Andrea Cappellano, nella sua opera De Amore del XIII secolo (1), elenca una serie di regole dell’amore tra cui: l’amore non può rifiutare nulla all’amore. Lo stesso concetto viene espresso da Dante nel celebre verso «Amor c’ha nullo amato amar perdona», parafrasabile con «L’amore non permette a nessuna persona amata di non ricambiare» (2).
Ma se davvero l’amore non può rigettare nulla, non può rifiutare nemmeno di non essere corrisposto. L’amore, per poter essere definito tale, deve essere corrisposto? Non è forse è una delle potenziali dimensioni dell’amore quella di non essere ricambiato? Ma non per questo non possiamo non riconoscergli la stessa potenza di quello corrisposto. Entrambi hanno pari dignità.
Prima di tutto, si può cercare di capire cos’è l’amore.
Il Simposio di Platone ci viene in aiuto: ambientato durante un banchetto in casa del poeta Agatone, vede i commensali pronunciare un discorso in lode di Eros. È celebre il riferimento di Socrate ad un racconto di Aristofane: un tempo gli esseri umani erano creature molto potenti munite di due teste, quattro gambe e quattro braccia. Per paura che potessero diventare più forti degli stessi dei, Zeus decise di separarli (3). Servì poco tempo per accorgersi che tentavano sempre di riunirsi, così diede loro la riproduzione per dargli la possibilità di unirsi ancora. A causa di questa separazione, allora, il sentimento amoroso pervade la tradizionale ricerca della “propria metà”. Da ciò si può dedurre che l’amore, in quest’ottica, è tale proprio perché implica un’unione, uno scambio, una reciprocità tale da essere un uno.
Tuttavia, lo stesso Socrate – che da outsider contraddice la presunta bontà del dio Eros – ci dice che l’amore non è spinto dalla bontà: Eros, figlio di Poros e Penia, mancanza ed espediente, è mosso da quello che desidera e lo desidera proprio perché non lo possiede. Da questa prospettiva, si arriva alla conclusione opposta alla precedente: se è la mancanza a spingere l’amore, esso sembra per definizione essere non ricambiato, dal momento che rincorre ciò che non può avere.
Le conseguenze di amare incondizionatamente, senza ritorno, senza un dialogo, sono ambivalenti: da un lato si rischia di cadere nel delirio e nell’ossessione; dall’altro di separare l’io dalla realtà, rifugiandosi in una dimensione altra, in cui il dedicarsi interamente a chi si ama riesce a controbilanciare il dolore di non essere amati.
Come se dentro ognuno di noi ci fosse un meccanismo che valuta i nostri dolori e i nostri piaceri, ne facesse un bilancio, e quando alcuni dei meccanismi non funzionassero più fosse costretto a scartarli: finché l’aspetto consolatorio equilibra il dolore erotico allora sembra funzionante e salvifico. Entrambe queste conseguenze, tuttavia, sono deleterie al benessere dell’individuo. Cosa possiamo allora trarre dall’amore non corrisposto?
Spesso l’amore è considerato un’area della vita irrazionale. Siamo abituati a pensare che sia una perdita di controllo con un non so che di romantico, ma questo non ci aiuta a capire ciò che succede nell’amore e a vedere la sua umanità. Forse sarebbe bene allontanare il mito romantico dell’amore per sostituirlo con un amore consapevole. In questo modo, l’amore non corrisposto diverrebbe un’occasione per capire qualcosa di noi stessə, più che dell’altra persona.
Se sfruttato bene, esso aprirebbe alla possibilità di una grande consapevolezza, di analisi di quelle che sono le nostre aspettative e di allineamento profondo con i nostri desideri. Hegel, ad esempio, ci direbbe che se stiamo male è perché forse siamo noi a non aver capito qual è il nostro ruolo nel mondo (4).
Se allora l’amore non ricambiato ci dice molto più di noi stessi che dell’altro non credo serva scomodare Freud per fare l’esercizio cercare di capire quali sono le nostre aspirazioni. Per quanto non relazionale, esso è un momento di visualizzazione esistenziale.
Per questo, lo statuto ontologico dell’amore ha pari dignità tanto quando è reciproco quanto quando è a senso unico: nel primo caso si condivide un sentimento di cura bidirezionale; nel secondo il sentimento è rivolto verso se stessə. Non meno utile, non meno potente, non con minore dignità, bensì anche base per sapere, se lo si desidera, in quale direzione cercare. O magari scoprire che non ci serve la reciprocità.
Forse è proprio in un momento storico come questo che è bene rivalutare quanto l’autoconsapevolezza e il dialogo con il proprio io non tolga nulla all’amore; anzi: proprio questo lavoro porta all’accettazione, in quanto utile alla comprensione di noi stessə, di una delle dimensioni più dolorose dell’amore: quello dell’amore non corrisposto.
(1) A. Cappellano, De Amore, SE, 1996.
(2) D. Alighieri, La divina commedia, Le Monnier, 1981
(3) M. Vegetti, F. Trabattoni, Storia della filosofia antica, Vol. II, Carocci, 2016.
(4) P. Donatelli, la filosofia e la vita etica, Einaudi, 2020.
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