The marvelous Mrs. Maisel: quando il comico è una comica

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Mrs. Maisel

Ho due figli e zero foto. Ho di tutto in borsa. Ho una carta di credito, la cipria, uno, due, tre rossetti. Tre. Due labbra, tre rossetti. Smalto, sigarette, un cerotto per i calli e una cintura sanitaria Kotex. […] Se rapissero i miei figli e dovessi descriverli, direi: “Hanno l’aspetto da bambini. Non so, uno ha una testa e l’altro pure.” […] E se non fossi nata per fare la madre? Se avessi scelto la professione sbagliata?  […] Si presume che le donne debbano diventare madri. Si pensa che sia una cosa naturale. Si presume dal seno, no? L’equipaggiamento di serie. Ma non ci sono eccezioni? (1)

Immaginate di sentire queste parole da un’impeccabile madre ebraica anni Sessanta dell’Upper West Side. Eppure, non sorprende che a fare questo discorso sia Midge Maisel, protagonista di The Marvelous Mrs. Maisel, la serie distribuita da Prime nel 2017 e terminata proprio questo maggio. Inizialmente, Midge viene presentata come la donna ideale, quella che ogni uomo del tempo spera di sposare: capello curato, vestito in tinta con le scarpe e una teglia di arrosto sempre pronta in tavola.


Ma lo scenario idilliaco della casalinga perfetta si sgretola quando Midge, dopo il tradimento del marito, capisce che la sua vita non può limitarsi allo spazio domestico: vuole salire sul palco e far ridere il pubblico.  


Il carattere non le manca, perciò qual è il focus narrativo su cui si concentrano le cinque stagioni? New York brulica di jazz club e locali notturni e sulla scena ci sono già personaggi del livello di Lenny Bruce, quindi la difficoltà non sta nel panorama culturale dell’America del dopoguerra. Il problema è che Midge è una donna e le donne, si sa, hanno già tante cose a cui pensare: si occupano delle faccende domestiche, crescono i figli e poi, soprattutto, far ridere non è certo “una cosa da femmine”. 

Il mondo della comicità, dai cabaret agli show televisivi, non pensa di aver bisogno di Midge, ma come spiega brillantemente lei stessa: 

«Tutti i comici sono comici perché nella vita qualcosa gli è andato storto […] Ma gli uomini […] credono di essere gli unici a poter usare la comicità per riempire i vuoti che hanno nell’anima. Se ne vanno in giro a dire a tutti che le donne non sono divertenti. Che solo gli uomini sono divertenti. Ora pensate a questo. La comicità è alimentata dalla prepotenza, dalla mancanza di potere, dalla tristezza e dalla delusione, dall’abbandono e dall’umiliazione. Chi può descriverlo meglio di una donna? A giudicare da questi standard, solo le donne dovrebbero essere divertenti.» (2)

E per essere divertenti non è necessario che le comiche interpretino personaggi strambi o stereotipati, come si vede spesso sui palchi americani dell’epoca. La macchietta della donna bruttina e simpatica, volgarotta e spassosa, è quella cui aderisce Sophie Lennon, l’altezzosa nemesi di Midge che ha costruito la sua carriera vestendo i panni di una grottesca casalinga del Queens.

È proprio nello scontro con Sophie Lennon che emerge l’essenza della comicità di Midge: «Mi ha detto che avrei potuto far ridere solo se avessi avuto un personaggio strambo o il pisello. […] Perché noi donne dobbiamo fingere di essere quello che non siamo?» (3)

L’idea che lə stand up comedian debba possedere determinate caratteristiche per avere successo sembra antiquata, ma purtroppo non è completamente superata.

Se andiamo a leggere la biografia di Emanuela Fanelli, per mio gusto una delle comiche più brillanti di questi anni, ecco cosa c’è scritto:

«La Fanelli si sta ritagliando uno spazio importante nel mondo dello spettacolo come interprete di ruoli che “fanno ridere il pubblico”, definibili dunque “comici”, pur non essendo di per sé una comica, non essendo né brutta né goffa, anzi avendo una fisicità tutt’altro che vicina alla comicità, e soprattutto senza ridurre i vari ruoli a delle macchiette!». (4)

Sebbene l’intento di chi ha scritto il testo sia di omaggiare la Fanelli, fa riflettere che la comicità femminile sia ancora associata a personaggi brutti o goffi che, nella loro artificiosità, non forniscono un’immagine autentica di chi sta sul palco.

