Da sempre interessata al femminile, anche come categoria dell’essere non in contrapposizione, ma in con-vivenza con il maschile, ho invitato Paola Giordano, pittrice milanese, a dialogare. Filosofia significa anche incontro e confronto alla ricerca di nuove modalità per comunicare.
MG: Il Femminile è una categoria dell’essere, un concetto antico che rimanda a ciò che i Greci scorgevano nell’essere umano in una visione globale per cui ci si poteva esprimere con maggiore libertà. Credo che la vera libertà sia prendere le distanze, elaborandoli, dagli stereotipi. Il Femminile appartiene a tutti noi e non ha nulla a che fare con l’identità sessuale, con l’orientamento o con il sesso di appartenenza. Il Femminile esiste ed entra in relazione con gli altri. Visto in questo senso è una risorsa preziosa che anche i maschi non devono temere di mostrare.
Cosa ne pensi Paola? E dal tuo punto di vista cos’è il Femminile?
PG: Il femminile per me è qualcosa di intrinseco e che hai dentro, è quella cosa fondamentale che si esprime in mille modi, anche nella semplice gestualità, per esempio il modo come ti muovi, come ti porgi agli altri, come cammini…credo sia quella profonda emanazione della nostra essenza di donne, che fa sì che possa attirare l’attenzione del “maschio”, coinvolgerlo, attirarlo a noi. Probabilmente un fattore anche di chimica. Certo è che al giorno d’oggi la femminilità va scomparendo, lasciando molto spesso il posto all’aggressività.
Per me il Femminile non è però banalmente sensibilità, tenerezza, capacità accuditive, sarebbe troppo riduttivo, possiamo invece immaginarlo come una parte di noi, una dotazione naturale certamente più presente nella femmina e che una femmina sa, anche se non sempre, manifestare con maggiore immediatezza. Siamo legati per cultura a rappresentazioni femminili stereotipate, ad esempio che è da femmine piangere, i maschi invece, anche se i giovani sono meno schiavi di questo stereotipo, non devono lasciarsi andare a piagnistei. Convinzioni deleterie sopravvivono ancora e condizionano le nostre relazioni, bloccano la libertà di essere quello che si è davvero. La violenza si nutre anche di stereotipi, per questa ragione dobbiamo smantellarli.
Credo che molti stereotipi, come giustamente dici tu, vadano smantellati, uno di questi è sicuramente la “colpa”. Il discorso è lungo, ma credo che uno dei principali problemi che bisognerebbe annullare, è proprio il non lasciare essere la donna pienamente libera di vivere la sua essenza fisica, anche sessuale, la sua femminilità liberamente, svincolata dal pregiudizio che comunque sempre l’accompagna. È inutile dire che abbiamo raggiunto la parità, quando il concetto di ”colpa” rimane avvinghiato profondamente alla donna. Infatti, mai come oggi, le donne vengono ammazzate o brutalmente picchiate semplicemente perché vivono la loro femminilità appieno.
Beh, hai toccato un topos importante: la colpa. Direi, dal punto di vista freudiano – perché non scordiamo quanto Freud fosse filosofo e di lui prendiamo ciò che ci ha lasciato di straordinario ma non dimentichiamo il suo maschilismo – possiamo parlare di senso di colpa inconscio, ancora vivo nonostante l’emancipazione femminile nel profondo dell’essere di una femmina che in questo caso definisco donna, il femminile è una categoria, non dimentichiamolo. Il senso di colpa inconscio nasce dalle leggi e dall’educazione, certamente una parte in causa ce l’ha quella famosa cacciata dall’Eden. È colpa della donna se abbiamo perso il paradiso? Anche l’arte più essere una strada, ne sono certa, per liberarsi dalla colpa che dall’origine del mondo si è abbattuta sul genere femminile. Mi interessa sapere come ti rapporti con le immagini che produci rispetto alla donna e alla sua ancora difficile posizione nel mondo?
