Il 28 settembre, Giornata internazionale per l’aborto libero, sicuro e gratuito, rappresenta una battaglia centrale nella lotta per l’autodeterminazione delle donne e delle persone gestanti.
In un mondo dove il controllo sui corpi è ancora un terreno di oppressione, questa giornata ci ricorda che l’accesso all’aborto è un diritto umano fondamentale. Le leggi restrittive e lo stigma sociale sono strumenti di dominio patriarcale, che cercano di mantenere il potere su decisioni che dovrebbero essere personali.
Oggi, più che mai, è cruciale alzare la voce contro queste forme di controllo e affermare con forza che ogni persona deve poter scegliere liberamente per se stessə senza sentirsi giudicatə.
In Italia, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) è legale dal 1978 grazie alla legge 194/78, una delle conquiste principali dei movimenti femministi. Questa legge, che garantisce il diritto all’aborto entro limiti temporali e attraverso procedure specifiche, segnò un passo storico verso l’autodeterminazione delle donne e non solo.
Tuttavia, è anche il risultato di un compromesso politico, che ha lasciato spazio a numerose limitazioni, rendendo l’accesso all’aborto ancora oggi un percorso a ostacoli.
Uno dei maggiori problemi legati all’applicazione della legge è la massiccia presenza di medicə obiettorə di coscienza.
In alcune regioni italiane, la percentuale di ginecologə e del personale sanitario che si rifiuta di eseguire aborti supera l’80%. Questo rende quasi impossibile per molte persone ricorrere all’IVG in tempi utili, costringendole a spostarsi in altre regioni o addirittura all’estero. La legge 194 prevede che gli ospedali debbano comunque garantire il servizio, ma in realtà molte strutture sono talmente sprovviste di personale non obiettore da rendere il diritto praticamente inaccessibile.
Un altro ostacolo riguarda l’aborto farmacologico, che in molte regioni è ancora soggetto a restrizioni, nonostante la raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di favorirne l’uso. Sebbene molte persone potrebbero scegliere questo metodo, meno invasivo, le barriere burocratiche, le difficoltà ospedaliere e la mancanza di un’adeguata informazione scoraggiano il suo utilizzo.
Inoltre, un ulteriore impedimento è rappresentato dal tempo ristretto per accedervi, poiché l’aborto farmacologico può essere somministrato solo entro le prime 9 settimane di gestazione, a differenza dell’aborto chirurgico, consentito fino alla 12ª settimana (1). A queste difficoltà si aggiunge la significativa disomogeneità nell’applicazione regionale delle normative: alcune regioni hanno adottato le nuove disposizioni sanitarie, mentre altre, in particolare quelle governate da forze conservatrici, continuano a ostacolare l’accesso alla procedura. Questo comportamento contribuisce ad aggravare le disuguaglianze sia territoriali che sociali.
Dal suo insediamento, il governo guidato da Giorgia Meloni ha dichiarato di non voler attaccare la legge 194, ma in realtà ha adottato una strategia mirata a minarne l’efficacia.
Si osserva, infatti, un costante supporto politico e finanziario ai movimenti anti-scelta e antiabortisti, favorendo il loro ingresso nelle strutture sanitarie e nei consultori. Questa manovra conferisce legittimità e risorse a gruppi che cercano di dissuadere le persone dall’aborto, sfruttando il senso di colpa e la vulnerabilità.
In questo scenario, chi ha minori risorse economiche o un minor supporto di reti sociali adeguate è maggiormente colpito.
L’aborto, che dovrebbe essere un diritto garantito a tuttə, diventa di fatto un privilegio di classe: chi ha soldi, tempo e possibilità può spostarsi in città o Paesi dove l’accesso è meno ostacolato; chi non li ha, invece, si trova intrappolatə in un percorso di solitudine e sofferenza.
Questa tendenza non è solo un problema italiano.
Anche a livello globale, i diritti riproduttivi sono sotto attacco. Negli Stati Uniti, la recente decisione della Corte Suprema di rovesciare la storica sentenza Roe v. Wade ha riportato l’aborto sotto il controllo dei singoli Stati, provocando un’ondata di leggi restrittive (2). In Polonia, l’aborto è quasi completamente proibito, e in Paesi come Ungheria e Malta le restrizioni sono così severe da rendere l’aborto praticamente inaccessibile.
Questi attacchi ai diritti della persona sono frutto di una rinascita dei movimenti conservatori e delle destre in Europa e nel mondo, che vedono nel controllo dell’altrə un terreno di battaglia fondamentale per affermare il proprio potere patriarcale.
Nella giornata di oggi, il movimento Non Una Di Meno scenderà in piazza in numerose città italiane per riaffermare il diritto delle persone di decidere liberamente sui propri corpi e sulla propria sessualità, diritti conquistati grazie alle battaglie transfemministe. Nella dichiarazione del movimento si afferma:
«𝐋’𝐚𝐛𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐜𝐚 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐧𝐳𝐢𝐚𝐥𝐞: 𝐝𝐞𝐯𝐞 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐠𝐫𝐚𝐭𝐮𝐢𝐭𝐚, 𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐚 𝐞 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞 𝐚 𝐭𝐮𝐭tə! Abbiamo sempre abortito e sempre abortiremo: pretendiamo però di farlo in condizioni di sicurezza, senza subire giudizi e discriminazioni, anche di natura paternalista, razzista, abilista, transfobica, grassofobica e ageista.» (3)
In questo contesto, è essenziale non abbassare la guardia.
Nonostante le conquiste ottenute, il diritto all’aborto è costantemente minacciato da leggi restrittive, da un sistema sanitario non sempre accessibile e dalle pressioni ideologiche che cercano di reprimere l’autodeterminazione dei corpi.
È necessario continuare a lottare affinché l’aborto sia riconosciuto come un diritto umano inalienabile, aperto a tuttə, senza stigma e ingerenze politiche.
La Giornata internazionale per l’aborto libero, sicuro e gratuito ci ricorda che le conquiste non sono mai definitive e che la lotta per la libertà di scelta continua, dentro e fuori i confini italiani.
(1) Ministero della Salute, Linee guida sull’aborto farmacologico, 2020. www.salute.gov.it.
(2) Corte Suprema degli Stati Uniti, Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, 2022. www.nytimes.com.
(3) Non Una Di Meno, Dichiarazioni sulla Giornata internazionale per l’aborto libero, sicuro e gratuito. www.nonunadimeno.wordpress.com.
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