Come diventare femminista di Priya Basil è un testo che cerca di riflettere sul significato della domanda “che cosa significa essere femminista?”, e sonda l’intricato nodo di contraddizioni, paure, istinti, abitudini, che inevitabilmente la questione porta con sé. L’oggetto del saggio – diviso in due parti (Lotta e Soggetti di desiderio) – è dunque il problema legato alla conciliazione tra un apparato personale intessuto di meccanismi radicati nella nostra forma mentis, tra di loro intrecciati e tenuti insieme dalla cultura etero-patriarcale – nella quale siamo tuttǝ cresciutǝ – e la volontà di autoaffermarsi all’interno di una dimensione teorica e di una prassi definibili coerentemente come femministe. Chiunque nella propria vita, in un modo o in un altro, ha avuto modo di incontrarsi con il femminismo, si sarà sicuramente aggrovigliatǝ in profonde contraddizioni, e, quindi, nella fatica di domandarsi:
«Che cos’è femminista? Sempre più spesso mi trovo a confrontarmi con questa domanda. Accumulo definizioni, elaboro interpretazioni, indugio ai crocevia. Ma la domanda resta: che cos’è femminista? Cambio idea, incespico tra le contraddizioni, mi aggrappo alle mie invenzioni. Che cos’è femminista? Ho centinaia di risposte e nessuna, perché non riesco ad abbracciarne soltanto una.» (1)
Nell’indagare la risposta, l’autrice pone in questione lo scontro tra la difficoltà di aderire pienamente a un modo d’essere e di vivere femminista e la forza delle abitudini e degli stili di vita introiettati o, per così dire, ereditati, che sono piuttosto distanti da questa prospettiva.
Venire a contatto con il femminismo prevede necessariamente lo sforzo di rivolgere lo sguardo dentro se stessǝ, e cominciare a vedere quali sono i pregiudizi, i modelli, le modalità di pensiero di matrice patriarcale radicati all’interno di noi, così da poterli riconoscere per poi decostruirli in un secondo momento. Gestire il personale processo di decostruzione attraverso le lenti del femminismo, la volontà di risemantizzare categorie sociali per un mondo valorialmente riconfigurato, risulta essere – oltre che un percorso di crescita capace di allargare le prospettive – un cammino faticoso nelle strade di un mondo la cui dialettica si oppone al processo di accoglienza, all’interno di sé, della prospettiva femminista.
«Esporti con tutta te stessa al pensiero femminista è come infilarti in una macchina a raggi X. […] Scopriamo ben presto che una connessione più stretta esigerà confronti, ritrattazioni e trasformazioni così profonde da innescare la dissoluzione di chi crediamo di essere. Ecco perché molte resistono, rifiutano, rifuggono.» (2)
La trama del testo si presenta intessuta di riflessioni teoriche, che vediamo intrecciarsi con alcune vicende personali dell’autrice, creando l’effetto di una narrazione simile a un flusso di pensiero dove la riflessione e il ricordo si nutrono vicendevolmente, scaturendo l’uno dall’altro.
Due sono le figure femminili che sistematicamente appaiono attraverso i ricordi di Basil, e che si presentano come immagini capaci di trasmettere significati: la mamma e la nonna, Mumji. Nel rievocare episodi di vita, l’immedesimazione e il ricordo di chi legge è spinto ad attivarsi, e, per così dire, identificarsi – con non poco sentimento di conforto (“non sono l’unica a sentirmi così’”) – nelle parole che fluidamente attraversano le pagine. Entrambe queste donne sono state per Basil esempi di vite che hanno sofferto per colpa di un mondo basato su valori distorti: modelli familiari che a un certo punto hanno esaurito ogni forza quali punti di riferimento nel processo di crescita e autoaffermazione della scrittrice britannica. Un’altra strada sembra comunque aprirsi nei ricordi di vita dell’autrice, quella del femminismo:
«Però cominciai a sentire il potenziale di un’altra forza che mi attraeva come un magnete, la intravedevo in altre donne, vicine e lontane, donne nella vita e nell’arte: la capacità di esprimersi – per conto proprio e per gli altri. Queste donne, pareva, erano femministe. Potevo esserlo anch’io? Come?» (3)
Che cosa significa essere femminista? Sicuramente chiedersi: che cosa è una donna? Domandarsi cioè che cosa significa essere donna all’interno della nostra società, e giungere alla consapevolezza dei meccanismi di genere che inconsciamente riproduciamo.
Spesso poniamo in atto azioni, pensieri, intenzioni, che sentiamo aderire al modello di genere di riferimento, e senza accorgercene ci troviamo ingabbiate in uno schema comportamentale che spinge la nostra azione nella direzione in cui viene socialmente riconosciuta come più consona a una presunta identità femminile. Come può il femminismo o, meglio, la prassi femminista venire a patti con i meccanismi e le dinamiche sociali che spesso ci spingono ad agire in favore del sistema patriarcale? Come può la riflessione femminista decostruire il nostro apparato di immaginari, di desideri, di simboli, i quali agiscono come fili invisibili al di sotto di ogni nostro pensiero e azione, deformandoli e distorcendoli? Sono queste le domande sulle quali l’autrice si sofferma:
«È femminista volere che gli uomini esprimano le loro emozioni, ma poi detestare quando tuo marito mostra tristezza, dolore o persino rabbia proprio come fai tu: piangendo? È femminista condannare lo stereotipo dell’uomo forte e infallibile, ma poi sentirti delusa o impaziente se il tuo ragazzo sta male? È femminista aspirare all’autonomia e all’indipendenza economica ma desiderare protezione, supporto economico, un partner che guadagni più di te e paghi le bollette?» (4)
In definitiva, non esiste un unico modo che rispecchi pienamente l’identità femminista, nessun giudice è predisposto a fornire il patentino da “buona femminista” o a proporre corsi su come riuscirci.
Si può tuttavia affermare che di certo il processo di identificazione nel femminismo trova la sua dimensione più autentica nella pluralità, la quale a sua volta prevede l’ascolto, la condivisione, l’apertura. Essere femminista significa dunque far parte di una coralità di voci tutte unite dal desiderio e dalla lotta per un mondo migliore. Significa saper ascoltare astraendo dal giudizio, accogliendo le contraddizioni e le difficoltà dell’altra senza condanna. Ciò apre a una dimensione di sorellanza che si nutre grazie al dialogo ininterrotto, all’ascolto, e, quindi, al riconoscersi in maniera vicendevole come esseri che condividono le stesse paure e incoerenze.
«Nelle battaglie efficaci bisogna fermarsi, porsi domande, ascoltare, trasformarsi, restare solidali. Comunque sia, non ci si unisce alla lotta femminista nella prospettiva di una vittoria immediata. Lotti perché è l’unico modo di vivere con integrità. Lotti sapendo che il tuo campo di battaglia è solo un angolo minuscolo in una battaglia su più fronti. Lotti accettando che anche al tuo meglio sei sempre in fase di allenamento – ti adatti, ti irrobustisci, affini mosse e strategie nell’impresa in infinita evoluzione chiamata femminismo» (5)
P. Basil, Come diventare femminista, trd., A. Castellazzi, il Saggiatore, Milano, 2022.
Grazie a Il Saggiatore!
(1) P. Basil, Come diventare femminista, trd., A. Castellazzi, il Saggiatore, Milano, 2022, p. 14.
(2) Ivi, p. 46.
(3) Ivi, p. 28.
(4) Ivi, p. 46.
(5) Ivi, p.78.
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