Una delle più celebri indagini sociali sul tema dell’amore e della sessualità è il film-documentario Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini, che apre un nuovo capitolo nello studio della sessualità, degli stereotipie della mentalità della popolazione italiana. Questa inchiesta risale al 1963, in un periodo fortemente significativo in cui l’impostazione patriarcale inizia lentamente a cedere spazio a nuovi pensieri di emancipazione e libertà di espressione. Pasolini intraprende un percorso intellettuale lungo tutta la penisola italiana, arrivando a intervistare varie tipologie di individui di età, provenienza, occupazione, estrazione sociale e livello culturale diverso, riuscendo così a costruire una vera e propria mappa della mentalità popolare.
Oltre che partecipare attivamente alle interviste, talvolta utilizzando il metodo maieutico per far emergere il pensiero della comunità, Pasolini si dimostra in grado di valorizzare ogni dettaglio dei dialoghi sfruttando a pieno le potenzialità della cinematografia. Questo nuovo mezzo di comunicazione è in grado di descrivere molti più particolari della carta stampata. Infatti, guardando il film si riescono a cogliere quei sottili aspetti del dialogo che vanno oltre le parole: i sorrisi imbarazzati di qualche ragazza, i timori di parlare troppo, la spavalderia di un gruppo di giovani uomini di città, così come l’austerità di un capofamiglia in un paese rurale.
Tutte queste caratteristiche delineano ogni individuo e la sua soggettività: egli non è più solo un paragrafo di un’intervista, ma viene registrato come persona, con un modo di parlare, di pensare, di agire e di reagire alle domande dell’autore. Lo spettatore è così in grado di accorgersi da sé delle grandi differenze (e delle grandi analogie) tra città e campagna, tra nord e sud, tra classe operaia e classe dirigente.
Pasolini individua nella popolazione due correnti distinte: una cultura egemone, caratterizzata da una tendenza all’omologazione, al conformismo e spesso all’ipocrisia, e una cultura subalterna, più spontanea, sincera e aperta alle problematiche della sessualità. Nel nord Italia si è molto legati a un’ideologia politica e di pensiero conservatrice e alla morale cattolica, che tende a celare le problematiche relative alla sessualità, a differenza del sud che fa emergere, in tutta la sua drammaticità, le contraddizioni di una cultura repressiva e repressa. Questa indagine mostra come risultato un quadro contraddittorio che alterna a mentalità molto aperte (che accennano ad un rinnovamento e ad una rivoluzione sessuale), mentalità rigide, fortemente ancorate a strutture patriarcali. Si nota, anche negli strati di popolazione più acculturata, una diffusa ignoranza, un profondo e generalizzato conformismo e un vero proprio timore di affrontare senza vergogne e pregiudizi un qualsiasi confronto sul tema della sessualità, che merita di essere sviluppato più accuratamente e con maggiore naturalezza.
Le persone intervistate sono visibilmente imbarazzate e talvolta anche “scandalizzate” nel rispondere a delle domande che nella loro sostanza sono semplici e naturali. Tutto ciò che fa riferimento alla propria sessualità viene trattato con riserbo, perciò si tende a parlarne il meno possibile. Pasolini individua nell’essere umano una propensione a ricercare degli schemi a cui conformarsi, utili per governare e indirizzare la propria sessualità razionalmente, culturalmente e moralmente.
Le persone giudicano ogni comportamento sessuale diverso dalla norma come un pericolo, definendolo anomalo e perverso. Nel capitolo Schifo o pietà l’autore intervista le persone domandando che cosa pensino degli omosessuali, e spesso le risposte che ottiene sono negative: si parla di “schifo”, di immoralità, di peccato e di vizio. Quello che viene messo in mostra è un lato della società legato profondamente alla mentalità tradizionale. Le opinioni della comunità poggiano saldamente sui principi della società patriarcale, che non prevedono una visione della sessualità e dell’amore differente dal tipico matrimonio. Una voce decisamente fuori dallo schema mostrato è quella di Ungaretti. Il poeta, alle domande di Pasolini, risponde con grande naturalezza sottolineando come ogni uomo, a suo modo, sia diverso dagli altri e quindi come ogni uomo sia anormale a livello fisico, personale, morale, e anche sessuale.
Pasolini: “Ungaretti, secondo lei esiste la normalità e la anormalità sessuale?”
Ungaretti: “Senta, ogni uomo è fatto in un modo diverso. Dico nella sua struttura fisica è fatto in un modo diverso, fatto anche in un modo diverso nella sua combinazione spirituale, no? Quindi tutti gli uomini sono a loro modo anormali, tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la natura, e questo sino dal primo momento… sino dal primo momento: l’atto di civiltà, che è un atto di prepotenza umana sulla natura, è un atto contro natura.”
Pasolini avverte, tuttavia, che ciò che si presenta nella sua inchiesta non è che un’immagine parziale. Molte persone si sono rifiutate di parlare, evitando il microfono dell’autore, rimanendo nel silenzio senza esprimere la propria opinione, e le ragioni di questo silenzio devono comunque essere analizzate. La maggior parte degli intervistati ritengono che i problemi sessuali siano argomenti personali e perciò non devono essere trattati pubblicamente, sostenendo che la società affronta e analizza fin troppo questi temi. Il film-documentario termina con un motivo di natura narrativa in cui si mette in scena un matrimonio, l’alternativa a tutte le dissertazioni sul sesso. La perpetuazione di un rito antichissimo, che viene tramandato di generazione in generazione, simbolo di un modello paradigmatico e cristallizzato. Ed è proprio attraverso quest’ultimo atto, che Pasolini augura un futuro di maggiore responsabilità sul tema sessuale, di approfondimento e di studio.
Tonino e Graziella si sposano: e chi sa, tace, di fronte alla loro grazia che non vuole sapere. E invece il silenzio è colpevole: e l’augurio a Tonino e a Graziella sia: “Al vostro amore si aggiunga la coscienza del vostro amore.”
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