L’età moderna è un’epoca di grandi novità e cambiamenti che hanno profondamente mutato il corso della storia. Dei numerosi eventi che attraversano questo periodo storico molto discusso, la Rivoluzione scientifica rappresenta, senza dubbio, una delle tappe più emblematiche. Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento si sviluppano nuovi metodi di indagine nelle scienze naturali e nuove procedure di ricerca che hanno condotto a scoperte straordinarie, tali da rovesciare le tradizionali concezioni del mondo. La Rivoluzione scientifica denota questo lungo processo storico che culmina nel trionfo del metodo sperimentale, della tecnica e nell’introduzione di una nuova forma di sapere, non più fondata sul principio di autorità.
Se da un lato, la Rivoluzione scientifica incarna un momento di svolta nella storia della civiltà e nella nascita della scienza moderna, dall’altro lato nuove prospettive interpretative hanno voluto mettere in evidenza i suoi aspetti più problematici e gli esiti negativi.
Secondo la filosofa e storica della scienza Carolyn Merchant, la Rivoluzione scientifica porta con sé un cambiamento teorico radicale, che muta da una visione organicistica del cosmo a una meccanicistica. In altre parole, quello che avrebbe portato la Rivoluzione scientifica è il passaggio dalla visione della natura come organismo vivente a quella di una macchina al servizio dell’uomo (e conseguentemente alla subordinazione della donna come approfondito qui).
Se già era stato sottolineato il lato oscuro e pericoloso del sogno prometeico alla base del progresso scientifico, Merchant mostra quanto la visione meccanicistica abbia ridotto la natura a una mera risorsa sfruttabile per l’interesse dell’uomo, provocando quello che lei definisce come «la morte della natura».
La riformulazione della realtà che avviene nel corso del Seicento stabilisce per Merchant il dominio totale dell’uomo sull’ambiente circostante: tutto ciò fu motivato da nuovi valori che, all’indomani della Rivoluzione scientifica, vennero associati all’immagine della natura. La natura, infatti, dall’essere originariamente concepita come una «madre nutrice», ossia un’entità femminile e benevola che provvedeva ai bisogni dell’umanità, divenne col tempo una potenza sfrenata e incontrollabile, capace di caos e distruzione (1).
È a partire da questa nuova visione che viene legittimata un’azione di controllo della natura da parte dell’uomo: quest’ultima ha promosso «nuove immagini di padronanza e dominio» che hanno favorito la spoliazione della terra (2).
«Finché la terra fu considerata viva e sensibile», scrive Merchant, «ogni atto distruttivo contro di essa poté essere condannato come violazione delle norme di un comportamento etico» (3), ma nel momento in cui la natura venne associata all’idea di materia passiva e informe, la prospettiva meccanicistica ne promosse la manipolazione a vantaggio dell’uomo. Lo stesso Bacone, uno dei «padri della nuova scienza», introdusse un programma filosofico che ammetteva la tortura della natura per estorcere, con la forza delle arti meccaniche, i segreti che essa nascondeva (4). Del resto, Bacone riteneva indispensabile l’asservimento della natura, concepita come femmina, all’uomo per conseguire l’avanzamento nelle scienze.
A partire da questa analisi, si può riflettere sull’attuale crisi ambientale che affonda le sue radici nella mentalità di sfruttamento senza limiti delle risorse naturali. Una mentalità che Merchant riconduce a quella nuova concezione della natura che ebbe origine in età moderna e che ha plasmato la nostra attuale visione del mondo.
(1) Cfr. C. Merchant, La morte della natura. Donne, ecologia e rivoluzione scientifica, Editrice Bibliografica, Milano, 2022, p. 64.
(2) Ivi, p. 65.
(3) Ivi, pp. 66-67.
(4) Ivi, p. 302.
Bibliografia
G. Belgioioso, Storia della filosofia moderna, Mondadori- Le Monnier, Milano, 2018.
C. Merchant, La morte della natura. Donne, ecologia e rivoluzione scientifica, Editrice Bibliografica, Milano, 2022.
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