Storie dal mondo delle formiche

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Storie dal mondo delle formiche

Le formiche. Quegli esserini minuscoli che a volte ci troviamo tra i piedi. Piccole, veloci, talvolta le vediamo trasportare qualcosa sul dorso, a volte sono per metà rosse e per metà nere. Timide, operose, capita di vederle in fila sui muri delle nostre case o nelle nostre cucine che rubano una minuscola briciola di pane. Personalmente, se penso a questi insetti, torno indietro nel tempo, alle gambe ricoperte del mio compagno dell’asilo che aveva affondato un loro nido. Ne ricordo tantissime, che sgorgavano tra le rotture delle mattonelle fuori dalla casa della nonna. Penso anche a me stessa bambina che, avendo sentito che i buddhisti non le schiacciavano, stavo attenta a fatica a non pestarle.


Una cosa è certa: le formiche fanno parte della nostra quotidianità. Ma le conosciamo davvero?


Riflettendoci, mi sono detta che no, io non le conosco per niente. Per questa mia ignoranza, ho divorato Storie dal mondo delle formiche (1). Un’opera di divulgazione scientifica, ma anche autobiografica, che ci trasporta nel loro piccolo, ma affascinante, mondo.

L’autore, E.O. Wilson, racconta, attraverso la narrazione delle proprie avventure – dalle ricerche infantili fino ai viaggi intercontinentali nei posti più remoti e pericolosi sulla faccia della terra – una passione fortissima per questi insetti. 


Perché un libro così può interessare anche noi filosofe? 


Al di là delle osservazioni più tecniche, Wilson ci mostra le differenze e le somiglianze tra i comportamenti umani e le caratteristiche della nostra società e quelli delle formiche. Interessanti sono, ad esempio, gli studi sul modo di comunicare di questi piccoli insetti, che è prettamente chimico: si basa sui feromoni e sul loro olfatto finissimo e sul gusto.

Gli uomini, invece, utilizzano la vista e l’udito e questo fatto ha influito in maniera sostanziale sull’evoluzione del nostro linguaggio e, di conseguenza, della nostra società. I significati delle cose per le formiche sono prefissati geneticamente, per noi no: per questo abbiamo creato dei mondi possibili e abbiamo assegnato un significato arbitrario alle cose (2). A chi di noi ha approfondito la filosofia del linguaggio, queste affermazioni faranno probabilmente pensare ai filosofi analitici, che hanno esaminato i concetti di senso e significato (3).

Altrettanto curiose sono alcune abitudini delle formiche relativamente al trattamento riservato ai feriti e ai morti: «[…] Se un membro della colonia è rimasto gravemente ferito sul campo, nel caso di molte specie, viene riportato al nido e mangiato. […] Una formica che muore di vecchiaia o di malattia dentro il nido semplicemente rimane immobile […]. Di solito rimane lì dove si trova. Al massimo dopo qualche giorno una compagna raccoglie il cadavere e lo porta fuori dal nido oppure lo getta su una pila di rifiuti in una delle camere interne del formicaio. […] Non è prevista alcuna cerimonia» (4).


Comportamenti immorali, apparentemente, ma che non dovremmo giudicare con i nostri umani parametri.


La società delle formiche è organizzata e lo è talmente tanto da apparire intelligente: regna l’altruismo, tutto viene fatto in funzione della collettività e c’è una rigida divisione “in caste”. In questo, la società dei piccoli insetti potrebbe ricordare quella umana, poiché esistono individui che – senza avere come unico scopo la riproduzione – si prestano agli altri in funzione della sopravvivenza comune (5). 

Non c’è nulla di etico in questo, però, ci ricorda Wilson, perché è tutto frutto del loro istinto «in quanto non sono in grado di fare nulla di diverso da ciò che si sono adattate a fare per effetto dell’evoluzione. Gli esseri umani, per contro, sono dilaniati dal contrasto tra i bisogni dell’individuo, della famiglia e della tribù. Noi usiamo la cultura per negare l’istinto o, perlomeno, per tenerlo a bada, perfino quando da questo nascono i nostri valori» (6).


Un’altra curiosità sulle formiche può interessare e far sorridere noi filosofe, che ripetiamo spesso che vorremmo la parità di genere, non una nostra egemonia. La loro società, infatti, è completamente dominata dalle femmine.


Wilson dice, ironicamente – giocando sulle mal interpretazioni del femminismo che lo vedono come contro gli uomini  –  a riguardo: «Sono un convinto femminista […], ma ammetto che tra le formiche […] la parità di genere è andata un po’ fuori controllo. Le femmine detengono infatti un potere assoluto. Tutte le formiche che vediamo lavorare, quelle che esplorano l’ambiente, quelle che vanno in guerra […] sono femmine. I maschi […] hanno un solo scopo nella vita: fecondare nei voli nuziali le regine vergini provenienti da altre colonie» (7).  

Storie dal mondo delle formiche, però, non è solo questo. Una cosa è certa: leggendolo si guarderà a questi esserini in modo diverso.


Approfondendo questi piccoli insetti, Wilson ci parla indirettamente anche di noi che, spesso, dimentichiamo di essere animali e di essere, come loro, frutto dell’evoluzione e della selezione naturale.


E.O. Wilson, Storie dal mondo delle formiche, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2021.


Grazie a Raffaello Cortina Editore!





(1) E.O. Wilson, Storie dal mondo delle formiche, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2021.

(2) Cfr. Ivi, p.74.

(3) In particolare, si consigliano: Gottlob Frege, Saul Kripke e Willard Van Orman Quine. 

(4) Ivi, p.135.

(5) Cfr. Ivi, p.75.

(6) Ivi, p.80

(7) Ivi, p.13.