«L’amore domanda amore. Lo domanda… ancora». Così scrive Jacques Lacan del XX libro de Il Seminario. La domanda d’amore è continua e non trova mai soddisfazione. Ma è davvero possibile interrogarsi sull’amore e spiegare l’amore? O ancora, lo si può ridurre a un semplice concetto?
In realtà, è più necessario parlare d’amore poiché nessuno sa realmente cosa sia, ma ciascuno domanda di essere amato.
La prima vera teoria sull’amore ci giunge dalla Grecia antica, esattamente da Platone, che all’amore dedica uno dei suoi dialoghi più riusciti: il Simposio. Nel Simposio Platone considera prevalentemente l’oggetto dell’amore, cioè la bellezza, in quanto individua nell’eros l’unica guida in grado di condurre l’anima alla contemplazione del bello. Nel dialogo platonico una sequenza di personaggi tiene un discorso sull’amore, Socrate è l’unico che non espone una propria teoria, ma riporta quella ascoltata un tempo da Diotima, sacerdotessa di Mantinea. Così Socrate parla per bocca di una donna sapiente, perché è lei che gli insegna l’amore e Platone sceglie Diotima per esporre la sua concezione dell’eros.
Colpisce molto l’intensità con cui Socrate mostra di aderire a quanto espone, rendendo il discorso intorno all’amore come la narrazione di una verità assoluta:
«Dirò il discorso su Amore che ascoltai una volta da una donna di Mantinea, di nome Diotima, la quale era sapiente su ciò e su molte cose. Consigliando gli Ateniesi a fare sacrifici ritardò l’epidemia di peste di dieci anni e fu proprio lei che mi istruí sulle cose d’amore. Tenterò dunque di riportarvi, cosí da me solo e per quanto ne sarò capace, il discorso che lei fece a me» (1).
Dunque, una presenza femminile guida il filosofo nella tensione erotica dell’amore come bisogno di conoscenza. Il desiderio amoroso ambisce a qualcosa che non possiede, ed è quindi mancanza. Platone vede l’eros come unione di due unità, come aspirazione di completezza.
Philip Roth, noto scrittore americano, invece non accetta la concezione platonica. Per il grande romanziere l’amore non è ricostituzione dell’intero, anzi, spacca, frantuma, lacera e divide:
«L’unica ossessione che vogliono tutti: l’amore. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due».
Per Roth l’amore divide perché ci rende vulnerabili rispetto all’amato, in balia dell’altro, portando alla luce il nostro stato di incompletezza.
Secondo Sartre, pensatore tra i più significativi del Novecento, l’essenza dell’amore è tutta «nell’essere attesi» (3) dall’altro, cioè nel sentirsi scelti e desiderati per la propria specificità. Inoltre, per il filosofo francese, ogni amante desidera essere tutto per l’amato, senza però nuocerne la libertà che è considerata condizione essenziale per un amore autentico.
Interessante è lo scambio epistolare tra Sartre e la sua amata, Simone De Beauvoir, filosofa e madre del femminismo. I due pensatori sono stati legati l’un l’altra per tutta la vita e le loro lettere erano racconti peccaminosi, intensi e passionali. Così scrive Sartre a De Beauvoir, nel giugno del 1940:
«Sono ancora completamente legato a te, posso sentirti contro di me. Ti amo con tutto me stesso. Molte volte al giorno ho piccoli umili desideri, individuali e semplici, vorrei essere accanto a te per baciare le tue piccole guance. Ti amo» (4).
Dunque la domanda sulla natura dell’amore, in ogni epoca e in ogni latitudine, tormenta filosofi, scrittori e pensatori illustri. Novalis intende l’amore come un mistero inspiegabile:
«Pochi sanno il mistero dell’amore
sentono fame insaziabile
e sete eterna.
Il simbolo divino
della Cena
è un enigma per i sensi terreni.» (5)
L’amore, però, non è inteso solo come un mistero, ma spesso viene descritto come un miracolo, il miracolo dell’incontro.
Esso arriva all’improvviso, per caso, come una straordinaria sorpresa, un evento non programmato. La vista della persona amata irrompe nell’ordinario e stravolge ogni cosa, aprendo un abisso verso l’ignoto. Nel miracolo dell’incontro, per lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati, quello che viene colto sono sempre porzioni, pezzi e frammenti di corpo: «sguardi, profumi, colore dei capelli, o degli occhi, abiti, silhouette» (6). La visione dell’amato è dunque fatta di dettagli e di piccole rivelazioni.
Sì, l’incontro d’amore avviene per caso, ma gli amanti sono mossi dal desiderio che questo incontro si trasformi in un “per sempre”, è la scommessa della durata.
Tutti cercano l’amore, l’unione e la rottura che esso comporta, ma soprattutto l’incontro e la promessa della durata.
Una cosa è certa, amando impariamo a uscire da noi stessi e accettiamo di aprirci all’Altro donandogli il valore assoluto, che prima riservavamo solo alla nostra interiorità.
(1) Platone, Fedone in Apologia, Simposio, Fedone, trad. it. di A. Cerinotti e G. Giolo, Giunti Editore, Milano, 2010, 201d.
(2) P. Roth, L’animale morente, Einaudi, Torino, 2002, pp. 73-74.
(3) M. Recalcati, Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore, Feltrinelli, Milano, 2019, p. 31.
(4) https://circololettori.it/2016/10/07/lettere-sartre-de-beauvoir/
(5) http://www.readme.it/libri/Filosofia/Canti%20spirituali.shtml
(6) M. Recalcati, Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore, Feltrinelli, Milano, 2019, p. 26.
Immagine di copertina: https://www.moma.org/collection/works/79933 utilizzo non commerciale
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