Maria Lai e la filosofia del vuoto

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1905

Maria Lai, la “bambina” che con grande serietà gioca con l’arte, è stata una grande artista contemporanea italiana, la cui fama e importanza stanno crescendo nel tempo. 

Nasce a Ulassai nel 1919 e sin dalla giovane età è totalmente affascinata e attratta dal mondo dell’arte. Infatti, il suo primo incontro con il mondo artistico avviene nel 1933 posando per Francesco Ciusa per il ritratto della sorellina scomparsa prematuramente. 

Frequenta la scuola secondaria a Cagliari, dove conosce lo scrittore Salvatore Cambosu che, ammaliato dalla creatività e apertura verso l’arte di Maria Lai, la incoraggia a seguire questa strada. Nel 1939 si trasferisce a Roma per iscriversi all’Istituto d’Arte di via Ripetta per seguire le lezioni dello scultore Renato Marino Mazzacurati.


Completati gli studi si sposta a Verona e successivamente a Venezia, per frequentare l’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Arturo Martin. Il loro rapporto segnerà nel profondo l’anima di Maria Lai e la poetica delle sue opere. 

Rientra a Cagliari nel 1945 e riscopre il desiderio di continuare il suo percorso d’artista frequentando nuovamente Salvatore Cambrosu che, all’epoca, insegna nelle scuole elementari della città. 

Qualche anno più tardi, nel 1956 ritorna a Roma e nel 1957 la sua prima mostra personale ha l’occasione di essere fruita nel contesto della galleria l’Obelisco. La critica ricevuta delude intimamente l’artista, che decide di prendersi una pausa di riflessione in cui riscopre il mondo dei poeti e degli scrittori.

Maria Lai, tuttavia, non abbandona il suo amore per l’arte e nel 1971, presso la Galleria Schneider di Roma, presenta i primi Telai, un ciclo che caratterizza i dieci anni successivi della sua carriera, avvicinandola ai temi dell’arte povera. 

Nel 1975 crea le Tele cucite e inizia a collaborare con la galleria Arte Duchamp di Cagliari. Partecipa all’evento collaterale della Biennale di Venezia, Materializzazione del linguaggio, con i Libri cuciti, mentre nei primi anni Ottanta si dedica a delle opere sul territorio che le varranno gli esiti più significativi della sua opera totale. 


La sua opera più grande la realizza nel 1981 a Ulassai con la performance collettiva Legarsi alla Montagna, definita nel 1998 dal critico d’arte Nicolas Bourriaud come arte relazionale. La performance consiste nell’unione tramite nastro celeste di tutte le case del paese con la montagna. 

A partire dagli anni Novanta dà vita a una serie di interventi di arte pubblica che confluiranno nell’inaugurazione della Stazione dell’Arte, museo di arte contemporanea a lei dedicato che custodisce le opere più significative del suo percorso artistico.


Il 16 aprile 2013 muore all’età di 93 anni. 


Le opere di Maria Lai appartengono a tutti e tutte perché chiunque fa parte del suo grande e innocente gioco. Un gioco fatto di incastri, partecipazione e condivisione, di spazi e vuoti e di relazione con l’altro. 

Un gioco che stimola il sogno, l’immaginazione e la ricerca delle domande dell’esistenza attraverso la creatività e la manualità che caratterizzano le sue creazioni.

Non si accontenta Maria Lai, non si è accontentata nella sua vita seguendo le sue passioni e non si accontenta nel suo percorso artistico cambiando idee, cambiando materiali, cambiando soggetti: segno di un’apertura totale nei confronti del mondo intero.

Nei suoi lavori utilizza tecniche diverse, dalla pittura al cucito, e materiali diversi come stoffe e telai, per ricreare i lavori gentili e accoglienti tipici delle donne del suo paese: il lavoro fatto da madri, zie e nonne.

Quello che caratterizza tutte le sue opere, che è alla base del suo atteggiamento come donna d’arte, è il vuoto.


«La necessità del vuoto perché si compia lo sguardo. […] C’è l’oggetto dell’arte, su questo si poggia lo sguardo, la direzione e il punto d’arrivo sono sempre imprevedibili. […] L’opera d’arte non la so mai: se la so non riesco, l’opera non riesce. […] Il progetto non è niente, una traccia e basta. […] Quando inizio il viaggio non devo sapere dove sto andando, devo preparare la mente perché questo miracolo si compia, si può forse compiere. […] Però è necessario il vuoto: è sul vuoto che gioca tutta la scultura, tutto ciò che è arte figurativa. Non gioca sul pieno, solo sul vuoto» (2).

