Difendersi. Una filosofia della violenza.

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Un argomento decisamente spinoso e dibattuto viene restituito agli occhi di chi legge in una forma di saggio accattivante e curioso, dove Elsa Dorlin sviluppa un’analisi filosofica del corpo che si unisce inevitabilmente all’aspetto del difendere una propria esistenza del sé. 

Di difesa personale la filosofia ha parlato con Locke e Hobbes in maniera estremamente potente: le visioni differenti di questi due pensatori portano l’autodifesa ad essere un diritto esercitabile da chiunque nei confronti di chi vìola una proprietà, generando una vera e propria guerra sociale per il primo e alla rinuncia da parte di tutti i cittadini al praticare la difesa a tutti i costi per farla confluire nell’unica autorità accettata con il contratto sociale per il secondo. 

Difendersi significa porre sul piatto la questione della sopravvivenza, della vita, ma anche della lotta di genere, del riconoscimento di diritti, della negazione di un’oggettivizzazione che viene appiccicata addosso agli individui. 

Così, come in una danza clandestina degli indigeni con i loro corpi sempre tesi, Dorlin ci presenta una vera e propria storia della difesa, partendo proprio dal mancato riconoscimento come individui delle popolazioni sopraffatte dal colonialismo, private della loro identità, rese mere proprietà dei bianchi. 

Ma la difesa del sé come difesa della propria identità diviene un fenomeno sociale che si diffonde a macchia d’olio: maggiori sono le discriminazioni e le oppressioni che si sono riproposte nel corso dei secoli, maggiori sono i moti insurrezionalisti che vediamo nascere, come la difesa degli ebrei nei ghetti e nei pogrom russi, che decidono di combattere e mostrare i denti non tanto per sopravvivere ma per morire in maniera dignitosa, evitando il suicidio.


Non solo storia maschile.


La difesa delle proprie idee è fortissima nelle suffragette che imparano a utilizzare il Bartitsu (un mix tra ju-jitsu e arte di difesa con canna) rovesciando contro il patriarcato gli stereotipi stessi che erano stati cuciti addosso alle donne: gli ombrellini e i tacchi diventano armi di difesa che destabilizzano e gridano all’uguaglianza. 

E il ribaltamento di questi strumenti di forza contro il potere stesso lo vediamo anche nel caso delle Black Panther, delle problematiche interne che il movimento riscontra tra chi decide di usare la forza e chi ne scongiura l’utilizzo, tra chi si chiude verso un unico obiettivo e chi cerca con forza di includere anche i concetti di intersezionalità, di femminismo, di omosessualità.


Così donne bianche e nere si ritrovano a combattere per le stesse idee, seppur distanti nel tempo e nello spazio. 


E oggi tutte le donne si ritrovano a combattere verso i pregiudizi che ancora ci stringono in un angolo quotidianamente, come vediamo nella storia di Bella nel romanzo Sporco Weekend, nei cartelloni sulla violenza contro le donne o nella creazione del videogioco Hey Baby! in cui non si fa altro che sparare a uomini stereotipati che per strada ci fanno cat-calling (1).

Una storia – quella che ha posto le persone nei secoli a doversi guardare continuamente gli uni dagli altri – che si ripete sempre nuova e sempre diversa.

Difendersi è un saggio che ci porta a riflettere sulla cornice che sempre fa da sfondo a tutte queste vicende, ossia ciò che Dorlin definisce un governo difensivo che «sfinisce, conserva, cura, eccita e uccide, secondo un meccanismo complesso» (2). 

Grazie Fandango Libri!

Elsa Dorlin, Difendersi, trad.it Annalisa Romani, Roma, Fandango Libri, 2020.

(1) Con cat-calling si intendono i richiami, fischi e appellativi non richiesti che vengono fatti alle donne per strada.

(2) p.9