Focolai di altruismo

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Nell’emergenza Coronavirus diverse sono le storie di generosità, solidarietà e altruismo. Associazioni di volontariato o semplicemente singoli cittadini, in maniera del tutto spontanea, si sono resi disponibili per fare la spesa o ritirare medicine a domicilio.

Servizi gratuiti di piccole commissioni per tutte le persone più fragili: gli anziani soli, i malati, chi lotta contro una disabilità, donne in gravidanza e tutti coloro che sono bloccati in casa e non possono uscire a causa del Coronavirus. Un aiuto concreto, gratuito e sincero, anche una semplice parola di conforto al telefono per sostenere chi si sente solo e ha bisogno di essere incoraggiato. Tante sono le esperienze di volontariato, di solidarietà e di impegno sociale in questo momento così difficile della vita di ognuno di noi.


A questo punto verrebbe da chiedersi: Allora esiste davvero l’altruismo? E su cosa si fondano i nostri comportamenti altruistici? 


Il filosofo Arthur Schopenhauer sostiene che l’agire per altruismo risieda nel termine compassione, dal latino cum patior “soffro con” e dal greco sym patheia “simpatia”. La compassione è un sentimento che porta a sentire le sofferenze altrui come proprie e che trova massima espressione nella carità e nell’amore disinteressato. Il filosofo di Danzica, nel Fondamento della morale, così scrive:

«Perciò è necessario che io partecipi del suo dolore come tale, che io senta il suo dolore come di solito sento il mio, e che perciò io voglia direttamente il suo bene come di solito voglio il mio. Ma ciò esige che io mi identifichi in qualche modo a lui, cioè che ogni differenza tra me e un altro, sulla quale si fonda il mio egoismo, sia, almeno in un certo grado, soppressa». (1)

Tuttavia, il pensiero morale di Schopenhauer nella sua complessità è pessimista: infatti, egli ritiene  che solo pochissimi individui sono in grado di superare l’innato egoismo che li caratterizza. La compassione è una conquista e non un’inclinazione naturale.


Vi sono però altri studiosi che sostengono una visione più positiva dell’agire umano.


David Hume, ad esempio, afferma che il sentimento di simpatia che ciascuno prova nei confronti dell’altro sia più forte di qualsiasi individualismo. L’altruismo nasce spontaneamente e si sviluppa nell’uomo perché è inscritto nella sua natura. Il senso morale è, come gli altri istinti, parte delle doti naturali: 

«Questi sentimenti sono così radicati nella nostra costituzione e nel nostro carattere, che non è possibile estirparli e distruggerli». (2)

L’origine del termine “altruismo” risale al filosofo francese Auguste Comte, fu proprio lui ad introdurlo. Comte, uno dei padri della sociologia e del positivismo, considera l’altruismo come un vivere per gli altri che porta al benessere non solo sociale ma anche individuale. Il termine fu utilizzato da altri intellettuali, venendo così a riempire un vuoto lessicale nel dibattito già in corso e a sostituire le parole come «benevolenza» o «simpatia». (3)


Alcuni degli aspetti più innovativi del dibattito scientifico nel nostro secolo riguardano l’aspetto psico-biologico dell’altruismo.


Gregory Berns (4), professore di psichiatria alla Emory University School of Medicine di Atlanta, attraverso una ricerca condotta nei primi anni del 2000, ha appurato, utilizzando tecniche di imaging cerebrale, che quando i soggetti mettono in atto comportamenti altruistici e cooperativi, nel loro cervello aumenta l’irrorazione sanguigna proprio nelle aree cerebrali di solito attivate dalla vista di cose piacevoli e gratificanti. Un gesto generoso, pertanto, sembrerebbe in grado di attivare un’esperienza fisiologica di benessere dimostrando come i comportamenti altruistici sono innati nell’uomo e rafforzati da sensazioni cerebrali positive. 

Ma se è vero che chi svolge attività di volontariato e di aiuto nei confronti dei soggetti in difficoltà viene in genere apprezzato per le sue qualità umane, è altrettanto vero che la società ci induce a preferire i comportamenti competitivi rispetto a quelli cooperativi, favorendo forme di individualismo diffuso. Pertanto, se gli atti di altruismo presentano una base di carattere fisiologico sono spesso le spinte sociali a condurci nella direzione opposta. 


Per fortuna, però, un sacco di gente dona risorse personali anche importanti, compreso il proprio tempo, per promuovere una solidarietà attiva superando il modello di una società competitiva e della prestazione e orienta la propria bussola morale verso un comportamento generoso nei confronti dell’altro. 


Tutte le esperienze di solidarietà e di mutuo aiuto a cui stiamo assistendo nel corso di questa pandemia di Covid-19 ci dimostrano come si possa ancora scommettere sulla generosità anziché sull’egoismo e come sia ancora auspicabile una società solidale in cui prevalga la cooperazione sull’utile, l’empatia sull’egoismo.





(1) A. Schopenhauer, Il fondamento della morale, Laterza, Roma, 2005, 260.

(2) M. D. Hauser, Menti morali. Le origini naturali del bene e del male, Il Saggiatore, Milano, 2010, 35.

(3) http://www.treccani.it/enciclopedia/altruismo_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/

(4) http://psychology.emory.edu/home/people/faculty/berns-gregory.html

BIBLIOGRAFIA: 

M. D. Hauser, Menti morali. Le origini naturali del bene e del male, Il Saggiatore, Milano, 2010. 

D. Hume, Trattato sulla natura umana, Laterza, Roma, 2005.

V. Merlo, Il miracolo dell’altruismo umano. La sociologia dell’amore di P. A. Sorokin, Armando Editore, 2011.

A. Schopenhauer, Il fondamento della morale, Laterza, Roma, 2005.

SITOGRAFIA:

http://www.treccani.it/enciclopedia/altruismo_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/

http://psychology.emory.edu/home/people/faculty/berns-gregory.html

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