Considerata nel suo complesso, l’opera di Frida Kahlo costituisce una sorta di autobiografia per immagini. Molto spesso sullo sfondo dei dipinti che realizza si stagliano inconfondibili i tratti caratteristici del paesaggio messicano e frequenti sono le allusioni alla tradizione culturale della terra che le diede i natali.
Nella prima produzione, soprattutto, sono i grandi dolori che attraversano l’esistenza della pittrice a diventare, di volta in volta, oggetto dei suoi quadri.
Il tragico incidente stradale in cui è coinvolta nel 1925, con le gravissime conseguenze che esso comporta per il suo fisico; la tormentata storia d’amore con Diego Rivera; i diversi aborti: sono tutti eventi che la segnano profondamente, al punto da trasformarsi in motivi ossessivamente ricorrenti nella sua arte. Un elemento biografico altrettanto cruciale nella definizione della personalità di Frida Kahlo, però, si esprime in maniera esplicita solo nei lavori degli ultimi anni e consiste nell’intenso coinvolgimento con cui ella partecipa alle dinamiche politiche del suo tempo. Nel 1928 si iscrive al Partito Comunista Messicano e, in quello stesso anno, della sua militanza si fa testimone proprio Rivera, ritraendola nell’atto di distribuire le armi ai rivoltosi nel murale facente parte del ciclo Ballata della Rivoluzione proletaria e intitolato appunto La distribuzione delle armi.
Nel 1932, nel suo Autoritratto al confine tra Messico e gli Stati Uniti, Kahlo, che dal 1930 al 1934 soggiorna tra San Francisco, Detroit e New York, sembra trovare l’occasione di ribadire un profondo attaccamento al suo Paese d’origine. Forse la nostalgia o forse un sentimento di orgoglio nazionale la spinge infatti a raffigurarsi con in mano una piccola bandiera del Messico in un’opera in cui pone in contrasto tra loro, da un lato, il paesaggio industrializzato degli Stati Uniti e, dall’altro, i simboli di un Messico colto in uno stato di evidente decadenza. In una metà del quadro, il cielo è coperto dalla coltre di fumo che proviene dalle ciminiere; nell’altra, persino il sole e la luna, le cui personificazioni potrebbero costituire un rimando alle antiche divinità messicane, vengono rappresentati come privi di energie.
È viscerale il legame che unisce il carattere di Frida Kahlo all’impulso vitalistico che promana dal significato più autentico della politica: non è un caso che amasse dichiarare di essere venuta al mondo nell’anno di inizio della rivoluzione messicana, nonostante, in realtà, fosse nata nel 1907.
Risulta particolarmente significativo, a tal proposito, un passaggio tratto dalla biografia che di Kahlo ha scritto la storica dell’arte Hayden Herrera:
«Forse reclamando una verità più grande di quella riconosciuta dai fatti nudi e crudi, Frida aveva scelto come anno di nascita non quello reale ma il 1910, l’anno in cui era scoppiata la rivoluzione messicana. Poiché era figlia del decennio della rivoluzione, quando le strade di Città del Messico erano piene di caos e sangue, aveva deciso che lei e il Messico moderno erano nati insieme.» (1)
Dunque, anche se Kahlo non nacque davvero con la rivoluzione, in un certo senso saranno la sua arte e il suo temperamento ad avvalorare l’avvincente versione dei fatti che lei stessa volle tramandare. Avendo iniziato a dipingere a seguito del disastroso incidente che aveva devastato il suo corpo già drammaticamente debilitato dalla malattia, Frida Kahlo, quasi inevitabilmente, aveva fatto dell’arte innanzitutto uno strumento di personale catarsi, riversando in essa incubi, tormenti e angosce.
A un certo punto della sua vita, però, «il fuoco della rivoluzione» (2) divampa dentro di lei e la necessità di rispondere alle esigenze politiche del momento diventa particolarmente urgente.
Così nel 1951 scrive nel suo diario:
«Sono molto preoccupata per la mia pittura. […] Soprattutto voglio trasformarla in qualcosa di utile per il movimento rivoluzionario comunista, dato che finora ho dipinto solo l’espressione onesta di me stessa, ben lontana dall’usare la mia pittura per servire il Partito. Devo lottare con tutte le mie energie affinché quel poco di positivo che la salute mi consente di fare sia nella direzione di contribuire alla rivoluzione. La sola vera ragione per vivere.» (3)
Il proposito di impiegare le proprie forze in favore di un’arte dichiaratamente impegnata si traduce finalmente nell’opera intitolata Il marxismo guarirà i malati, databile al 1954 circa e rimasta tuttavia incompiuta. Le condizioni di salute dell’artista, infatti, vanno col tempo peggiorando e in quello stesso anno Frida Kahlo cesserà di vivere.
Al centro del dipinto raffigura se stessa: porta il busto ortopedico ma può serenamente lasciar cadere le stampelle perché due grandi mani, forse simbolo dell’azione salvifica del marxismo, accorrono a sostenerla in piedi mentre impugna un libro rosso. Alla sua sinistra, in alto, è rappresentato il volto di Marx da cui spunta un’altra mano intenta a strangolare una bizzarra creatura, possibile allegoria del capitalismo, con il viso di uomo e il corpo di uccello. Infine, la colomba bianca che sulla Terra dispiega le sue ali sembra assolvere il compito di annunciare gli scenari di pace che il marxismo potrà assicurare all’umanità.
Il quadro, denso di significato al punto da assurgere quasi a vero e proprio manifesto politico, assume un’importanza determinante, anche perché descrive con estrema efficacia uno degli aspetti che contribuiscono all’originalità dell’opera di Kahlo.
In esso, infatti, si assiste a un incontro inedito tra vita privata e temi che appartengono alla collettività: l’argomento è politico, ma la pittrice lo tratta innanzitutto in relazione alla sua personale condizione di infermità.
L’arte di Kahlo è, in definitiva, un mosaico di simboli, suggestioni e linguaggi non sempre facilmente decifrabili, in cui l’elemento autobiografico non viene mai meno. Anche ciò che è politico passa attraverso il filtro degli eventi che hanno caratterizzato la sua esperienza e forse in questo non c’è nulla di contraddittorio, perché in fondo veramente politico è ciò che sa parlare di e a ognunə di noi. Forse, anzi, è proprio questo l’atto più coraggioso e rivoluzionario che Kahlo abbia mai compiuto.
(1) Hayden Herrera, Frida. Una biografia di Frida Kahlo, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2016.
(2) Francesca Gentili, Seduzione e rivoluzione, 2017.
(3) Andrea Concas, Frida Kahlo. 100 domande. 150 risposte. Il primo libro Chatbot, Mondadori Electa, Milano, 2021, p. 204
Sitografia
https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/forme/seduzione-e-rivoluzione/
https://www.museofridakahlo.org.mx/
Bibliografia
Achille Bonito Oliva, Martha Zamora , Frida Kahlo, Giunti, Firenze-Milano, 2018.
Hayden Herrera, Frida. Una biografia di Frida Kahlo, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2016.Andrea Concas, Frida Kahlo. 100 domande. 150 risposte. Il primo libro Chatbot, Mondadori Electa, Milano, 2021.
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