Problemi. Una guida per capire l’assurdità del presente

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Problemi

Un libro che affronta varie tipologie di problemi di cui è afflitta la società attuale, non poteva che scriverlo un esperto di «sgombero di cantine» (1) quale è Jonathan Zenti. Lui che, come racconta nel suo libro, per anni ha svuotato le cantine degli altri, ha voluto ripercorrere un viaggio nei conflitti nei quali ogni giorno siamo immersi e in cui ci ostiniamo a difendere una delle parti senza nemmeno essere davvero consapevoli della motivazione che ci ha portati a combattere per una posizione piuttosto che per un’altra.


In Problemi. Una guida per capire l’assurdità del presente analizza principalmente tre tipologie di problemi: quelli tradizionali, che come specie umana abbiamo sempre avuto, quelli digitali (più recenti), e a seguire i problemi con noi stessi.


Un libro frutto di un mix tra alcuni elementi fondamentali del vissuto dell’autore, tra cui la sua attrazione per le cose che esistono nella loro “sbagliatezza”, le contraddizioni, le fratture, le congiunzioni, i pezzi che le uniscono e le separano, lo spazio che sta nel mezzo e che chiamiamo “relazioni” (2), ma anche vissuto personale e cose dette da altri, lo scambio di esperienze e le confessioni. 

Scrive a riguardo: «le vicende si sono mischiate e sono finite in un unico magma di vita vissuta, che non so bene se l’ho vissuta io o se l’ha vissuta qualcun altro. Ma l’importante è che qualcuno l’abbia vissuta» (3).

Uno dei problemi tradizionali è quello con il genere, che tendenzialmente si manifesta a livello burocratico in occasione del rinnovo della carta di identità o della patente: he/him, she/her o they/them? (4). Concetti troppo stretti per l’autore, incluso quello di “non binarismo”, usato come una sorta di “genere terzo” in cui riconoscersi, anziché come un modo per negare l’idea di genere di per sé (e quindi l’ennesimo modo di certificare per negazione l’esistenza binaria dei generi) (5). 


Secondo Zenti viviamo in un tempo che ci chiede di dichiarare continuamente “cosa siamo” in modo da trasformare le nostre identità biologiche in profili digitali, per poterci catalogare e monitorare, per fornirci delle esperienze tarate anche sul nostro genere.


E mentre discutiamo per capire se il genere è una questione biologica determinata dalla nascita o un costrutto culturale nel quale ci si può muovere con fluidità, perdiamo di vista il semplice ma fondamentale dettaglio che il genere, quello vero che determina le nostre esperienze quotidiane, è quello che dichiariamo quando facciamo il “sign-up” (6).

Zenti infatti ricorda con nostalgia i tempi dell’infanzia in cui frequentava una scuola di danza classica e quanto gli mancasse la sensazione di non essere ricondotto dentro ad un genere particolare, di quanto fosse bello avere l’opportunità di viversi come esseri umani tutti diversi gli uni dagli altri senza dover essere raggruppati e catalogati in insiemi e sottoinsiemi «con dei corpi che crescevano ma non cambiavano, che stavano affiancati senza allontanarsi» (7).

Nel testo si analizzano anche altri temi tipici della contemporaneità come quello ad esempio dell’attivismo: Zenti, per le ragioni sopra descritte, dovrebbe essere una di quelle persone che partecipa e che si sente rappresentato dall’evento del Pride, ovvero «la manifestazione dell’orgoglio delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender, asessuali, intersex e queer» (8). Ma in realtà al Pride c’è andato l’ultima volta nel 2019 più per vedersi con una persona che gli piaceva che per riconoscersi «nelle battaglie farfugliate dall’ennesima cantante cisgender eterosessuale che diosolosaperchè hanno fatto diventare “icona gay” ed esibire sul rimorchio di un camioncino brandizzato da una compagnia di telecomunicazioni» (9).

Allo stesso modo rifugge l’etichetta di “maschio femminista” che gli è stata appioppata per la prima volta in una storia di Instagram, perché ogni –ismo è per lui «un movimento di persone tenute assieme da un’ideologia, da un pensiero immobile e prepotente, che esiste nel momento in cui tenta di imporsi» (10). Quindi, qualcosa da cui stare alla larga.


Ma passiamo all’ultima tipologia di problemi: quelli con noi stessi.


Per Zenti «costruire un rapporto onesto, consapevole e solido con noi stessi serve a essere in grado di relazionarci con le altre persone» (11). Sostiene infatti che i rapporti tra gli individui siano come legami chimici, in cui ognuno di noi è un elemento che tende a condividere i propri elettroni con gli altri in modo da creare dei legami in cui essere il più stabili possibili.

L’aspetto difficile da accettare è che questi composti durino soltanto il tempo necessario ad avere un senso. Essi infatti si formano, si stabilizzano e poi si sciolgono, ma, nonostante abbiano iniziato a viaggiare in orbite lontane, le particelle continuano ad avere memoria di quando si erano legate tra loro in passato.

L’altra persona si configura quindi come un accadimento nel flusso del tempo, un momento nel quale abbiamo l’opportunità di aprirci, di unirci, di cambiare, di trasformarci in modo da arrivare al prossimo accadimento un pochino più simili a come vorremmo essere.


Siamo 7 miliardi di possibili intrecci e infinite possibilità: «l’altra persona è un momento irripetibile, che si unisce e si scioglie in un legame destinato a cambiare per sempre la nostra composizione. E, nel breve corso delle nostre esistenze, è un peccato perderseli, questi momenti» (12).


Un libro che si configura come un diario personale, una raccolta di racconti intimi, in cui si affrontano i temi più scottanti e scomodi della cultura contemporanea, i paradossi di una società talmente social da risultare dissociata, il tutto in una chiave interpretativa ironica e decisamente dissacrante. 

Un libro consigliato a tutti coloro che non sono alla ricerca di risposte preconfezionate o soluzioni facili, ma che affrontano i problemi standoci dentro, capendo che l’importante non è tanto risolverli, quanto non naufragarci dentro.


Jonathan Zenti, Problemi. Una guida per capire l’assurdità del presente, Blackie Edizioni, Milano 2022.

Grazie Blackie Edizioni!






(1) Jonathan Zenti, Problemi. Una guida per capire l’assurdità del presente, Blackie Edizioni, Milano 2022, p.162.

(2) Ivi, p.28.

(3) Ivi, p.19.

(4) L’uso dei pronomi inglesi (soprattutto nei profili social) è un modo per comunicare alle persone che interagiscono con te a quale genere ti identifichi. She/her indica il genere femminile: la persona in questione si identifica come donna e vuole essere definita “lei”.

He/him indica il genere maschile: la persona in questione si identifica come uomo e vuole essere definito “lui”. 

They/them indica il genere neutro: la persona in questione non si   identifica con un’identità singola: parliamo di no-binary, gender fluid, transgender e di tutti coloro che non si sentono di appartenere al genere femminile né a quello maschile o che invece sentono di appartenere ad entrambi.

(5) Ivi, p.32.

(6) “Sign-up” = iscrizione, registrazione, creazione dell’account.

(7) Ivi, p.29.

(8) Ivi, p.87.

(9) Ivi, p.88.

(10) Ivi, p.91.

(11) Ivi, p.185.

(12) Ivi, p.197.