La casa editrice Mimesis, per la collana Relazioni Pericolose, pubblica Manifesto per un nuovo femminismo, a cura di Maria Grazia Turri.
È infatti la sua penna che stende l’introduzione, ma questo è un testo corale, in cui tredici voci si approcciano ad altrettante tematiche attraverso tredici parole chiave, che danno il titolo a ogni capitolo:
Incertezza, In-differenza, Inquietudine, Ironia, Libertà, Natura, Pornografia, Scienza, Sesso, Simboli, Specchio, Stereotipi, Virilità.
Un ordine alfabetico che sembra portare all’interno di un mini dizionario dove ogni termine contiene un piccolo universo che i femminismi hanno visitato, osservato, analizzato, costruito, decostruito.
Incertezza ci introduce alle sfumature che stanno tra le voci che costituiscono le dicotomie con cui osserviamo la realtà: razionale-emotivo, uomo-donna, maschio-femmina. Solleva il velo che copre il binomio biologia-cultura, che paiono farsi la guerra sulla scia di giusto-sbagliato, ma gli studi epigenetici – che meraviglia – aiutano a comprendere che biologico=naturale=giusto è un’argomentazione fallace e che il superamento delle dicotomie è l’unica strada per combattere la paura dell’altro.
In-differenza (è incredibile come un piccolo trattino sia sufficiente a configurare una nuova parola, quindi un nuovo pensiero, quindi una nuova possibilità) ci esplica un concetto tanto semplice quanto fondamentale: perché chiunque possa vivere e viversi nelle proprie differenze e nei propri desideri, che costituiscono un diritto fondamentale, dal punto di vista giuridico deve essere all’altro indifferente.
Le altre persone, così come lo Stato, devono manifestare giudizio indifferente, cioè egualitario.
Inquietudine affronta il rapporto tra il femminismo e l’esperienza e la riflessione filosofiche sul nascere e sul morire; un’analisi del sentire comune in relazione all’uso dell’ambiguità linguistica che caratterizza l’Ironia ci permette di constatare come cambi, per le persone, udirla da parte di un uomo o di una donna.
Libertà ci racconta i propri limiti, non solo e non tanto concreti, ma nel concetto stesso. Questo vessillo per cui tanto lottiamo, nasconde insidie che vanno guardate, comprese, assimilate, perché possa davvero concretizzarsi, magari in un contesto sociale interconnesso in cui le varie forme di vita vivono relazioni di non oppressione, come quelle che secondo l’ecofemminismo accomunano Natura e donna. Un terreno che manifesta legami di sopraffazione è quello della Pornografia: se da un lato rappresenta la libertà d’espressione, dall’altro è evidente che delinea un profilo della donna fittizio e inverosimile, costruito in funzione di uno sguardo maschile che rischia di apprendere che tutto è lecito.
Una panoramica delle presenza di genere nella Scienza, ancora, svela con poco stupore come prevalga quella maschile, ma ancora più ambiguo è guardare al genere della scienza: se vista come attività culturale, viene meno la sua oggettività, perché è espressione della comunità maschile che pare avere più diritto di farla.
Ma “maschile” e “femminile” sono termini ascritti al Sesso o al genere?
Non fa male ripercorrere i passi che hanno portato dal determinismo biologico al suo estremo opposto, quello sociale, passando attraverso la distinzione tra sesso e genere e le porte che essa apre. Una, in particolare, porta la scritta Simboli e ci fa addentrare nella complessa relazione tra donna e femmina e con quella che i termini tessono con i concetti di verità, menzogna, essere e apparire.
Ed è mediante ciò che appariamo allo Specchio – che può profilarsi tanto come l’oggetto quanto come l’Altro, che tendenzialmente avrà uno sguardo plasmante maschile – che siamo e delineiamo la nostra identità.
Spesso, essa è influenzata da radicati Stereotipi secondo cui i ruoli sociali e le abilità di uomini e donne abbiano biologicamente a che fare con il loro essere maschi e femmine, duri da scardinare se non problematizzandoli. Tra essi, vive e perdura anche il mito della Virilità, condizione naturale dell’uomo nel sentire tradizionale nonché forte strumento politico.
Manifesto per un nuovo femminismo, insomma, affronta le questioni che i movimenti femministi hanno vissuto e vivono configurandosi come una linea guida per quelli futuri.
Così tante, le questioni, che “femminismo” sembra un termine quasi riduttivo, perché non si occupa unicamente di ciò che riguarda la sfera della donna, bensì di ogni gruppo sociale che va a configurarsi come minoranza.
Grazie Mimesis!
M. G. Turri (a cura di), Manifesto per un nuovo femminismo, Mimesis, Milano-Udine, 2013.
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