I Pensatori e l’armata zombie

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Sarà l’origine etimologia del termine (φιλεῖν = amare e σοφία = sapienza), sarà l’abitudine a pensare stereotipicamente a ə filosofə come persone insistenti al limite del fastidioso, fatto sta che tra tutte le materie scolastiche la filosofia è spesso considerata una disciplina pesante e avulsa dalla realtà.

L’episodio leggendario del povero Talete che, meditando sulla vita, cadde in un pozzo, è l’emblema perfetto di quest’idea.

La vera sfida è capire invece che, indipendentemente dal tema di cui si occupa, la filosofia ha il grande merito di allenare la mente a mettere in discussione quello che sembra assodato. 

Una soluzione per mettere in risalto il suo potenziale potrebbe essere quella di anticipare i tempi, scegliere un’età in cui l’insegnamento di questa disciplina trovi il terreno giusto in cui mettere radici e maturare.

Ma qual è l’età giusta?

I modelli pedagogici della Philosophy for Children, sviluppata dagli anni ‘30 del secolo scorso da Jean Piaget, propongono l’insegnamento della filosofia a partire dagli 11 anni, ovviamente adottando linguaggi adatti aə bambinə.

Infatti la naturale propensione di bambine e bambine a porre domande su eventi apparentemente scontati e l’assenza (o quasi) di pregiudizi sono dei presupposti perfetti per un buon filosofare. 

Il progetto di introdurre la filosofia già durante l’infanzia non è una lontana utopia, in alcuni Paesi europei si inizia a pensare seriamente alla possibilità di svolgere dei corsi anche nelle classi della scuola primaria. Ad esempio, il Presidente Irlandese Michael D. Higgins ha proposto l’introduzione di un nuovo corso nelle classi tra i 12 e i 16 anni per discutere di argomenti filosofici e promuovere la crescita di cittadinə liberə e responsabilə (1). L’Italia si è mossa in questa direzione grazie al Centro di Ricerca sulla Indagine Filosofica, un’associazione basata proprio sulla Philosophy for Children (P4C) che collabora con vari enti istituzionali.

Il testo di Marco Dazzani, I pensatori e l’armata Zombie, si inserisce perfettamente in questo progetto pedagogico.

Attraverso il linguaggio più familiare aə bambinə, quello del racconto, Dazzani crea una divertente storia per aiutare chi legge a riflettere su un complesso tema filosofico: l’identità. 

Chi siamo? 

A questo e ad altri interrogativi cercano di rispondere I Pensatori: grandi menti del passato che – nella finzione narrativa del libro – sono state clonate dai Creatori grazie all’ingegneria genetica.

Inizialmente, viene costruito 01101011, un’intelligenza esclusivamente matematica, capace di rispondere solamente attraverso i numeri. E se quest’approccio può andare bene per alcune questioni nozionistiche, che fare quando si affrontano domande esistenziali? C’è bisogno di altre menti sagge e un punto di vista più filosofico.

Dato che spesso gli approcci mono disciplinari possono risultare di vedute ristrette, la scelta di quali Pensatori riportare in vita cade su varie personalità importanti: la scienziata Madame Curie e lo psicologo Sigmund Freud.

L’ingegno di Madame Curie la porta a perfezionare il pensatore originario, 01101011, creando Pitagora, un frizzante robot appassionato di statistiche. Completano il quadretto due soggetti molto interessanti: Socrate, filosofo-cane parlante alla continua ricerca di cibo, e Giovanna d’Arco, la leader carismatica che cerca di tirare le fila di questo gruppo ben assortito.

Sebbene dotati di grande sapienza e noti a noi soprattutto per traguardi raggiunti nella vita adulta, nel libro i Pensatori vengono (ri)portati in vita all’età di 10 anni in quanto è «l’età perfetta per essere abbastanza maturi, ma senza essere condizionati da quello che un adulto dovrebbe dire e pensare» (2).

La storia è quindi un racconto filosofico pensato per bambinə e, proprio per testare in prima persona questo sistema pedagogico, ho coinvolto Arianna, mia nipote (classe 2015). Lei si è molto divertita nel leggere le avventure dei Pensatori, che uno dopo l’altro combinano una serie di disastri per risolvere i quesiti (le “missioni”) che i Creatori affidano loro: dal chiarire il grande mistero delle cuffie aggrovigliate, all’affrontare il già citato concetto d’identità. 

Leggendo insieme la storia mi chiedevo: se neanche Platone, Hegel o Schelling hanno risolto i nostri dubbi su questo tema, come può una bambina approcciarsi a questo spinoso problema? 

Invece, il libro di Dazzani trova un espediente molto ingegnoso per aiutare i più piccoli a riflettere su questa tematica: il personaggio di Bach zombie. Se a Bach togliamo il cervello e lo sostituiamo, è ancora capace di suonare il pianoforte? E se anche è tecnicamente in grado di farlo, la sua musica avrà la passione e la grandezza del Bach originario? Se la materia o la memoria cambiano, la nostra identità si conserva o si trasforma?  Cosa ci definisce? Il nostro corpo? I nostri ricordi?

Alla fine del libro, Arianna ha ammesso di essere un po’ confusa sul concetto di identità, ma del resto, di fronte a domande difficili, l’imperturbabilità non è mai un buon segno.

L’importante è che la favola abbia messo in moto qualcosa dentro di lei, sia servita a farla riflettere su un concetto veramente molto complesso, sul quale la filosofia dibatte da millenni. 

Ci sarebbe un gran bisogno di testi come questi nelle scuole, capaci di far sollecitare alunni e alunne a cercare una risposta agli interrogativi più nebulosi e in grado di ricordare agli adulti che ə bambinə sanno essere ottimi pensatori e pensatrici.

Grazie MIMebù!

Marco Dazzani, I Pensatori e l’armata zombie, MIMebù – Mimesis Edizioni, Sesto San Giovanni, 2023.

  1. https://president.ie/en/diary/details/president-hosts-a-reception-for-members-of-philosophy-ireland/speeches 
  2. Ivi, p.14.