Elogio all’oscenità

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Oscenità

Se c’è una cosa che chiunque sicuramente impara durante la propria esistenza è che l’oscenità rappresenta qualcosa che stimola contemporaneamente disgusto e interesse. In fondo in fondo, anche piacere. Dall’osceno nasce un nuovo linguaggio simbolico, che viene impiegato per creare un’inedita rappresentazione dell’umanità e della società. In particolare, con il processo di mediatizzazione e piattaformizzazione, tipico del terzo millennio, si può notare come l’oscenità sia diventata via via la forma regina del linguaggio politico. Analizzando la persona politica di Trump, ad esempio, Žižek, a ragion veduta, afferma:

«Attraverso tutte le sue scioccanti volgarità, sta dando ai suoi seguaci una narrazione che ha un senso – molto limitato e contorto, nondimeno un senso –, che ovviamente funziona meglio della narrativa della sinistra moderata. Le sue spudorate oscenità servono come segni di solidarietà con le cosiddette persone comuni (“vedi, sono come te, siamo tutti uguali sotto la pelle”) […].» (1)


In questo modo l’oscenità è veicolo e strumento non solo di solidarietà, ma anche e soprattutto di riconoscimento.


Il senso di riconoscimento, come quello di appartenenza, è essenziale a tutte le autocoscienze, come direbbe il buon Hegel. Ognuno di noi desidera essere incluso da qualche parte e in qualche cosa

La politica populista, allora, tende a sfruttare un linguaggio performativo tale da ricreare un’immagine organica di popolo, quindi un’identità collettiva.

Il leader politico populista si racconta come un cittadino ordinario, esattamente come i propri elettori, sia nei suoi discorsi sia nei suoi gesti. Ha il carisma e la capacità di intercettare l’umore del suo elettorato, per riproporlo allo stesso in una chiave che nella maggior parte dei casi viola le più basilari norme di decenza, giacché egli parla come parlerebbe il popolo. Il linguaggio osceno sperimentato dalla comunicazione populista instilla il seme dal quale nasce l’idea che il leader politico è e fa ciò che il popolo vuole che sia e che faccia.


Il sentimento del popolo, o meglio risentimento, viene raccolto e politicizzato dalla dinamica populista, la quale, mi tocca dire, non lo risolve.


Il populismo, infatti, si nutre delle falle che si manifestano all’interno del sistema democratico, tenta sempre di mantenerle e sa che per sopravvivere ha bisogno di un’opinione pubblica che percepisca costantemente l’instabilità e il pericolo della crisi.

L’oscenità non solo piace, ma si eleva a sacro e a pubblico:

«Le oscenità non si limitano più agli scambi privati, esplodono nello stesso pubblico dominio, permettendomi di soffermarmi sull’illusione che sia tutto solo un gioco osceno mentre io rimango innocente nella mia intima purezza.» (2)

Il popolo crede, perché la politica populista viene coltivata quasi come se fosse una missione di fede, in cui il focus è tutto concentrato sul popolo “vero”, che di conseguenza legittima il potere d’azione del leader stesso.


Così, l’osceno populista agita gli elettori contro dei “nemici”, li fomenta contro un malessere che un Altro ha creato. 

«Niente è colpa vostra. È loro, è loro, è loro.» (3)

Probabilmente Trump tornerà a ripeterlo agli statunitensi e al mondo, dopo il recente annuncio della sua ricandidatura alle primarie del 2024. (4)

Nel frattempo, possiamo ricordare che l’oscenità è oscena, nel momento in cui produce discorsi e gesti conflittuali e primitivi di “un me contro un te”, perché essi inevitabilmente ci conducono a un esito totalmente asimmetrico. La deriva, come una bomba, allora, può essere detonata da quel meraviglioso senso di riconoscimento che positivamente include, ci dà l’opportunità di percepirci e sostenerci a vicenda, e non elude.






(1) S. Žižek, Hegel e il cervello postumano, Ponte alle Grazie, Firenze, 2020, p. 164

(2) Ivi, p. 166

(3) «Nothing’s your fault. It’s them, it’s them, it’s themhttps://www.nationalreview.com/2016/03/donald-trump-hegel-sartre-explain-trump-rise/

(4) https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2022/11/06/usa-trump-si-prepara-al-2024-salviamo-il-sogno-americano_176057b7-3e9e-4c12-81f7-e7b8dcb9d1d8.html