Sul vuoto gioca tutta l’arte di Maria Lai, senza questo vuoto non esiste l’opera. C’è bisogno di muri bianchi, stanze deserte, paesaggi aperti per vedere il genio artistico in azione e per far compiere il miracolo.

Miracolo che è pienezza nel vuoto. Non possiamo avere un libro cucito all’interno di uno spazio occupato da un telaio, non possiamo avere una scultura all’interno di un quadro. Lo spazio è già pieno, e se è pieno è già determinato, non c’è nulla da scoprire, non c’è viaggio, non c’è meraviglia e infine miracolo

E Maria Lai necessita del vuoto perché deve compiersi lo sguardo dell’arte come lo sguardo di filosofi e filosofe che hanno fatto e fanno la Filosofia e la sua storia. 


Lo stesso sguardo dei pitagorici e degli atomisti che come lei hanno creduto nell’importanza dell’assenza da riempire.


«I Pitagorici ammisero uno spazio vuoto, in cui si compirebbe la respirazione del cielo, e un altro spazio vuoto, che separerebbe le nature l’una dall’altra, formando la distinzione tra continuo e discreto; questo si troverebbe anzitutto nei numeri e separerebbe la loro natura» (2).

Vuoto come respiro che dà vita, come potenza della creazione, come separazione di forme della natura e distinzione tra gli enti. Per i pitagorici il vuoto è la base per la successione dei numeri e per la loro separazione e differenziazione. 


Anche per Maria Lai il vuoto è la vita in potenza, vita dell’opera d’arte che sta per respirare e che si differenzia e distingue nel suo spazio. 

Per gli atomisti il vuoto è il principio ontologico degli esseri che richiama dialetticamente il suo opposto: il pieno. Rappresenta quello spazio infinito tra gli atomi che permette il loro movimento e la loro aggregazione

Così ritorna l’artista: il vuoto è il principio dell’essere dell’arte, perché richiama la sua pienezza e il suo movimento nel mondo. 


«L’opera d’arte occupa un piccolo spazio, ma come l’atomo può sconvolgere uno spazio immenso» (3).

  1. Il vuoto nell’arte breve intervista presente nel Museo Stazione dell’Arte a Ulassai
  2.   Aristotele, Fisica, IV, 6
  3. https://sardiniamood.com/maria-lai/ 

BIBLIOGRAFIA:

M. Lai, Come un gioco, AD-Arte Duchamp, Cagliari, 2002

Aristotele, Fisica, Bompiani, Milano, 2011

SITOGRAFIA:

https://www.raicultura.it/arte/articoli/2019/10/Maria-Lai—9535b4c0-fda1-4260-8e23-99ff92b3d548.html

https://www.ilpost.it/2013/04/16/maria-lai/
https://www.youtube.com/watch?app=desktop&feature=emb_logo&v=G3_wA3Wg5js

https://www.youtube.com/watch?app=desktop&feature=emb_logo&v=G3_wA3Wg5js

https://www.vistanet.it/cagliari/2020/08/23/sardi-famosi-maria-lai-una-delle-piu-grandi-artiste-italiane-contemporanee-3/

http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=2436&s=17&v=9&c=4460&id=132108

http://rivista.senzacornice.org/#!/articolo/123

https://www.giannellachannel.info/maria-lai-artista-sarda-bambina-antichissima/

https://sardiniamood.com/maria-lai/
https://storielibere.fm/morgana-maria-lai/

https://it.wikipedia.org/wiki/Vuoto_(filosofia)#:~:text=Il%20termine%20vuoto%20(aggettivo%20e,mancanza%20di%20una%20qualsiasi%20materia.

https://www.treccani.it/enciclopedia/vuoto_%28Dizionario-di-filosofia%29/

IMMAGINE DI COPERTINA: Maria Lai | foto © Daniela Zedda. utilizzo non commerciale https://www.professionearchitetto.it/mostre/notizie/26075/100-anni-di-Maria-Lai-L-Italia-intera-celebra-l-artista-di-fili-e-telai-ecco-le-mostre