«Il paradigma di una scienza aperta e razionale» è già stato messo in discussione su Filosofemme dall’articolo sull’effetto Matilda, che analizza il fatto per cui le scoperte di una donna vengano sistematicamente attribuite a degli uomini (1).
La pandemia, in cui ci troviamo immersə da due anni ormai, e la conseguente attenzione spasmodica rivolta alla scienza e a scienzatə hanno messo in luce un fattore spesso poco noto al grande pubblico: la scienza non procede sempre in linea retta. Dopo decenni in cui il mondo occidentale ha goduto delle innovazioni tecnologiche e scientifiche in modo crescente, senza porsi troppe domande sul processo che c’era dietro, questa scoperta ha creato non poca confusione e smarrimento.
Quantə di noi saprebbero veramente spiegare che cosa sia il wifi? Perché funziona e come? Eppure ne facciamo un uso quotidiano. La maggior parte di noi però non ha mai sentito la necessità di capirne fino in fondo il funzionamento, limitandosi ad accogliere nelle nostre vite la gradita comodità.
La condizione attuale, invece, ci ha portatə dietro le quinte del procedere scientifico, in un mondo che avanza per tentativi ed errori, in cui c’è disaccordo tra espertə, in cui le risposte non sempre arrivano facilmente. Ora ci interroghiamo su come funziona un vaccino, cosa significhi che sia fatto da RNA o con le proteine, cosa che non ci sarebbe probabilmente venuta in mente prima. Questa può essere una grande occasione: coltivare un interesse più approfondito per il funzionamento della scienza ci può far aprire gli occhi su quanto poco sia stata nel corso della sua storia, e sia ancora oggi, obiettiva, soprattutto per quanto riguarda le donne.
Angela Saini, nel suo saggio dal significativo titolo Inferiori, parte dal presupposto che «quando ci affidiamo agli scienziati per un chiarimento diamo per scontato che siano neutrali. Riteniamo che il metodo scientifico non possa essere distorto da pregiudizi contro le donne. Ma ci sbagliamo» (2). Per gran parte della storia, le donne sono state considerate inferiori dal punto di vista fisico e intellettivo e la scienza di oggi non è riuscita ancora a liberarci dalla convinzione che stereotipi e pregiudizi di genere siano veri.
Le donne furono escluse da una partecipazione attiva alla scienza nel momento in cui questa si istituzionalizzò all’interno delle accademie europee e delle università.
La presenza delle donne era sconsigliata dai medici, in quanto «lo sforzo mentale richiesto dall’istruzione superiore avrebbe potuto distogliere l’energia dal sistema riproduttivo della donna, danneggiandone la fertilità. Si pensava anche che la semplice presenza delle donne potesse disturbare il serio lavoro intellettuale degli uomini» (3). Ciò fu vero fino al XX secolo, cioè fino a qualche decennio fa. Quello che sostiene Saini, dunque, è che dobbiamo fare i conti con un establishment che inizia solo oggi a rendersi conto di pregiudizi estremamente radicati e di secoli di esclusione.
«È impossibile aspettarsi che i forti pregiudizi che, per secoli, hanno impedito alle donne di accedere alla scienza non abbiano influenzato quest’ultima nel profondo» (4).
Quello che fa l’autrice nel testo è analizzare diversi campi della scienza per mostrare proprio come questi pregiudizi così radicati emergano ancora in tempi recentissimi.
Biologia dell’evoluzione, medicina, scienze sociali, antropologia… Capitolo dopo capitolo Saini intende fornirci una serie di “armi” per quella che ritiene essere l’ultima frontiera del femminismo, quella lotta che grazie al supporto di dati e fatti concreti ci permetterà di dimostrare che il predominio maschile non è scientificamente iscritto nel genere umano.
In quest’ottica anche il testo dell’autrice Caroline Criado Perez, Invisibili, può essere un’utile mezzo di presa di coscienza. «Le storie che ci raccontiamo riguardo al nostro passato, al presente e al futuro, sono tutte contrassegnate – deturpate da una “presenza-assenza” che ha la sagoma di un corpo femminile» (5).
L’incomprensione della scienza nei confronti delle donne deriva per l’autrice dal gender data gap, la mancanza di dati di genere.
La scienza ha considerato a lungo l’umanità come equivalente all’essere umano di sesso maschile (bianco), come anche il doppio significato del termine “uomo” testimonia. A lungo si è considerato neutrale uno sguardo che però era connotato in senso di genere, tanto che per l’autrice «vedere nel maschio l’essere umano predefinito è uno dei fondamenti della struttura sociale umana». Anche Criado Perez analizza i modi in cui questa “propensione al maschile-ove-non-altrimenti-specificato” crea squilibri in ogni campo, ma i capitoli più interessanti sono probabilmente quelli dedicati alla medicina.
Il corpo maschile e quello femminile differiscono in molti modi e funzionano diversamente, eppure in medicina il corpo umano maschile è considerato la norma e quello femminile non è considerato mai nelle sue specificità (una breve panoramica sulle immagini illustrative dei libri di testo di biologia basta a dimostrare come si tratti praticamente sempre di rappresentazioni di uomini bianchi), ma ciò ha gravi conseguenze sulla salute delle donne e ha anche un nome. Si chiama Sindrome di Yentel: «il fenomeno per cui le donne che mostrano sintomi o patologie non corrispondenti a quelli maschili rimangono vittime di errori diagnostici e terapie inefficaci» (6).
Uno dei casi più clamorosi è quello dell’infarto. Sapevate che il “classico” dolore al petto e al braccio sinistro che colpisce gli uomini nei casi di infarto non si verifica quasi mai per le donne?
Queste potranno avere mal di stomaco, dispnea, nausea e senso di affaticamento. Questi sintomi sono chiamati dalla letteratura scientifica “atipici” anche se sono quelli che compaiono più spesso quando più della metà della popolazione umana ha un infarto.
Inferiori e Invisibili: occorre uscire da questa pericolosa posizione e non si può prescindere da queste considerazioni. Come sostiene Saini, «non tenendo conto di quanto profondamente la scienza sia stata ingiusta per le donne in passato è impossibile essere più equi in futuro. Perché ciò che la scienza ci dice sulle donne influisce profondamente sul modo in cui la società considera i sessi. Nella lotta per l’uguaglianza, la battaglia per conquistare le menti deve includere i fatti biologici» (7).
(1) https://www.filosofemme.it/2021/09/13/effetto-matilda/
(2) A. Saini, Inferiori, Harper Collins, 2019, Milano, p. 11.
(3) Ivi. p. 19.
(4) Ivi. p. 23.
(5) C. Criado Perez, Invisibili, Einaudi, 2020, Torino, p. VII.
(6) Ivi. p. 310.
(7) A. Saini, Inferiori, Harper Collins,2019, Milano, p. 294.
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