazioni nel passato o previsioni del futuro.

Una vita dedita al piacere, sì, ma pur sempre limitato ed equilibrato, volto cioè alla mancanza di materialismo, come lo stesso Aristippo sostenne: «Posseggo, non sono posseduto» (3).


Arete di Cirene fu una donna circondata da uomini ma che nonostante questo è stata in grado, in una società fallocentrica, di farsi strada e di ispirare schiere di filosofi che l’hanno vista come maestra e guida. 


Pur nella scarsità di notizie che la riguardano, Arete ci mostra una figura femminile che emerge grazie alla sua intelligenza e alla perseveranza nell’affacciarsi fuori dalle mura dell’oikia (4) per portare avanti non solo un pensiero, ma una scuola di pensiero.

Pur appartenente a una società che dista da noi decine di secoli, ci lascia un’eredità e un monito: non sono i ruoli decisi per noi a stabilire cosa possiamo fare e cosa no.

  1. La pura assenza di turbamento, di dolore, un piacere statico. 
  2. http://www.treccani.it/enciclopedia/scuola-cirenaica_%28Dizionario-di-filosofia%29/
  3. Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero, La filosofia: dalle origini ad Aristotele, Torino: Paravia, 2009, p.165.
  4. Termine che designa abitazione.