Ripensare l’uguaglianza con Carla Lonzi

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«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.» (1)

Così recita l’Articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana, ponendo il tema dell’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini tra i principi fondamentali sui quali poggia il nostro ordinamento giuridico. Il testo, elaborato dell’Assemblea Costituente tra il giugno del ‘46 e il gennaio del ‘48, rappresenta uno dei punti di arrivo di una lunga tradizione che attraversa la storia dell’Europa moderna e contemporanea, nella quale il principio di uguaglianza, tra trattati e rivoluzioni, ha giocato un ruolo fondamentale.

Che l’uguaglianza tra tutti gli individui sia oggi un valore imprescindibile per buona parte dell’umanità lo testimonia anche la Dichiarazione universale dei diritti umani, fin dal primo articolo (2). Alla luce di ciò, può sembrare assurdo e paradossale mettere in discussione questo principio.

Dopo tanta fatica fatta per convincerci che «all men were created equal» (3), ha senso oggi mettere in discussione l’uguaglianza come obiettivo delle società contemporanee? 

Riflessioni interessanti su questo tema ci arrivano dalla tradizione della filosofia femminista italiana attraverso la voce di autrici come Carla Lonzi e Adriana Cavarero. 

Nel suo celebre testo Sputiamo su Hegel, Lonzi dichiara infatti che l’affermazione del principio giuridico dell’uguaglianza non ha avuto successo nel dare valore alle diverse soggettività ponendole sullo stesso piano di dignità. Al contrario, ha finito per cancellarle e mascherarle negando la particolarità del loro vissuto e riconducendo le esperienze di tuttə a una presunta neutralità. Tuttavia, nella storia della cultura occidentale, questa presunta neutralità nasconde dietro di sé un unico soggetto: il maschio bianco eterosessuale.

Questo è un meccanismo noto: forte dell’egemonia culturale data anche dall’accesso esclusivo alla produzione e alla fruizione del sapere, l’uomo bianco eterosessuale ha troppo a lungo descritto e teorizzato la propria esperienza del mondo come l’unica possibile. Facendo di sé il soggetto assoluto, egli ha cancellato o messo in secondo piano l’esperienza e il vissuto di chiunque non si rispecchiasse nella sua prospettiva e non fosse complice o strumento del suo dominio.

In questo modo, secondo Lonzi, l’uguaglianza giuridica concessa, ad esempio, alle donne, non è altro che assimilazione all’uomo: le donne sono uguali laddove sono riconducibili agli uomini, e perciò loro pari di diritto solo a patto di rinunciare o comunque ignorare la loro specificità di donne. 

«Il mondo dell’uguaglianza è il mondo della sopraffazione legalizzata, dell’unidimensionale; […] L’uguaglianza tra i sessi è la veste in cui si maschera oggi l’inferiorità della donna.» (4)

Effettivamente il processo storico che ha condotto alle costituzioni odierne è avvenuto in coerenza con questa lettura.

Le riforme e rivoluzioni liberali tra XVII e XIX secolo hanno visto una progressiva estensione del concetto di uguaglianza e della sua applicazione in ambito politico e giuridico agli uomini delle varie classi sociali, ignorando quasi del tutto le donne, a partire anche dalle scelte terminologiche compiute nella stesura di documenti che rappresentano le pietre miliari di questo percorso. 

Nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America si legge appunto che «all men were created equal» (tutti gli uomini sono stati creati uguali) e non si fa menzione delle donne, proprio come nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino vergata durante la Rivoluzione Francese. Per questo Olympe de Gouges propose invece la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (5), che eloquentemente contribuì a portarla alla ghigliottina. 

Il documento di de Gouges, lungi dal rivendicare privilegi per le donne, ambiva a sancirne esplicitamente la parità con gli uomini, con i quali avrebbero d’ora in poi diviso tutti i diritti e i doveri della cittadinanza, senza dimenticare però la specificità di alcune problematiche prettamente femminili e che, ignorate da un documento scritto da e per gli uomini, rimanevano irrisolte e costituivano ostacoli materiali all’uguaglianza dei due generi (6).

La rivendicazione di Olympe de Gouges rimase per lo più inascoltata fino alle soglie del Novecento.

Il mondo maschile si oppose così a lungo e in modo così resistente a ogni proposta riformatrice che, nel mondo anglosassone, ci volle la disobbedienza politica delle Suffragette e una guerra mondiale (la prima) in cui le donne si distinsero per i loro contributi all’economia nazionale e allo sforzo bellico per poter, infine, estendere loro il suffragio. Da allora, sebbene il voto alle donne non sia più un miraggio in molte parti del mondo, appare evidente che sul piano culturale, se non giuridico, i passi avanti da fare siano e debbano essere ancora molti. 

Uscendo dalla prospettiva storica infatti, ci si rende facilmente conto che la questione dell’uguaglianza che passa attraverso l’assimilazione e l’omologazione sia ancora molto attuale, anche al di fuori dell’ambito legislativo. 

Proprio quella lunghissima tradizione socio-culturale dominata dal protagonismo dello sguardo maschile e degli uomini come soggetto ci ha lasciato in eredità un mondo in cui ancora oggi in troppi ambiti il modo giusto di essere o di agire non è quello culturalmente determinato come femminile. In contesti come questi, basti pensare al mondo del lavoro e a quelle professioni che da sempre sono associate agli uomini, per poter essere prese sul serio le donne devono assumere atteggiamenti, abitudini e persino titoli connotati al maschile (7).

La questione dell’uguaglianza è quindi più complessa di quanto possa sembrare a un primo sguardo e al modo, spesso superficiale e retorico, con cui la si affronta nel discorso pubblico.

Sputiamo su Hegel, il testo in cui Carla Lonzi affronta queste e altre questioni fondamentali, è di certo figlio del suo tempo, gli anni ‘70, e di una società che presenta delle diversità significative rispetto a quella attuale. Tuttavia, oltre a essere una pietra miliare del pensiero femminista italiano del secondo Novecento, questo saggio contiene ancora interessanti spunti per ribaltare la prospettiva che abbiamo su certe tematiche. Una dinamica, questa, squisitamente filosofica. 

(1) https://www.governo.it/it/costituzione-italiana/principi-fondamentali/2839#:~:text=economica%20e%20sociale.-,Art.,di%20condizioni%20personali%20e%20sociali.

(2) https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/file/DICHIARAZIONE_diritti_umani_4lingue.pdf

(3) https://www.archives.gov/founding-docs/declaration-transcript

(4) C. Lonzi, Sputiamo su Hegel, Gammalibri, Milano, 1982, p. 27.

(5) https://archiviomarini.sp.unipi.it/589/1/decla.pdf

(6) Tali questioni riguardano ad esempio la maternità e il riconoscimento dei figli e, più estesamente, il diritto di famiglia. 

(7) Eloquente a questo proposito la polemica, che in Italia torna ciclicamente, sui nomi delle professioni declinati al femminile, di cui si è occupata in particolare Vera Gheno nel saggio Femminili singolari, edito da Effequ.