Nel 1870 nasce la “madre della pedagogia”: Maria Montessori; donna poliedrica del novecento italiano nota per aver ideato un nuovo metodo educativo che prende il suo nome.
Ciò che più incuriosisce di lei è il perseguimento del filone Deweyano: l’attivismo pedagogico (1) tra i cui pilastri c’è il puerocentrismo educativo, il rispetto dello sviluppo spontaneo del bambino con particolare attenzione ai propri interessi e l’individuazione dei processi di insegnamento/apprendimento per garantire una “scuola su misura di bambino”.
Ma cosa si intende col termine “scuola su misura”?
Nell’opera Il bambino in famiglia Montessori sottolinea che la singolarità dell’essere umano è data dall’incarnazione che animerà il corpo del bambino, garantendone l’uso della memoria, la facoltà della parola e il potere di agire. All’incarnazione si aggiunge poi la “crescenza” intesa come la condizione comune a ogni essere umano per la quale tutti abbiamo uno spirito creatore che fa di noi un’opera d’arte della natura, ma questo è da intendersi come un lungo lavoro interiore per formare la personalità umana (2).
È evidente la svolta apportata dalla prospettiva pedagogica montessoriana rispetto ai secoli storici precedenti, caratterizzati da un “misconoscimento” della figura del bambino e dall’incomprensione della sua natura costituita da bisogni, necessità e diritti che devono essere rispettati e riconosciuti. Qui entra in gioco l’adulto che risulta essere una figura fondamentale per rendere agevole l’inizio della vita del neonato promuovendo lo sviluppo sensoriale e l’apprendimento.
Montessori insiste sul rispetto della natura del bambino e sottolinea che «Le radici di ogni pianta cercano, tra le molte sostanze che il suolo contiene, solo quelle di cui la pianta ha bisogno» (3). Il “mediatore” del bisogno dell’infante è l’adulto, inteso da Montessori come «maestro d’amore» (4) per indicare il suo intervento educativo come atto d’amore volto a garantire all’infante una libertà sempre maggiore in ogni ambito.
L’obiettivo dell’adulto non deve essere quello di plasmare a proprio piacimento il bambino, bensì di lasciarlo libero di plasmare se stesso da solo, partendo dalle sue forze e sviluppando da sé le sue capacità.
Da questo punto di vista Montessori riconosce il principio secondo il quale è la scuola che deve adattarsi al bambino e non viceversa; dunque è necessario costituire un ambiente educativo adatto a favorire lo sviluppo umano, un ambiente che sia creativo e fonte di stimoli continui dove il primato è dato all’interesse del bambino, riconoscendo gli istanti preziosi della concentrazione per utilizzarli in ogni gesto che egli metterà in atto.
Se si guarda ai nostri giorni è possibile ritrovare molte delle problematiche pedagogico-educative messe in luce da Montessori. Eccone un esempio: spesso i genitori e la scuola fanno lo stesso errore di educare in funzione del futuro del bambino, trascurando il presente e giudicando come dei “capricci” alcuni comportamenti che sono semplici sintomi di malessere o di bisogno.
Dunque, cosa “sbaglia” l’adulto?
Egli spesso non comprende il profondo amore che il bambino prova verso di lui; è un amore vero e sincero che deve essere reciproco e per questo occorre aiutare i genitori di oggi a vedere la realtà da un altro punto di vista, ossia attraverso lo sguardo puro e sincero di un bambino che deve essere rispettato e guidato nel suo sviluppo umano (5). Purtroppo però, appena ci immergiamo nell’educazione elementare odierna vediamo che i bambini passano ore e ore seduti davanti all’insegnante e devono prestare attenzione per tempi molto lunghi. Nelle classi di oggi vige ancora la legge del “determinismo” per la quale ogni lezione si sussegue all’altra in maniera fissa e stabile provocando la repressione di qualsiasi tipo di motivazione intrinseca per mezzo dell’apprendimento.
Quello che ci si chiede è: il metodo Montessori può essere applicato solo con bambini da zero a sei anni oppure anche con bambini più grandi?
Se analizziamo l’impartizione dell’insegnamento nella scuola primaria e secondaria è spesso coglibile lo stato di noia dell’alunno che ci induce a pensare che andare a scuola non serva a niente (6). Questa situazione dovrebbe essere letta come un invito a rivedere il nostro modello educativo, che purtroppo favorisce la competitività portando gli alunni ad essere etichettati con un voto e lasciando da parte la natura umana e l’obiettivo educativo: motivare e incentivare l’alunno a capire la realtà che lo circonda.
(1) Maria Montessori, il bambino in famiglia, Garzanti, 2018, p. 36.
(2) Ivi, p. 54.
(3) Maria Montessori, La mente assorbente, Garzanti, 2017, p. 112.
(4) Maria Montessori, Il bambino in famiglia, Garzanti, 2018, p. 86.
(5) P. Sartori, P. Scalari, Adulto e bambino. Una relazione per crescere. Esperienze e riflessioni sulla prevenzione al disagio minorile, Marsilio, 1991, pp. 81-84.
(6) http://www.tuttoscuola.com/fare-scuola-oggi/
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