Ripensare la guerra con Virginia Woolf

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Tra il 1936 e il 1938 Virginia Woolf pensa e scrive Le tre ghinee. Sono anni difficili e precari in Europa: il fascismo si espande e acquisisce sempre più potere e presto si torna a parlare di un pericolo imminente di guerra (che da lì a un anno scoppierà e sarà la Seconda guerra mondiale). Virginia Woolf ha cinquantacinque anni, è una scrittrice affermata e una voce intellettuale riconosciuta. È vicina agli ambienti della sinistra antifascista inglese, dove militano attivamente alcuni suoi amici intellettuali (primo tra tutti, E.M. Forster) e il marito Leonard, ma da cui si sente un’inclusa/esclusa.


In questi anni, in Inghilterra, ci si comincia a mobilitare contro la guerra e il fascismo e si moltiplicano le iniziative in favore della pace e della libertà: si organizzano convegni e conferenze, si scrivono lettere pubbliche e si pubblicano sottoscrizioni.


A Virginia Woolf viene chiesto a più riprese di partecipare e aderire, ma a queste richieste risponde in modo discontinuo: condivide gli scopi generali delle mobilitazioni, eppure non riesce a posizionarvisi completamente. C’è qualcosa che insiste, che la disturba e che la porterà ad affrontare la questione delle guerra attraverso la scrittura.

Qui nasce l’idea che sorregge la struttura de Le tre ghinee: Virginia Woolf immagina di avere a disposizione tre ghinee (tre sterline, all’incirca) e di ricevere una lettera da parte di un avvocato, segretario di un’associazione antifascista maschile, che le chiede di unirsi alla mobilitazione per prevenire la guerra ed esprimere il suo supporto attraverso una donazione. Immagina, poi, di aver ricevuto altre due lettere che richiedono un suo sostegno: una da parte di un istituto di istruzione superiore femminile e una da parte di un’associazione che aiuta le donne a inserirsi nel mondo lavorativo.


Il libro riguarda le riflessioni che accompagnano questa spartizione di denaro in favore di tre diverse cause che le appaiono distinte e unite insieme.


Virginia Woolf riflette su quanto la domanda sul come prevenire la guerra suoni differentemente a seconda della propria appartenenza di genere. Se combattere – si chiede – è sempre stata abitudine dell’uomo e non della donna (1), come possono le donne comprendere un problema (la guerra) che è sempre stato solo maschile? E che tipo di aiuto possono dare le donne nel prevenirlo? Se uomini e donne vedono lo stesso mondo, lo vedono infatti con occhi diversi: il tipo di aiuto che le donne possono offrire è allora differente e proprio in questa differenza consiste il suo valore.

«E diversi lo siamo, per sesso e per educazione. È da quella differenza, ancora una volta, che può venirvi l’aiuto, se aiutarvi possiamo, per difendere la libertà, per prevenire la guerra.»(2)


Ed è per questo che, prima di rispondere alla lettera dell’associazione antifascista, è per l’autrice necessario rispondere alle altre due lettere, rendendo partecipi tutti e tre gli/le scriventi delle sue riflessioni.


Si deciderà per offrire una ghinea a ogni associazione perché, se si vuole prevenire la guerra, la risposta è una sola e consiste nel ricostruire un’istruzione e una cultura radicalmente altra a quella maschile, che formi il tipo di persone e di società che possano prevenire la guerra anziché crearla e che insegni:

«Certo non l’arte di dominare sugli altri; non l’arte di governare, di uccidere, di accumulare terra e capitale […]. Si dovranno insegnare […] l’arte dei rapporti umani, l’arte di comprendere la vita e la mente degli altri […]. Lo scopo del nuovo college dovrebbe essere non di segregare e specializzare, ma di integrare. Si dovrà inventare dei modi per far lavorare insieme la mente e il corpo; scoprire da quali nuove combinazioni possono nascere unità che rendono buona la vita umana. E gli insegnanti saranno scelti tra coloro che sono bravi a vivere oltre che a pensare […]. La competitività sarebbe abolita. La vita sarebbe libera e facile.»(3)

Le tre ghinee sarà un’opera che nel 1938 piacerà moltissimo alle donne, che scriveranno a Virginia Woolf lettere di apprezzamento vivace e confronto, ma che lascerà moltissimi uomini (in parte, quegli stessi che sollecitavano la scrittrice a intervenire nella politica) sbigottiti e delusi; lo giudicheranno un libro sbagliato e confuso, che pretende di innestare la causa delle donne sulla causa – considerata più urgente e più importante – della mobilitazione contro la guerra e il fascismo, ribaltando completamente la gerarchia valoriale (maschile, ça va sans dire) dominante.

Virginia Woolf non si ritrova di fronte alla richiesta di una sua adesione politica da parte di un’associazione maschile che, in quanto intellettuale, vuole un suo contributo ma, in quanto donna, si aspetta che il suo sostegno sia volonteroso e acritico e trasforma il suo senso di inadeguatezza in una proposta politica che vuole spostare il senso del discorso: non più il come prevenire la guerra, ma il perché della guerra stessa.


Una riflessione che forse oggi, con la guerra di nuovo in Europa, ci parla e ci sollecita in modo differente.






(1) Scelgo qui di mantenere il binarismo di genere linguistico e simbolico presente nel testo e nel pensiero di Virginia Woolf, sia per ragioni di contestualizzazione storico-culturale che filosofiche. Virginia Woolf è, infatti, considerata una delle interlocutrici magistrali del pensiero della differenza sessuale, corrente fondamentale all’interno del movimento delle donne e della filosofia femminista che, contrapponendosi all’idea di una lotta per l’uguaglianza, lavora piuttosto sul portato e sulla valorizzazione esperenziale della differenza sessuale.

(2) Virginia Woolf, Le tre ghinee, Feltrinelli, 2016, p. 141.

(3) Ibidem, pp. 57-58.