La filosofia come ars vivendi

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«Che cos’è che hai studiato tu?»
«Filosofia»

Le reazioni, tra le quali non saranno passate in rassegna le espressioni del volto, se la giocano tra poche variabili&varianti:

1. «Ah!»
2. «Filosofia! Bello!»
2bis  «Filosofia! Interessante!»
3. «Ma quindi in pratica cosa fai?
4. «Scelta coraggiosa, ma ottima scelta»

La prima reazione annette il parlante in questione alla categoria di chi, di fronte alla creatura anomala che è la voce “filosofia”, ha pensato ma non poteva dirmi che fa giurisprudenza così ero pronto a chiedere se vuole fare l’avvocato o se posso fare causa alla mia ex che mi ha rigato la macchina?

Le reazioni 2 e 2bis annoverano quelle persone che, a sentimento, percepiscono un guizzo di pregio antico nel termine e quasi sinceramente si complimentano, associandolo a qualcosa di non ben definito, ma ammirevole. Tra loro comprendiamo anche i reagenti del «sarebbe piaciuto anche a me, ma…»

La terza risposta è la più auspicabile tra quelle fornite dalla classe delle persone ignare: non sa cosa comporti l’insieme dei suoni che compongono “f i l o s o f i a” – probabilmente nella sua testa lo abbiamo pronunciato come Dori quando parla il balenese – e lo ammette candidamente.

L’ultima, lo ammetto, è la meno frequente: probabilmente questa risposta sarà di qualcuno che appartiene a una generazione più stagionata della nostra; sarà asserita con un sorriso che sa di saggezza e vita vissuta e forse con un po’ di malinconia, ma tanto conforto e sprone alle nostre orecchie.

Tutti i nostri ipotetici interlocutori sono più che giustificati. Nell’immaginario collettivo, farefilosofia equivale alle volte a figurarsi un gruppo di persone anziane dentro che parlano di niente; alla scelta di un corso di laurea che tratta nozioni intimidenti/incomprensibili/inutili o altre tristi, tristi, tristi rappresentazioni.

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Vediamo perché non è così.

La filosofia è per tutti (?)

La filosofia come ce la insegnano a scuola era considerata alle sue origini occidentali una possibilità per pochi: se appartieni a una famiglia abbiente, hai tempo per pensare. Se devi dedicarti al lavoro, lavori. Quando non lavori: non pensi, riposi.

Ora, questo ragionamento sembrerebbe più che applicabile alla contemporaneità, ma altro non sarebbe che una giustificazione alla nostra pigrizia. Dato il fatto che un essere umano può definirsi tale in quanto pensante, ne deriva che non possa esimersi dal ragionare. Crede di poterlo fare, crede di essere più furbo degli altri perché non si perde in acrobazie mentali che ritiene inutili, ma non si può dire che vegetare sia condurre una vita da essere umano. Purtroppo, qualcosa che è percepito come non producente in termini di oggetti plasmati diventa anche controproducente, tempo perso, soprattutto in un periodo storico in cui il contesto socio-economico è precario al limite della crisi nervosa collettiva. Sbagliato.

Proprio perché percepiamo l’incertezza e speriamo nella provvisorietà di questo limbo in cui la nuova generazione è costretta a vivere, è fondamentale comprendere che la filosofia non è appannaggio di pochi, ma dovrebbe essere potenzialità di tutti. Se filosofia e pratica sono due parole che difficilmente sono vicine di banco nella mente di molti, la filosofia ha in realtà sempre fornito strumenti per gestire la vita di ogni giorno. La filosofia nasce come modo di vivere, prima di diventare disciplina accademica.

Perché è utile farefilosofia?

Veniamo al dunque. Abbiamo detto che “legittimamente” le persone sono atterrite, ammirate o – nella peggiore delle ipotesi – scettiche nei confronti della filosofia. Abbiamo detto «guarda, davvero, non è il caso».

Anche escludendo la scelta di fare della filosofia il proprio percorso di studi, resta la più coraggiosa ed encomiabile delle decisioni: fare della filosofia la propria arte di vivere. Studiarla, è vero, è il punto di partenza migliore per provare a diventare una persona conscia di se stessa, un po’ più open minded, pronta ad assorbire quesiti e ad affrontare la vita in maniera consapevole, perché ci stimola tramite i big pensatori che ne hanno dette tante prima di noi. Non prentendo, però, che una manciata di righe sia sufficiente a demolire pregiudizi che occupano molto più spazio. Per ora, limitiamoci a farci venire il dubbio.

Prendere la vita con filosofia non è solo un modo di dire. Vivere secondo termini filosofici comporta indubbiamente una resa dei conti interiore. Non è contemplato, se non occasionalmente per non andare in iperventilazione:

    1. Fingere che i problemi non esistano
    1. Fingere di non dover interagire con altri
    1. Fingere di non avere domande
  1. Fingere

Come è evidente cercando sul vocabolario il contrario di “finzione”, vivere in termini filosofici comporta una ricerca della verità. Definiamo in questo caso “verità” come “vivere autenticamente”.

Non serve per forza Socrate che mette in crisi la gente: è sufficiente che ognuno metta in crisi se stesso. No al prosciutto sugli occhi, no a vivere nel mondo come se fossimo da soli, no a comportarci come se detenessimo tutte le risposte. Non abbiamo forse il potere di trovarla, una verità, ma abbiamo il potere di porci delle domande. Abbiamo il dovere di porci delle domande. Abbiamo il dovere di utilizzare i nostri cricetineurone nel modo migliore possibile per noi stessi e nel rispetto degli altri, di costruirci un’etica personale che si fondi sull’empatia, sull’autodeterminazione, su pensieri, dubbi, domande, opinioni che abbiano qualcosa in comune con le bolle di sapone: non la fragilità, ma la capacità di andare in alto.

Farefilosofia crea dentro di noi i presupposti per applicare un metodo utile a parcellizzare, analizzare e risolvere i problemi che incontriamo: sul lavoro, nello studio, nelle relazioni con gli altri, nella ricerca del vivere bene.

Farefilosofia trasforma la lente attraverso cui l’uomo vede se stesso e le cose; significa mettere in dubbio, indagare emozioni, individuare problemi e convivere con tutto ciò in equilibrio. Precario, alle volte, ma autentico.