La libertà nella democrazia digitale

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Democrazia digitale

Spesso il Socrate dei dialoghi platonici inizia con il domandare al proprio interlocutore una definizione del tema preso in esame. 

Anche nel nostro caso, partire con la definizione del concetto di democrazia può esserci utile per provare a spianare il terreno  alle riflessioni che affronteremo. 


Democrazia: Forma di governo in cui il potere risiede nel popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici diversi. (1)


Questa definizione riesce ad essere valida per tutte le tipologie di democrazia che si sono susseguite nel corso dei millenni: da Atene, alle forme democratiche moderne. In tutte è valso lo stesso concetto cardine: è il popolo che comanda se stesso, ma attraverso qualcuno o qualche cosa che si pone nel mezzo. I greci provarono a superare l’interposizione tra il popolo e il potere, ma chi partecipava alla vita politica dell’agorà era una piccolissima parte della popolazione e il suffragio universale era un’idea ancora lontana.

Il concetto di stato democratico moderno iniziò a svilupparsi tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, grazie alla diffusione delle idee illuministe, coronate dall’esperienza della rivoluzione francese in Europa e dalla rivoluzione americana nel nuovo continente. La democrazia iniziò a basarsi su fondamentali idee cardine, che valgono ancora oggi: uguaglianza e libertà del popolo nel decidere per se stesso. Ovviamente la possibilità che sempre più persone potessero avvicinarsi alla vita pubblica (grazie all’ampliamento del diritto di voto e all’estensione della partecipazione a fette sempre più ampie della popolazione) comportò un aumento evidente della complessità del governo e degli organi rappresentativi del popolo. Kelsen, filosofo e teorico del concetto di democrazia scrisse:

‹‹La democrazia può quindi esistere soltanto se gli individui si raggruppano secondo le loro affinità politiche… cosicché, fra l’individuo e lo stato, si inseriscono quelle formazioni collettive che, come partiti politici, riassumono le eguali volontà dei singoli individui›› (2).


Se per Kelsen la rappresentanza dei partiti è fondamentale, per i cittadini occidentali di fine Novecento essa risultava limitante.


A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, infatti, i partiti iniziarono il loro periodo di decadimento, causato dalla percezione sempre più negativa che i cittadini avevano nei loro confronti. I partiti sembravano perdere la connessione con le persone, che non vedevano più rappresentate le proprie esigenze e che li percepivano come organismi sempre più corrotti, anche a causa del fatto che la loro principale fonte di sostentamento iniziava a coincidere con il finanziamento statale.

‹‹Un Paese come l’Italia sino a pochi decenni fa si segnalava in Europa per i più alti indici di membership, grazie alla capillare presenza territoriale in particolare dei due partiti maggiori: nel 1980, ad esempio, i partiti politici attraevano come propri membri il 10 per cento dell’elettorato. A partire dagli anni 90 questo quadro subisce un vero e proprio stravolgimento, facendo rilevare un numero di iscritti pari al 4 per cento›› (3). 

È in questa fase di disillusione nei confronti della politica e della democrazia che i media iniziano a giocare un ruolo sempre più importante. L’unica strada vincente per riavvicinare i cittadini alla vita politica risulta essere la personalizzazione, per cui si passa dalla centralità del programma e del partito alla centralità del leader politico. Il leader, sfruttando la logica mediatica, assume le caratteristiche del cittadino medio: parla come lui, lancia messaggi a lui affini, per fare in modo di creare un legame potente di fiducia nei suoi confronti.


Se questo risulta vero nell’era della televisione, con l’avvento del web e dei social media la personalizzazione si trasforma in iper-personalizzazione e la pervasività del leader assume caratteri esponenziali.


I social si identificano come gli strumenti utili ai cittadini per far valere la propria opinione e, grazie a questi, chiunque può sentirsi parte attiva di una democrazia che apparentemente restituisce la libertà di esprimere la propria voce, ma siamo certi che la libertà percepita sia realmente tale? I post, le notizie e i messaggi che si trasmettono via social avvengono in un ambiente iperconnesso, rapido e privatizzato. Tutto ciò permette uno scarso controllo sui contenuti fruiti dagli utenti e il web risulta il terreno più fertile per il proliferare delle cosiddette fake news, che nel corso degli ultimi anni hanno fortemente contribuito all’indirizzamento dell’opinione pubblica, anche su scelte politiche importanti, come il caso della Brexit.

‹‹Il caso più eclatante è quello della manipolazione dell’esito del referendum con il quale, il 23 giugno del 2016, gli elettori britannici hanno deciso di uscire dall’Unione europea. Ci sono voluti due anni di ritardo, e la coraggiosa azione investigativa di un giornalista dell’Observer per ricostruire la fitta trama di condizionamenti esterni – anche da parte di potenze straniere – che hanno stravolto il risultato finale›› (4).


Quest’ultimo caso citato fa emergere la domanda più importante della nostra riflessione: all’interno di questa democrazia digitale, come si declina il concetto di libertà che si trovava alla base dell’idea di democrazia moderna illuminista?


Libertà significa possibilità di scelta, ma la verità è che si può scegliere solo conoscendo approfonditamente le opzioni in gioco. Con il bombardamento quotidiano di fake news e la campagna elettorale social costante da parte dei nuovi leader possiamo dirci veramente liberi? La situazione nella quale siamo immersi sembra essere un Matrix: tutti si sentono apparentemente liberi in un mondo che in realtà è costruito e indirizzato dall’esterno. Ad oggi lo scenario futuro è ancora aperto, ma per scoprire se i social media potranno diventare i veri strumenti di una nuova e-democracy non resta che capire se le regole di questi mezzi cambieranno e se noi saremo disposti a promuovere il cambiamento, attraverso una maggiore conoscenza delle piattaforme che utilizziamo e una maggiore responsabilizzazione del nostro comportamento in rete. La partita è aperta.





(1) In Vocabolario Treccani

(2) H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia, citazione presente in S. Petrucciani, Modelli di Filosofia Politica, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2003, p. 197.

(3) M Calise, F. Musella, Il principe digitale, Editori Laterza, Roma, 2019, p. 69

(4) M Calise, F. Musella, Il principe digitale, Editori Laterza, Roma, 2019, p. 63.