Da quando abbiamo tuttə in tasca un dispositivo che ci consente di produrre facilmente foto e video e avere accesso costante a internet, gran parte della nostra vita sociale si consuma sui social network e le piattaforme di messaggistica. Sesso e flirt non fanno eccezione e, purtroppo, nemmeno le violenze di genere. Aggressori e molestatori hanno trovato negli spazi digitali un nuovo campo per portare avanti pratiche che, contrariamente a ciò che spesso facciamo, sono e andrebbero considerate decisamente reali.
Di questo si occupano Lucia Bainotti e Silvia Semenzin in Donne tutte puttane (1), un saggio che analizza e contestualizza le violenze sessuali in rete, studiandone forme e finalità.
Il testo nasce da un meticoloso lavoro di ricerca che, tra il 2019 e il 2020, le autrici hanno compiuto infiltrandosi “sotto copertura” nei gruppi e canali Telegram dove decine di migliaia di uomini italiani si scambiano quotidianamente foto e video di donne ignare di essere state riprese (2).
In questi contesti, come leggiamo nel saggio, «la mancanza di consenso sembra essere diventata un vero e proprio genere pornografico» (3): le donne che sono fatte oggetto di questa pratica non hanno acconsentito alla condivisione di quel materiale, e spesso non sono neanche consapevoli di essere state riprese o fotografate. Elemento questo che sembra accendere ancora di più l’interesse di chi fruisce di questi contenuti, in un certo senso aggiungendo “pepe” alla pratica.
Lungi dal riportare solo dei dati (che ci sono e sono interessanti e inquietanti al tempo stesso), Bainotti e Semenzin inquadrano il fenomeno nel contesto socio-culturale in cui avviene e sviscerano queste pratiche mettendole in relazione con la costruzione dell’identità maschile all’interno di esso.
Il saggio propone anche una classificazione delle molte pratiche associate alla condivisione non consensuale di materiale online, problematizzando il concetto di revenge porn e il modo in cui solitamente si affrontano le notizie riguardanti questi fatti di cronaca sui mezzi d’informazione mainstream. Spesso, infatti, il come parliamo di questo argomento tradisce e al tempo stesso incentiva una mancanza di comprensione del fenomeno che complica ulteriormente la vita alle vittime dello stesso.
Una parte del testo è dedicata anche alla legislazione italiana in materia e alle campagne come #intimitàviolata (di cui la stessa Semenzin è stata portavoce) che negli ultimi anni hanno contribuito a far emergere anche in Italia la pervasività del image-based sexual abuse e aumentare la consapevolezza culturale riguardo a queste pratiche.
Donne tutte puttane costituisce senza dubbio un tassello fondamentale per aiutarci a vivere la rete in modo più attento ed essere consapevolə dei meccanismi e degli abusi che caratterizzano i luoghi digitali che abitiamo e le relazioni che intessiamo in essi.
L. Bainotti, S. Semenzin, Donne tutte puttane, Durango, Andria, 2021.
Grazie a Durango!
(1) Il titolo del libro, volutamente di impatto, ricalca quello di uno dei tanti gruppi di condivisione non consensuale di materiale sensibile che le autrici hanno incontrato nei loro studi sul campo.
(2) I risultati completi di questa ricerca sono sono contenuti in S. Semenzin, L Bainotti, «The use of Telegram for the non-consensual dissemination of intimate images: gendered affordances and the construction of masculinities», in Social Media + Society, vol. VI, 4 (2020), 1-12.
(3) L. Bainotti, S. Semenzin, Donne tutte puttane, Durango, Andria, 2021, p. 106.
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