La mia pittura è anche e soprattutto una pittura concettuale, con i miei Fiori Metropolitani affronto il tema della vita, dell’essere umano senza distinzioni di genere; il Fiore come simbolo di umanità catapultato nel caos della vita odierna, ma molto spesso nei quadri ho affrontato anche il terribile problema sociale riguardante le donne, lo vivo con grande dolore, mi rendo conto che sempre più spesso la donna viene lasciata sola ad affrontare mentalità e situazioni drammatiche e, nonostante ci picchiamo di essere evoluti ed emancipati, siamo in realtà regrediti. Nel mio quadro Abbraccio, per esempio, dove si vede una figura femminile stilizzata, quasi infantile, con le braccia spalancate ad affidarsi al mondo e invece viene inchiodata e calpestata, tocco il tema dell’ingenuità, e quindi del tradimento: “mi affido a te inerme e tu mi distruggi”. Nell’altro mio quadro Scrambled Women vediamo un filo che diventa un vortice, un buco nero, con mani di donne che schizzano disperate a cercare aiuto, aiuto che molto spesso viene negato, ma vi è un punto di luce nel buio perché la speranza non deve mai morire. Prima o poi ci dovremo riuscire a salvarle ad acchiapparle quelle mani disperate che cercano aiuto, a tirarle fuori da quel groviglio di vita tormentata, mani che si scontrano con l’indifferenza. Potrei andare avanti, ho affrontato tante altre tematiche che riguardano le donne nella nostra società, dall’infibulazione, ai burqa, ma mi fermo qui perché non voglio diventare prolissa.
Parliamo del mio caro Platone, il più grande discepolo di Socrate capace di farmi innamorare della filosofia. Pensa un po’ che, ma tu lo sai già, il filosofo Socrate mi ha dato la forza di scrivere libri, l’ho ascoltato, ho cercato le mie risorse interiori e ho scritto il mio secondo libro, Ho messo le ali, dove parlo anche dei ricattatori sessuali: quante donne hanno subìto questo abuso? Ma torniamo a Platone, egli è troppo erroneamente considerato un filosofo contro l’arte. La sua critica nel II libro della Repubblica definisce l’arte mimesis, copia di una copia, in quanto la vera realtà è nell’Iperuranio, nella dimensione, potremmo dire oggi, dove sola esiste la perfezione, manchevole qui nel mondo naturale. L’artista copia la natura, copia una copia della vera realtà. Cosa ne pensi?
Forse una volta l’artista copiava la natura, alla ricerca del bello assoluto, ma tutto cambia, tutto si evolve, e con l’introduzione della fotografia l’artista non ha più bisogno di riprodurre la natura, bensì di ricreare sensazioni dell’anima o di denuncia, di creare attraverso l’opera una realtà concettuale o puramente astratta che dalla natura prende spunto, ma solo come concetto emozionale che viene rielaborato dal pensiero per poi tradursi in opera. Non c’è più bisogno del “bello”, perché il bello può anche essere “brutto”, ma sicuramente dell’”anima” e questa va oltre la perfezione, diventa realtà assoluta di creatività dove l’originalità è parte del tutto, perché nasce dal pensiero e dove l’equilibrio, diventando armonia, a volte riesce a raggiungere il sublime.
Immaginavo tu mi rispondessi così e per certi versi sono d’accordo. Circa il bello devo contraddirti, il bello ci dovrebbe salvare. Ricordi cosa diceva Dostoevskij? La bellezza salverà il mondo. Non possiamo dargli torto, ma ora come ora possiamo dire che siamo noi a dover salvare il bello sempre più vilipeso e messo in ombra e se, come affermi c’è bisogno dell’anima, non possiamo negare che questa “anima” debba essere bella! Tornando a Platone e alla critica, da molti è ritenuta errata e io sono d’accordo. L’arte se non si è pronti a riceverla può lusingare i giovani fornendo immagini illusorie, ciò vale per tutte, poesia compresa. Circa il concetto di mimesi, il fatto di ritenere l’arte copia di copia come dici tu può considerarsi superato per il fatto che oggi l’artista non ha più necessità di copiare, ma la faccenda è più complessa in quanto si rifà al mondo delle idee platonico, che mi piace definire il “luogo della verità” estraneo alla realtà contingente dove esistono le tante verità, forse per questo nessuna veramente vera?
Mi hai convinta, ma vorrei dire che abbiamo dimenticato di parlare di seduzione.
Sedurre significa condurre a sé e questo lo sanno mettere in atto benissimo anche gli uomini. Ecco, vedi, io osservo gli esseri umani nelle loro differenze che è bene continuino a esistere, ma nello stesso tempo colgo con piacere le analogie. Avere qualcosa in comune ci avvicina. Non è quello che vogliamo? La parità si raggiunge con un cammino da percorrere insieme. La seduzione non è solo femminile, altrimenti si ritorna a quella condizione di colpa per la donna che è la causa prima delle discriminazioni.
Questo nostro dialogo tra arte e filosofia vuole essere un tentativo di confronto alla ricerca di scambio continuo, perché un filosofo o una filosofa e un artista o un’artista non sono mai paghi e continuamente in ri-cerca. È un vero dialogo tra due persone che non la pensano allo stesso modo, ma che hanno il desiderio di sano confronto. Possiamo dire che Filosofia e Arte salveranno il mondo?
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