Lustmord (1993-1994) fu la provocazione che Jenny Holzer lanciò al pubblico, in risposta alla guerra in Bosnia (1992-1995) e alle violenze che le donne da sempre subiscono durante i conflitti armati. In particolare l’artista si concentra sull’atto dello stupro, che viene dall’uomo usato come mezzo di affermazione del proprio sé sulla popolazione altra (sullo stupro come mezzo strategico, si può approfondire qui).
Attualmente esposta nel museo d’arte contemporanea MSUM di Lubiana, Lustmord è un’opera che rappresenta un punto di svolta nel carattere espressivo dei lavori di Jenny Holzer: è la prima volta in cui l’artista usa il corpo umano come strumento di espressione.
Il titolo dell’opera è una parola tedesca che significa “omicidio sessuale”, qui inteso anche nell’accezione di stupro. L’opera consiste in diverse frasi scritte su pelle umana, e che unite assieme compongono tre poemi distinti.
Rappresentate nella serie di fotografie che compongono l’opera, sono scritte da tre diversi punti di vista: osservatore, carnefice e vittima. Diversi “io” a raccontare la vicenda attraverso i propri occhi incisi con inchiostro blu, rosso e nero su corpo di donna. I testi, mescolati tra loro, hanno l’obiettivo di confondere l’osservatore, che non intuisce immediatamente a quale delle tre voci narranti sta prestando attenzione, così da riflettere sui meccanismi della rape culture e sullo schema di pensiero che tende a incolpare la vittima (1).
«Ho utilizzato il linguaggio perché volevo esprimere un tipo di contenuto che tutte le persone, e non necessariamente solo gli appassionati d’arte, potessero cogliere» (2).
Attraverso l’uso dei mass media e della cultura popolare infatti, a partire dagli anni settanta, Jenny Holzer ha provocato e sfidato gli stereotipi riguardanti l’arte nella società contemporanea: i suoi lavori comprendono sia battute spiritose che meditazioni più intense e auliche riguardo la condizione umana, come nel caso della collezione War Paintings (2006-2009). Nella sua espressione artistica, «la parola è soggetto formale e visivo oltre che significante» (3) e tutt’oggi Holzer si conferma come una tra le artiste più innovative e di rilievo degli ultimi quarant’anni (4), arrivando a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale d’arte di Venezia nel 1990.
La prima volta che Lustmord compare al pubblico è sulle pagine del quotidiano tedesco “Süddeutches Zeitung” (n. 46, novembre 1993).
In particolare, questo modo iconografico di denunciare la violenza sulle donne, che rappresenta la percezione della donna “altra” come oggetto da disprezzare, viene associato al tentativo di Holzer di superare quella dicotomia cartesiana mente-corpo, in cui il privilegio dell’una viene acquisito a spese dell’altro. Storicamente nei campi di sapere umanistico, a partire soprattutto dal XVI secolo e in particolar modo nel contributo filosofico di Descartes, il corpo assume una connotazione riduttiva e negativa rispetto alla facoltà della ragione, che viene identificata come il discrimine uomo-animale.
Jenny Holzer, al contrario, esercita un rovesciamento di prospettiva, rendendo la corporeità e le sensazioni ad essa connesse il focus dell’opera, che vuole denunciare come la donna perda la posizione di soggetto incarnato avente una voce e una volontà, e, attraverso violenza sessuale, si trovi reificata a un indicatore di inferiorità sessuale, razziale, ideologica (5). In questi termini, la messa in scena dell’opera si serve del corpo femminile come protagonista proprio per denunciarne l’oggettificazione.
Interessante è il fatto che le frasi che esprimono il punto di vista della vittima sono state realizzate con un misto di inchiostro e sangue donato su adesione volontaria da donne tedesche e jugoslave per il progetto. Questo fece scalpore all’epoca, soprattutto per il timore di contrarre malattie, come l’HIV o infezioni sessualmente trasmissibili.
Lustmord sfida la logica di controllo di genere fondata sulla diseguaglianza tra uomo e donna nei campi relativi all’arte, alla creatività e al corpo.
Holzer si pone controcorrente rispetto ai grandi dell’arte come Picasso, Renoir e al filosofo Derrida e alle loro opere che mantengono acceso quel privilegio di una creatività maschile virilizzata, e lo fa attraverso un’eccessiva determinazione del della figura femminile con l’idea di un corpo mutevole ed elastico, anche attraverso l’uso misto di inchiostro e sangue per esprimere la sofferenza femminile (6).
Da sempre, Holzer usa lo spazio pubblico come tela artistica, stampando aforismi su qualsiasi superficie quotidiana, da t-shirt alle portiere dei taxi e confezioni di preservativi, come nel caso della collezione Truisms.
Ha trasformato in arte diversi spazi architettonici, come nel caso del Louvre (2009) o la facciata del Museo Correr di Venezia (2015) e particolare è la sua visione non didattica dell’arte: alla domanda se l’arte possa cambiare il mondo, Jenny Holzer sostiene che l’arte può farlo suscitando emozioni, «quando è giusta e dice almeno la verità. […] L’arte deve avere una dose di magia e di mistero e non essere didattica» (7).
(1) Cfr. P. Epps, Jenny Holzer è l’artista contemporanea che non potete non conoscere, disponibile al link https://i-d.vice.com/it/article/yw3ek7/jenny-holzer-e-lartista-contemporanea-che-non-potete-non-conoscere
(2) «I used language because I wanted to offer content that people – not necessarily art people – could understand», trad. mia.
J. Holzer, in 5 ways Jenny Holzer brought art to the streets, disponibile al link https://www.tate.org.uk/art/artists/jenny-holzer-1307/5-ways-jenny-holzer-brought-art-streets
(3) M. Gandini, Jenny Holzer, il peso delle parole è una critica al sistema, La Stampa, giugno 2019, disponibile al link https://www.lastampa.it/tuttolibri/2019/06/08/news/jenny-holzer-il-peso-delle-parole-e-una-critica-al-sistema-1.37517088
(4) Cfr. P. Epps, The enduring legacy of Jenny Holzer, disponibile al link: https://i-d.vice.com/en/article/yw3ek7/the-enduring-legacy-of-jenny-holzer
(5) Cfr. M. Meskimmon, Jenny Holzer’s ‘Lustmord’ and the project of resonant criticism in International Feminist Art Journal, 6 (Desire and the Gaze, luglio 2000), pp. 12-21, p. 8.
(6) Cfr. M. Meskimmon, Jenny Holzer’s ‘Lustmord’ and the project of resonant criticism in International Feminist Art Journal, 6 (Desire and the Gaze, luglio 2000), pp. 12-21, p. 9.
(7) M. Gandini, Jenny Holzer, il peso delle parole è una critica al sistema, La Stampa, giugno 2019, disponibile al link https://www.lastampa.it/tuttolibri/2019/06/08/news/jenny-holzer-il-peso-delle-parole-e-una-critica-al-sistema-1.37517088
Immagine di copertina: https://news.artnet.com/art-world/jenny-holzer-interview-1840491
Immagine utilizzata al solo scopo di contestualizzazione. Nessun provento realizzato. La redazione rimane a disposizione.
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