Gli omini di Keith Haring tra immagine e simbolo
Tutti e tutte conoscono Keith Haring. Seppur non viviamo più negli anni Ottanta, in cui si poteva assistere alla sua crescita ed espansione, l’artista lo conosciamo per i suoi omini stilizzati che lo hanno reso simbolo della cultura pop in tutto il mondo.
È facile rimanere conquistati dal suo estro artistico: usa un tratto semplice e riconoscibile che fa sì che l’opera sia accessibile per chiunque. Infatti, è proprio lui a fondare la Popular Art che ha l’obiettivo di avvicinare più persone possibili all’arte.
Per questo motivo potremmo definire il suo lavoro comunicabile, comprensibile e fruibile.
Haring inizia a farsi conoscere grazie a una combinazione perfetta di tre elementi: la metropolitana newyorkese, un gesso bianco che segna la carta nera incollata sui manifesti pubblicitari e i viaggiatori che, senza pagare alcun biglietto, si godono la vista di qualcosa di nuovo e innovativo.
Keith Haring nasce il 4 maggio del 1958 in Pennsylvania e oltre ad essere artista è attivista per la difesa dei diritti delle persone discriminate etnicamente e per orientamento sessuale, lotta contro la politica del tempo e le guerre che portavano solo a distruzione. Tra il 1976 e il 1978 studia grafica a Pittsburg, poi quando ha 19 anni si trasferisce a New York per frequentare la School of Visual Arts.
Nei primi anni Ottanta, Haring inizia a esibire i propri disegni al Club 57, entrando in contatto con artisti e musicisti che frequentano il locale newyorkese. Da metà degli anni Ottanta, per l’autore inizia il riconoscimento a livello internazionale. Realizza ed espone opere in tutto il mondo: dall’ Australia al Brasile fino alla Francia, poi in Olanda e in Germania.
Nel 1989 dipinge a Pisa il suo ultimo grande murales dedicato alla pace universale e intitolato Tuttomondo. Haring muore il 16 febbraio nel 1990 per alcune complicazioni legate alla sua malattia, l’AIDS.
L’asteroide Haring impatta, quindi, sulla società e le sue influenze riusciamo a vederle ancora oggi. Di quali influenze stiamo parlando? Del contributo artistico che ha permesso lo slancio, lo sviluppo dei concetti di immagine e simbolo.
C’è stata una mostra nel 2018 all’Albertina di Vienna intitolata Keith Haring-The Alphabet.
«Molti possono avere sempre pensato che le opere di Keith Haring non fossero altro che un’espressione un po’ pop e street dell’immaginario metropolitano, combinato con quello della cultura di massa e dei mass media, un mix simbolico fra arte di strada e mondo dei cartoni e dei comix. Eppure, queste vivaci figurette animate, così apparentemente semplici nella loro grafica naive e minimal, sono parte di una complessa e ricca simbologia, di un alfabeto fortemente personale ma estremamente potente che Haring aveva creato, e che ora è stato decifrato» (1).
Haring ha creato un alfabeto-immagine con i suoi omini stilizzati, non solo soggetti inanimati per realizzare un’opera.
Cosa vuol dire creare un alfabeto? Indica l’aprirsi di una nuova prospettiva sul significato e il simbolo che questi omini stilizzati rappresentano.
Significa compiere un passaggio da un’analisi superficiale del lavoro dell’artista, cioè dal contemplare i soggetti come fini a se stessi o come una scelta puramente casuale, a un’analisi molto più profonda ricca di messaggi che vanno decodificati e comunicati.
La Folla trasmette la forza e se ne fa simbolo. Forza piena di potere e di invincibilità collettiva contro un sistema sociale opprimente, ma anche forza come massa omologata e alienata che può essere facilmente piegata e plasmata.
Il cane si riferisce alla culto egiziano, in particolare del dio Anubi, guardiano del regno della morte. Con questo simbolo l’artista fornisce la possibilità di aprire una riflessione sulla morte portando l’attenzione sulla ciclicità della vita: si nasce e si muore e così in eterno. Spesso, infatti, questa figura è rappresentata in movimenti di danza, perché vita e morte danzano insieme.
La figura con la “X” o un buco nello stomaco mostra la riflessione sull’aspetto psicologico dell’individuo. Con questi segni si simboleggiano il vuoto dentro ognuno di noi ma anche il marchio, l’etichetta con cui ci muoviamo nella società.
«Talvolta queste figure sono decapitate o con le braccia in alto come a dire “non sparare” e con esse l’artista intendeva prendere una forte posizione critica nei confronti degli eventi della propria epoca, soprattutto quelli che lo toccavano direttamente come la crisi dell’AIDS, ma anche quelli che riguardavano altre minoranze come lo stato d’emergenza dell’apartheid in Sud Africa o la guerra del Vietnam e le stragi di innocenti che stava provocando» (2).
L’abbraccio è la massima espressione del simbolismo di tutta l’arte di Haring.
Parla di solidarietà e amore fra tutti gli uomini e le donne. Abbraccia il concetto di alterità dove chiunque, indipendentemente dal proprio colore della pelle, dalla propria identità di genere, dal proprio status sociale, viene accolto e incluso.
Sono solo alcune delle immagini-simbolo dell’alfabeto di Haring ed è straordinario osservare come questo lavoro permetta di ampliare il concetto stesso di immagine e di simbolo.Nella preistoria si comunicava per immagini e per simboli, l’esigenza di ampliare lo spettro comunicativo utilizzando un linguaggio è nata dopo. La storia della filosofia dell’immagine ci mostra come prima forma di comunicazione le immagini allegoriche che i greci utilizzavano per trasmettere la conoscenza e avvicinarsi alla verità.
L’immagine va vista e con lo sguardo è possibile una via per la conoscenza del reale, quindi arrivare all’essenza del mondo. Con l’evoluzione della società e dell’uomo, l’immagine si è trasformata fino ad ottenere una forma complessa.
Nell’epoca attuale l’immagine è una forma totalmente indipendente, potremmo dire essere un ulteriore linguaggio di comunicazione, molto probabilmente il più efficace perché parla all’universalità. Le immagini, infatti, rivestono un ruolo centrale nella cultura di massa, nella politica, nelle riflessioni sulla psicologia umana e sulla società. E questo lo aveva intuito e rappresentato con estrema chiarezza proprio Haring e il suo alfabeto ce lo dimostra.
Per informare, denunciare, sensibilizzare è l’immagine dell’omino stilizzato che viene usata. L’omino è simbolo della via per la conoscenza delle idee di questo grande artista, idee che parlano di aspetti che caratterizzano la vita di ognuno e la vita del cittadino che abita il mondo.
L’immagine «è il luogo per eccellenza dell’intersezione tra forze diverse (apparati, istituzioni, discorsi, corpi) e il mediatore di tutte le modalità di interazione tra individui e comunità» (3).
(1) https://artslife.com/2018/04/01/lalfabeto-segreto-keith-haring-mostra-vienna-svela-significato-dei-suoi-simboli/
(2) Ibidem.
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