L’opossum di Schrödinger. Come vivono e percepiscono la morte gli animali
«tanatologìa s. f. [comp. di tanato- e -logia]. – Settore della medicina specializzato nello studio delle cause di morte, e dei fenomeni relativi a questa.» (1)
L’opossum di Schrödinger è il primo libro di Susana Monsó, filosofa acuta e sagace, che ci porta in un percorso che a noi animali umani sembra buio, triste e soprattutto ancora tabù.
Questo saggio, edito da Ponte alle Grazie, ha tutti gli strumenti per essere uno di quei testi accessibili a chiunque, anche a chi proprio non si nutre di pane e filosofia tutti i giorni.
Ѐ importante non lasciarsi spaventare dalla forma del saggio proprio per questo motivo: non solo non servono basi di psicologia animale per addentrarsi in queste pagine, ma Monsó riesce sempre a strapparci un sorriso qua e là, quando la situazione si fa particolarmente cupa o quando una spiegazione deve entrare un po’ più nel dettaglio.
Ѐ sufficiente un po’ di attenzione e fiducia nei confronti dell’autrice, che dichiara i suoi intenti dalle prime pagine:
«Di fatto, difenderò l’idea secondo cui non serve ricorrere ad animali cognitivamente complessi come gli scimpanzé per trovare un concetto della morte in natura.» (2)
Un lavoro fino e certosino quello di Monsó, che riporta tantissimi esperimenti (alcuni terribili e crudeli) che sono stati svolti nel corso degli anni per comprendere sempre di più il comportamento animale.
O forse no?
Il problema principale che viene evidenziato da subito è quello dell’antropocentrismo, ossia l’idea che il concetto di morte sia binario, «ce l’hai o non ce l’hai» (3) e casualmente secondo la filosofia solo noi animali umani lo possediamo.
L’autrice invece ci guida verso un cammino di conoscenza differente, partendo da una base molto più accessibile, ossia il “concetto minimo della morte”:
«Lo sviluppo di questo concetto da parte di un animale non è casuale, ma avviene come risultato dell’interazione di tre elementi fondamentali: COGNIZIONE, ESPERIENZA ed EMOZIONE. Potremmo chiamare questa cosa la Santissima Trinità del concetto della morte». (4)
A differenza nostra, gli animali in natura vivono quotidianamente la morte (un bel gioco di parole): noi distogliamo lo sguardo e la rifuggiamo, gli altri animali no.
Tra l’addentrarci nelle definizioni singole e scrutare, per esempio, tra la differenza tra vivere un lutto e comprendere la morte, Monsó si rende conto del limite esperienziale che sta alla base di tutte le teorie: sono scritte da noi, animali umani, con i nostri bias e la pretesa di comprender-ci iper scrutando gli altri animali, affibbiando loro caratteristiche umane o al contrario non riconoscendo loro sensibilità, emozioni o capacità cognitive.
Ma la verità la sappiamo e l’autrice lo sottolinea con forza:
«Né l’uso di strumenti, né la cultura, né la morale, né la razionalità sono un’esclusiva dell’essere umano. Neanche il concetto della morte. Non siamo una specie a parte. Siamo soltanto uno dei tanti animali.» (5)
E quindi rimane un interrogativo: perché l’opossum di Schrödinger e non il famoso gatto?
Ve lo lascio scoprire con la lettura di questo preziosissimo testo.
Grazie Ponte alle Grazie!
- https://www.treccani.it/vocabolario/tanatologia/
- p.44
- p.76
- p.128
- p.239
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