Midge ha successo proprio per la sua sincerità: i suoi monologhi sono alimentati dallo stress della separazione, dalla freneticità delle sue avventure sessuali, dai conflitti con i genitori.

Tutte esperienze che spesso finiscono per decostruire i preconcetti legati all’eleganza femminile. 

Ma se da un lato Midge è la comica oscena che parla di sesso e delle difficoltà genitoriali, dall’altro lato è una madre ebraica ossessionata dai cappellini colorati e dai bigodini e attinge a piene mani dagli stereotipi sulle donne per far ridere.

Non è forse questo il mestiere del comico?

E fare ridere spesso vuol dire utilizzare i pregiudizi come materia per una battuta, in quanto, proprio in virtù della loro infondatezza, hanno un involontario effetto comico. Questo processo rende i monologhi non solo spiritosi, ma attribuisce loro anche un ruolo politico.

La comicità può diventare, dunque, un terreno fertile per parlare di questioni sociali, e più efficace della sostituzione di paradigma proposta da frange estreme.

Ne è un esempio il femminismo 4B in Corea, che nel voler distruggere il modello patriarcale finisce per elaborarne uno antitetico: la donna è donna se non si sposa con un uomo, se decide di non avere figli, eccetera (5). 

Certo, relativamente al ruolo della donna nei media, le lotte femministe non solo sono importanti, ma necessarie, dato che il cinema e la televisione sono ancora contesti fortemente sessisti.

Per cui ben vengano gli interventi atti a smuovere il mondo dello spettacolo, come il potentissimo discorso di Francis McDormand alla premiazione degli Oscar 2018 in cui l’attrice ha utilizzato il tempo sul palco per parlare della clausola dell’Inclusion Rider. (7)

Tuttavia, la strada per combattere le discriminazioni non passa attraverso la costruzione di un nuovo modello di femminilità perché in questo modo, invece di dare parità e libertà alle donne, semplicemente le si spinge ad uniformarsi ad un altro canone che, anziché “essere rosa”, semplicemente “si tinge di blu”. 

La libertà che ci serve è quella di non avere un paradigma.

La vera rivoluzione è parlare della donna come di una persona e quindi sia lode a Midge che ama i cappellini, ha tre rossetti in borsa e nel contempo parla con disinvoltura delle sue avventure sessuali nell’America post-Maccartista.






(1) The Marvelous Mrs. Maisel, 1×3, regia di Amy Sherman-Palladino (2017-2023).

(2) The Marvelous Mrs. Maisel, 2×2, regia di Amy Sherman-Palladino (2017-2023).

(3) The Marvelous Mrs. Maisel, 1×7, regia di Amy Sherman-Palladino (2017-2023).

(4) https://www.mymovies.it/persone/emanuela-fanelli/309900/ 

(5) https://www.ilpost.it/2023/04/23/corea-del-sud-movimento-femminista-sudcoreano-4b-rifiuto-uomini/ 

(6) https://www.youtube.com/watch?v=xG_t-euSIH8 

(7) https://www.youtube.com/watch?v=4gU6CpQk6BE&t=195s

L’immagine di copertina è un’immagine ufficiale di The Marvelous Mrs. Maisel. Il copyright della suddetta è pertanto di proprietà del distributore della serie, il produttore o l’artista. L’immagine è stata utilizzata per identificare il contesto di commento del lavoro e non esula da tale scopo – nessun provento economico è stato realizzato dall’utilizzo di questa immagine. / This is an official image for The Marvelous Mrs. Maisel. The image art copyright is believed to belong to the distributor of the series, the publisher of the series or the graphic artist. The image is used for identification in the context of critical commentary of the work, product or service for which it serves as image art. It makes a significant contribution to the user’s understanding of the article, which could not practically be conveyed by words alone.