L’invasione della Russia in Ucraina ha completamente immobilizzato il mondo. Una guerra nel bel mezzo dell’Europa nel 2022 era considerata qualcosa di impensabile dall’opinione comune fino a un mese fa, ma il dato di fatto è che la violenza è sempre stata lo strumento prediletto dagli stati per affermarsi o risolvere in via definitiva problemi e crisi già esistenti.
Ogni volta che c’è un conflitto armato crediamo fermamente che possa essere l’ultimo, eppure non è mai così. Se consideriamo la guerra come uno degli strumenti più antichi e purtroppo ancora più utilizzati per affrontare le controversie tra stati e popoli, cercare di comprenderne meglio le dinamiche ci può essere utile per andare al di là dello scontro singolo e cercare di approfondirne le caratteristiche.
Per compiere questa operazione il testo di Norberto Bobbio Il problema della guerra e le vie della pace ci viene in grande aiuto, fornendoci spunti illuminanti sulla comprensione del sistema dei conflitti armati.
Bobbio ci spiega come il compito principale della filosofia nei confronti della guerra fino a questo punto sia stato legato al tentativo della sua giustificazione attraverso le varie teorie della guerra giusta, che si sono susseguite nel corso della storia. Ma ad oggi è possibile perseguire questo compito? In un’epoca, come quella attuale, in cui l’uomo ha a disposizione armi attraverso le quali può auto estinguersi, è possibile giustificare la violenza civile o tra stati?
La risposta che ci fornisce Bobbio è chiara: la guerra, con l’avvento delle armi atomiche, ha cambiato tutte le categorie attraverso cui siamo abituati a spiegarla e diventa una via bloccata, senza scampo, in quanto la vittoria di una delle due parti nel conflitto nucleare può comportare la distruzione dell’umanità intera.
Se la guerra è una via senza uscita, come si spiega la sua centralità nel cambiamento di ogni assetto sociale e politico nel corso della storia?
La grande maggioranza di questi rovesciamenti, infatti, è avvenuta dopo un conflitto armato ed è difficile quindi potersi immaginare una storia senza guerra. La risposta di Bobbio è data dalle condizioni concrete in cui l’uomo vive attualmente: per la prima volta nella storia l’umanità ha a disposizione le armi per annientare l’intero pianeta (le armi nucleari) e proprio in base a questa realtà il concetto stesso di storia deve essere rivisto, in quanto il conflitto armato da adesso in poi non comporterà più semplicemente un cambiamento dell’assetto sociale e politico corrente ma, più facilmente, l’annientamento della storia stessa. Subentra, dunque, la necessità di trovare strade alternative al conflitto armato e abbandonare il tentativo di giustificazione della guerra, qualsiasi essa sia, partendo dalla considerazione che di fatto ogni guerra combattuta nel corso della storia si è svolta pensando che fosse “giusta”.
«Insomma ciò che permette di giustificare la violenza in certe situazioni è l’esistenza di un’altra violenza, considerata originaria, la cui negazione è possibile soltanto attraverso una nuova violenza che si pone come derivata. Ma chi decide quale sia la violenza originaria e quale sia la violenza derivata? Questo è il problema. Un problema cui sinora nessuno ha mai trovato una soluzione perché la violenza originaria è sempre, per ognuno dei due contendenti, quella dell’altro». (1)
In questo contesto subentrano le alternative possibili al conflitto relative ai pacifismi.
Nel testo scopriamo che il concetto di pace non assume più solo un significato puramente etico, ma comprende delle vere e proprie tecniche e movimenti che cercano di dare delle risposte concrete come alternativa alla violenza. L’esempio di Gandhi è solo uno di quelli analizzati da Bobbio.
Il testo ci offre una prospettiva e delle alternative concrete per rispondere al problema della guerra, con la speranza che l’uomo ne comprenda l’ormai definitiva mancanza di senso.
(1) N. Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, Urbino, 2009, pp. 151.
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