Tutte le attuali questioni riguardanti da una parte il cambiamento climatico e dall’altra l’antispecismo (dunque, di conseguenza, vegetarianismo e veganismo) stanno diventando sempre più urgenti.
Questo implica che anche le soluzioni che vengono proposte siano sempre di più e tra queste alcune aprono un vivo dibattito, come la carne coltivata.
Come scritto anche nel titolo del nuovo libro di Arianna Ferrari, ovvero Carne coltivata. La rivoluzione a tavola? (2024), questa potrebbe costituire una vera e propria rivoluzione che inizia da ciò che mettiamo nei nostri piatti.
Il saggio in questione presenta in maniera approfondita quella che potrebbe essere “la soluzione” per chi ama il gusto della carne ma comprende la necessità di eliminarla dalla propria alimentazione per contrastare il cambiamento climatico o lo sfruttamento degli animali.
Oggi più che mai, infatti, il cibo è politico.
Chiedersi cosa mangeremo in futuro e darsi una risposta è praticamente impossibile visto il modo in cui la nostra alimentazione sta rapidamente mutando e Ferrari spiega che, mentre per le generazioni a noi precedenti, l’alimentazione si basava principalmente su una questione di gusti e disponibilità finanziaria e geografica, oggi sempre più persone pensano sia alla salute che alle implicazioni etiche, politiche e ambientali legate alla scelta del piatto da mangiare. Le nostre domande sono:
«Quali conseguenze ha l’acquisto di un determinato prodotto? È accettabile mangiare tutto quanto è offerto nei supermercati? Quali sono le possibili alternative? Cosa, o meglio, chi sto mangiando e a quale prezzo?» (1)
In particolare, è il consumo di carne (e pesce) ad accendere il dibattito perché sempre più persone si sono rese conto di quanto sia moralmente inaccettabile uccidere animali per nutrirsene.
Ci si chiede sempre di più: cosa, o chi, sto mangiando e quanto è giusto farlo? In molti si sono anche resi conto che nutrirsi di animali aumenta i problemi ecologici.
Nonostante ciò, il consumo di carne è un fenomeno fortemente ambivalente: stanno crescendo in contemporanea sia la richiesta di questo alimento che il numero di persone che non lo mangiano più.
Per capire, dunque, se la carne coltivata possa essere una soluzione a queste problematiche, dobbiamo prima comprendere ciò che essa è, come viene prodotta, come la sua produzione si pone in rapporto alla sostenibilità ambientale e se il suo consumo salverà, in effetti, gli animali. In Carne coltivata. La rivoluzione a tavola? Arianna Ferrari risponde a questi nostri dubbi.
Viene subito spiegata l’origine della carne coltivata, che ha radici in visioni futuristiche di scienziatə e scrittorə che immaginavano un mondo in cui la carne potesse essere prodotta senza macellare animali.
Già dagli anni Venti e Trenta, poi, il biologo J.B.S. Haldane e il politico Winston Churchill ipotizzavano la possibilità di creare carne attraverso colture cellulari, per rispondere alle crescenti esigenze alimentari senza la necessità di allevamenti tradizionali. Questa idea è diventata una possibilità concreta solo decenni dopo, grazie ai progressi dell’ingegneria dei tessuti e delle biotecnologie.
La carne coltivata, nota anche come “carne sintetica” o “in vitro”, è dunque un prodotto derivato da cellule animali, che vengono coltivate in laboratorio per creare tessuto muscolare.
Il processo di produzione inizia con il prelievo di cellule staminali da un animale vivo. Queste cellule sono poi coltivate in un ambiente controllato, dove vengono nutrite e stimolate a crescere e a moltiplicarsi. Successivamente, vengono differenziate per assumere le caratteristiche tipiche del tessuto muscolare, il quale viene poi raccolto per essere utilizzato come carne commestibile. Questo processo è davvero molto complesso e richiede l’uso di bioreattori per favorire la crescita cellulare in modo efficace e su larga scala.
Interessante è anche il dibattito sulla terminologia associata alla carne coltivata.
Mentre alcuni preferiscono il termine “carne sintetica”, Ferrari spiega che questa definizione potrebbe portare a fraintendimenti, poiché evoca un’immagine di artificialità che non riflette il processo effettivo.
«L’Enciclopedia Treccani descrive l’aggettivo “sintetico” in chimica come un aggettivo indicante una sostanza ottenuta per sintesi chimica, ossia non proveniente dall’elaborazione di organismi animali o vegetali, e come aggettivo spesso utilizzato come sinonimo di artificiale.» (2)
Nonostante sia effettivamente prodotta in laboratorio, questa deriva da cellule animali naturali, senza l’uso di sostanze chimiche o sintetiche per formare il prodotto finale. Per questo motivo, Ferrari preferisce utilizzare il termine “carne coltivata”, in quanto descrive meglio il processo di coltivazione cellulare senza caricare il termine di connotazioni negative.
«Tuttavia l’aggettivo “coltivato” non è neutro. Nella maggior parte delle lingue europee “coltivato” è anche sinonimo di: a) qualcosa di plasmato e dominato dall’essere umano per raggiungere uno scopo (originariamente il terreno per dare frutti) e quindi anche come artificiale e/o prodotto della cultura umana (proprio nel senso del binomio natura/cultura), visto però qui come qualcosa di positivo; b) come qualcosa di “culturalmente raffinato”, “colto”, “istruito”.» (3)
Producendo questa carne in laboratorio, si riduce però la necessità di allevare e macellare animali, un aspetto che non solo allevia le loro sofferenze ma diminuisce anche il consumo di risorse naturali come acqua, terra ed energia.
La carne coltivata potrebbe rappresentare una soluzione ai problemi etici legati al consumo di carne ma solleva anche interrogativi morali e sociali, soprattutto in relazione alla sua accettazione culturale e alle implicazioni economiche per il settore dell’agricoltura e dell’allevamento tradizionali.
Ferrari, dunque, non solo evidenzia i vantaggi di questa innovazione, ma ne riconosce anche le sfide: la produzione su larga scala, la riduzione dei costi e l’accettazione da parte del pubblico sono tutti elementi chiave che determineranno il successo della carne coltivata.
L’autrice invita chi legge a considerare come la carne coltivata possa rappresentare una rivoluzione alimentare che non solo migliora la sostenibilità ambientale ma ridefinisce anche la relazione tra umanità e cibo.
Grazie Fandango Libri!
Arianna Ferrari (2024) Carne coltivata. La rivoluzione a tavola?, Fandango Libri, Roma.
- Ibidem, p. 30.
- Ibidem, p. 14.
- Ibidem, p. 28.
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